Convocati d’urgenza dal presidente francese Macron per rispondere allo strappo americano, che con le prime mosse del trio Trump, Musk e Vance ha azzerato tutte le certezze degli euro-atlantici (gli Usa sono ancora nostri alleati o no?), i paesi guida di una Unione Europea mai così frammentata e divisa se ne sono usciti con la più italiana delle retoriche militariste: armiamoci e partite, copyright del poeta romagnolo Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti:
“Ah, siete voi? Salute o ben pensanti, in cui l’onor s’imbotta e si travasa. Ma dite un po’, perché gridate avanti e poi restate a casa? Perché, lungi dai colpi e dai conflitti, comodamente d’ingrassar soffrite, baritonando ai poveri coscritti armiamoci e partite?”.
Fuor di poetica, pronti a sforare le regole del patto di stabilità e a spendere oltre 500 miliardi di euro – pari al 3% del pil europeo, con Trump che ci chiede di salire al 5% – per rinnovare e potenziare i nostri arsenali. Dovendo, di conseguenza, ridurre le spese per l’ambiente, la salute, il welfare, per la lotta alla povertà e alle diseguaglianze, la sfida dell’innovazione tecnologica e dell’intelligenza artificiale. Ma indisponibili a mandare le nostre truppe sul fronte ucraino come vorrebbero i baltici, i soliti guerrafondai inglesi e (forse) i francesi. Perché un conto è difendere con i soldi nostri e a belle parole i princìpi, il diritto internazionale, l’aggredito dall’aggressore, altro conto è morire per Kiev.
Ma al di là di questa evidente e italianissima contraddizione, c’è una miopia di fondo che continua ad oscurare la vista e le menti dei leader europei: la convinzione che la sicurezza e la pace in questo mondo che cade a pezzi si possano ottenere con le armi e non con il dialogo, i rapporti di buon vicinato, l’interesse reciproco nel rispetto delle altrui posizioni, la cooperazione internazionale. In un mondo, peraltro, già strapieno di armi e dove almeno otto paesi (Russia, Usa, Cina, Francia, Inghilterra, India, Pakistan, Israele) hanno la tecnologia nucleare e possiedono già qualcosa come 12mila bombe atomiche (stima del 2024) in grado di distruggere qualche centinaio di volte il nostro pianeta. Che poi, per dirla tutta, l’Europa nel suo complesso già oggi spende in armi più della Russia e della Cina ed è seconda solo agli Stati Uniti. Per cui basterebbe unire le forze, razionalizzare la spesa ed essere politicamente uniti per avere una difesa europea di primordine.
Questo mentre in Arabia Saudita iniziano i colloqui tra russi e americani per spartirsi l’Ucraina, con l’Europa e Zelensky tenuti fuori dalla porta da Putin e Trump, esaltati dalle rispettive mire imperiali: il primo per ricostruire la Grande Russia degli Zar riconquistando territori perduti dal disfacimento dell’Unione Sovietica, il secondo per rifare grande l’America (Make America Great Again) prendendosi Canada, Panama, Groenlandia e le terre rare ucraine che gli servono per combattere meglio la vera grande sfida del secolo: quella per la supremazia tecnologica con la Cina e con le altre potenze emergenti di un mondo radicalmente cambiato, multipolare, che non accetta più il dominio dell’Occidente.
Uno smacco difficile da digerire per un’Europa abituata dalla Guerra Fredda in poi ad appecorarsi alla politica Usa, a stare sotto l’ombrello Nato a spese degli americani in cambio della fedeltà politica (mai i comunisti e le sinistre al potere, caso Moro docet). Soprattutto dopo tutto quello che ha fatto e detto in questi tre anni, contro il proprio interesse, nella guerra per procura d’Ucraina. Anni di arretramento economico, di aumento dei costi dell’energia e di tagli allo stato sociale pagati dai cittadini europei e dai ceti più deboli. Anni che hanno alimentato le vittorie elettorali della destra nazionalista e sovranista, in diversi casi perfino neofascista e neonazista.
Bisognerebbe chiedersi perché è accaduto. Perché l’Europa è caduta in questa trappola imperiale. Perché paesi come la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia si sono fatti trascinare in questa controproducente logica bellicista anziché adoperarsi fin dall’inizio per giocare un ruolo autonomo a favore della mediazione, della trattativa, della coesistenza pacifica. Perché la Ue ha contribuito ad alimentare la guerra nel proprio continente fino a sostenere il folle proposito della vittoria finale sulla Russia. E bisogna anche chiedersi perché le forze di ispirazione socialista, con rare eccezioni, si sono lasciate abbagliare dall’ideologia dello scontro tra valori, tra il bene e il male, apparendo tra le più subalterne alla logica delle armi e alla politica atlantista. Io credo perché da decenni non s’era mai vista una classe dirigente europea così mediocre e imbelle. E credo, soprattutto, perché non ci si è resi conto di come e quanto stava cambiando il mondo, della nuova fase che si è aperta con la ri-vittoria di Trump. E ora che ci ritroviamo ai margini in questo scenario stravolto, ora che non sappiamo più se dall’altra parte dell’Oceano c’è ancora l’Amico Americano a proteggerci, ora che l’Europa appare al massimo della frantumazione e della divisione mentre ci sarebbe bisogno come il pane degli Stati Uniti d’Europa, i nostri leader da quattro soldi non sanno fare altro che decidere di riarmarci. Per fare cosa e contro chi non è chiaro. Ma come ci chiede chi fa il tifo per i “patrioti”: Meloni, Salvini, Le Pen, l’Afd tedesca, la destra inglese di Farage. Che poi, in fondo in fondo, sono anche i migliori amici di Putin. Da non credere, ma siamo messi così.