Dopo un brusco risveglio sullo stato dell’alleanza transatlantica nel fine settimana, i principali leader europei si riuniscono oggi a Parigi per decidere il da farsi.
Non cercheranno necessariamente di rendere l’Europa “grande di nuovo”, come sostiene JD Vance, ma piuttosto di renderla nuovamente rilevante nei colloqui imminenti sul futuro dell’Ucraina.
Convocato in fretta e furia dal presidente francese Emmanuel Macron, l’incontro vedrà i leader regionali chiave tentare di tracciare una via da seguire al di fuori delle strutture formali dell’Unione Europea, evitando al contempo il rischio di sabotaggi da parte di figure come Viktor Orbán.
Macron sarà affiancato dal cancelliere tedesco Scholz, dalla presidente del Consiglio italiana Meloni, dal primo ministro polacco Tusk, dalla premier danese Frederiksen (in rappresentanza del gruppo Nordic-Baltic Eight), dallo spagnolo Sánchez, dall’olandese Schoof e dai leader dell’Ue, la presidente della Commissione von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Costa.
Il vertice discuterà quali capacità di difesa l’Europa potrebbe mettere in campo per fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza credibili, incluso un piano che preveda l’adesione automatica della nazione alla Nato in caso di una chiara violazione del cessate il fuoco da parte della Russia.
Ma è impossibile ignorare il fatto che il summit di Parigi si terrà proprio mentre funzionari statunitensi si preparano a incontrare i loro omologhi russi nella capitale saudita, Riad, per discutere alcune delle questioni in gioco – senza la partecipazione né degli ucraini né degli europei.
Se l’Europa vuole tornare a essere parte attiva di questa conversazione, il tempo a disposizione è ormai poco prima che sia troppo tardi, con potenzialmente gravi conseguenze per l’ordine di sicurezza che ci ha protetto dal 1945.
