Erdogan, l'uso politico della giustizia: in cella Ekrem Imamoglu che poteva batterlo alle elezioni
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Erdogan, l'uso politico della giustizia: in cella Ekrem Imamoglu che poteva batterlo alle elezioni

Il tribunale di Istanbul ha confermato l'arresto del sindaco Ekrem Imamoglu, ritenuto il principale rivale del presidente Recep Tayyip Erdogan per le Presidenziali 2028

Erdogan, l'uso politico della giustizia:  in cella Ekrem Imamoglu che poteva batterlo alle elezioni
Proteste in Turchia contro l'arresto di Ekrem Imamoglu
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Marzo 2025 - 19.01


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Chi ti fa ombra e minaccia il tuo potere, deve essere eliminato. È la “legge di Erdogan”. Il “sultano” non ammette competitori soprattutto se possono essere vincenti. 

Il tribunale di Istanbul ha confermato l’arresto del sindaco Ekrem Imamoglu, ritenuto il principale rivale del presidente Recep Tayyip Erdogan per le Presidenziali 2028. Imamoglu è stato trasferito in un carcere di massima sicurezza, l’Istituto penitenziario di Marmara, nel distretto di Silivri nella provincia di Istanbul. Il primo cittadino, in carcere in attesa dell’esito del processo per corruzione, spiega che non si lascerà intimidire: “Non mi piegherò, cancelleremo questa macchia nera sulla nostra democrazia”, ​​ha scritto su X in un messaggio trasmesso tramite i suoi legali. E incalza: “Il caso giudiziario in corso non è una procedura giudiziaria, è un’attuazione completamente extragiudiziale”.

Perciò, sempre su X, Imamoglu invita “a una lotta responsabile per i diritti”: “Alzate la voce riunendovi nelle piazze della democrazia a Sarachane”, dove si trova il comune di Istanbul, “e in altre province”. Nel frattempo, sale ancora la tensione dopo il provvedimento restrittivo ai danni del sindaco: l’altra notte sono state arrestate 323 persone in seguito come reso noto dal ministro turco della Difesa Ali Yerlikaya.

Imamoglu è stato arrestato in un blitz nella sua residenza all’inizio della settimana, scatenando un’ondata di manifestazioni di piazza nel Paese, che ha portato a oltre 340 arresti. La sua detenzione viene considerata dalle opposizioni come una mossa politica per eliminare un importante concorrente alle prossime elezioni presidenziali. Nelle scorse ore si sono registrati nuovi scontri con le forze dell’ordine (per il quarto giorno consecutivo) ed è stato prorogato il divieto di manifestare, con limiti agli spostamenti.

“Non sarà ammessa alcuna iniziativa che danneggi l’ordine pubblico!”, ha scritto su X il ministro della Difesa Yerlikaya annunciando i 323 arresti di stanotte. Durante le manifestazioni a Saraçhane, “è stato lanciato dell’acido contro uno dei nostri agenti di polizia”, ha aggiunto. “Lo sottolineo ancora una volta: non permetteremo mai vandalismi o minacce alla pace e alla sicurezza della nostra nazione”, ha concluso. Nelle scorse ore, anche il presidente Erdogan ha condannato i disordini accusando il Partito popolare repubblicano (Chp) di Imamoglu di cercare di “disturbare la pace e dividere il nostro popolo”.

“Non disperate! Continuate a combattere!”. Questo l’appello lanciato su X dal partito del sindaco di Istanbul, che invita a recarsi a votare per le primarie, “tra le 8 e le 17, per proteggere la volontà del popolo”. Il voto è aperto anche ai non iscritti, in 81 città. L’obiettivo è quello di nominare Imamoglu candidato per il partito alle Presidenziali del 2028. “Abbiamo espresso il nostro voto. Vorrei invitare la nostra nazione a recarsi alle urne: stiamo votando per la democrazia, la giustizia e il futuro per proteggere Ekrem”, ha detto la moglie Dilek Kaya Imamoglu dopo aver votato alle primarie con il figlio. “Ringrazio sinceramente tutti i nostri cittadini che sono stati con noi per giorni. Non abbiamo paura e non ci arrendiamo mai. La nostra testa è alta, la coscienza è pulita. Vedremo insieme giorni bellissimi”, ha aggiunto. Un appello che sembra aver sortito effetti, dato che si registra una grande partecipazione alle Primarie del Chp, con code ai seggi.

“Deploriamo la decisione di arrestare il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, e chiediamo la sua liberazione immediata. Incarcerarlo, quando avrebbe dovuto essere scelto come candidato presidenziale dal suo partito, non ha nulla a che fare con la giustizia, ma con la politica. Si tratta di una mossa calcolata per minare l’integrità e l’equità dei processi elettorali e rappresenta un attacco alla democrazia”. A dirlo il presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, Marc Cools.

L’altro ieri sera Imamoglu è comparso dinanzi ai giudici dell’udienza preliminare. Insieme alla sua detenzione, è stata confermata anche quella per altri 21 imputati, tra cui Murat Ongun e Ali Nuhoglu, collaboratori del sindaco. Nove degli arrestati sono stati invece rilasciati. Il primo cittadino di Istanbul, a processo per corruzione e favoreggiamento al terrorismo, ha definito le accuse “immorali e infondate”. Gli fa eco Mansur Yavas, primo cittadino di Ankara, eletto con il partito Chp, che ha definito “vergognosa” la conferma dell’arresto. “Ci vergogniamo del nostro sistema legale, è vergognoso per il nostro Paese”, ha detto Yavas.

L’ufficio del procuratore capo di Istanbul ha specificato che la conferma dell’arresto per il sindaco di Istanbul è per corruzione, mentre è “stato ritenuto non necessario prendere una decisione” riguardo l’altra accusa a Imamoglu, il favoreggiamento al terrorismo. “Nonostante vi siano forti sospetti sull’assistenza a un’organizzazione terroristica armata, si è ritenuto non necessario prendere una decisione su questa particolare accusa in questa fase, poiché è già stato messo in custodia cautelare per reati finanziari. Pertanto, la richiesta è stata respinta”, si legge in una comunicazione della procura, diffusa dallo staff del sindaco di Istanbul. “In relazione a un’indagine finanziaria, è stato deciso che Imamoglu venga messo in custodia cautelare con l’accusa di aver fondato e diretto un’organizzazione criminale, accettato tangenti, condotta scorretta in carica, aver registrato illegalmente dati personali e turbativa d’asta”, si legge nella comunicazione della Procura diffusa dal partito Chp. I legai di Imamoglu faranno appello contro la decisione dei giudici.

La Turchia a un bivio?

Di grande interesse è l’analisi di Alessia de Luca per l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), tra i più autorevoli think tank di politica estera italiani.

Scrive de Luca: “L’arresto di Imamoglu avviene nell’ambito di un giro di vite da parte delle autorità turche, che negli ultimi mesi aveva già preso di mira politici di opposizione, giornalisti e personaggi dello spettacolo. In molti sui social media hanno denunciato la deriva autocratica chiedendo all’opposizione di boicottare le elezioni presidenziali del 2028, sostenendo che il clima di repressione non consente lo svolgimento di un voto equo e democratico. Lo stesso Chp ha condannato gli arresti definendoli “un colpo di stato contro il nostro prossimo presidente”, mentre Imamoglu, in un video filmato pochi istanti prima di essere arrestato e diffuso sui social, giura di continuare a lottare per il popolo turco “e per tutti coloro che difendono la democrazia e la giustizia nel mondo”. Nelle ultime ore, l’ente di controllo di Internet Netblocks, con sede nel Regno Unito, ha dichiarato che la Turchia ha fortememente limitato l’accesso  o alla rete. I sospetti e le accuse di una macchinazione ordita per far fuori un pericoloso rivale politico sono stati smentiti dal ministro della Giustizia Yilmaz Tunc, che ha affermato: “È estremamente pericoloso e sbagliato” insinuare che si tratti di una mossa politica, sottolineando che in Turchia “nessuno è al di sopra della legge”.

Erdogan arresta chi potrebbe batterlo?

Le smentite delle autorità turche, però, non convincono troppo. L’arresto di Imamoglu è avvenuto un giorno dopo che l’Università di Istanbul aveva annullato la sua laurea a causa di presunte irregolarità: una decisione che, se confermata, avrebbe messo a repentaglio la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Secondo la Costituzione turca, infatti, per poter ricoprire la carica i presidenti devono aver completato gli studi superiori. Imamoglu ha definito tale mossa “legalmente infondata”, promettendo di contestarla in tribunale e aggiungendo che le università “devono rimanere indipendenti, libere da interferenze politiche e dedicate alla conoscenza”. Non è la prima volta che il sindaco di Istanbul si trova coinvolto in procedimenti giudiziari e indagini che però, finora, non hanno mai portato a condanne che gli impedissero di ricoprire incarichi pubblici. E più di qualcuno coltiva il sospetto che le accuse a suo carico avessero lo scopo di danneggiarlo agli occhi dell’opinione pubblica in vista delle presidenziali del 2028. Secondo voci sempre più insistenti, infatti, il presidente turco – al potere da 22 anni – starebbe cercando un modo per aggirare il limite di tre mandati imposto dalla legge, modificando la Costituzione o di anticipando il voto al 2026 prima della scadenza del suo mandato – per candidarsi nuovamente.

Piccoli Trump crescono?

Alla notizia dell’arresto di Imamoglu la lira turca è   raggiungendo un nuovo minimo storico rispetto al dollaro, poiché i mercati, già in allarme per l’incertezza economica, sono sempre più preoccupati dalla deriva autoritaria. Anche alla luce della recente ondata di repressione, infatti, l’arresto del sindaco di Istanbul – la seconda carica del paese per importanza dopo quella del capo dello Stato – segna l’ingresso della Turchia in un territorio inesplorato. Mai prima d’ora, nonostante arresti eccellenti di oppositori in passato, il presidente turco si era mosso in modo così spregiudicato contro il più antico partito turco, che fu di Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della moderna repubblica turca. Anche a livello internazionale, la reazione è stata di sconcertata condanna: funzionari dell’Unione Europea, francesi e tedeschi hanno tutti criticato gli arresti che rischiano di pregiudicare il riavvicinamento di Ankara col continente in materia di difesa e sicurezza, alla luce del mutato scenario internazionale. Ma in un momento in cui l’Europa si affanna a rafforzare le sue difese, la Turchia – con il secondo esercito permanente più grande della Nato e un’industria della difesa in forte espansione – è considerata un partner essenziale. Questo, unitamente alla ‘forza di persuasione’ fornita dal fatto di ospitare più di 4 milioni di rifugiati pronti a entrare nell’Ue e l’apprezzamento dimostrato da Trump per gli uomini ‘forti’ potrebbero aver convinto il sistema di potere turco che poteva permettersi il colpo senza temerne le conseguenze. “Anche per gli standard di Erdogan, questo è un passo enorme – osserva Gonul Tol del Middle East Institute –  ma Trump ha creato un tale caos, che gli autocrati stranieri [sentono] di poter fare tutto ciò che vogliono”.

Commenta Valeria Talbot, Head Ispi Mena Centre: “Dove va la Turchia, è un interrogativo che ci si è posti innumerevoli volte da quando Erdoğan è al potere. Che sembri guardare sempre più alla Russia di Putin anche sul piano interno, sono in molti a crederlo, di fronte all’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu. Forte della sua popolarità e dell’ampio consenso trasversale ottenuto in due successive elezioni amministrative, il primo cittadino della più grande città turca era infatti fino a ieri la figura più accreditata per contendere la leadership a Erdoğan. Se gli arresti di oppositori politici avvenuti in Turchia nel corso degli anni non si contano più, quello di İmamoğlu segna certamente un punto di svolta non solo sul piano politico, ma anche in ambito economico, come dimostrano l’immediata reazione dei mercati e il deprezzamento della lira”.

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