Ocalan potrebbe annunciare la fine della lotta armata curda, aprendo una nuova era per la Turchia

Ocalan dal superpenitenziario dove è detenuto, dovrebbe annunciare la fine della lotta armata, disporre che il Pkk deponga le armi e invitare ad aprire una pagina nuova, per la democratizzazione della Turchia.

Ocalan potrebbe annunciare la fine della lotta armata curda, aprendo una nuova era per la Turchia
Ocalan
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

14 Febbraio 2025 - 23.34


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Molti ormai ne sono certi: il 15 febbraio, 26esimo anniversario del suo arresto da parte dei turchi, Ocalan dal superpenitenziario dove è detenuto, dovrebbe annunciare la fine della lotta armata, disporre che il Pkk deponga le armi e invitare ad aprire una pagina nuova, per la democratizzazione della Turchia. Si tratterebbe, o si tratterà, di un evento epocale, non solo per la Turchia, non solo per tutto i curdi, soprattutto turchi, siriani e iracheni, ma per tutta l’area dell’ex impero ottomano, che è tormentata da secoli da una domanda: che cos’è una nazione? 

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Questa storia comincia con la spedizione napoleonica del 1798. Si voleva diramare un comunicato dei napoleonici giunti sulle coste dell’Egitto, ma a nome di chi? A nome della Repubblica Francese: ma il vocabolo Repubblica non esisteva. Allora a nome della Nazione francese, ma anche il vocabolo Nazione non esisteva. Così si impiegò il vocabolo turco “millet” per Nazione: ma millet era il termine con cui si chiamavano le comunità di fede (musulmani, cristiani, ebrei e loro articolazioni) che coesistevano nell’impero. Così si cominciò a parlare, ad esempio di “nazione cristiana”. Dopo lo splendore culturale dell’Ottocento, che cercò di interpretare il concetto di nazione con sovranità che viene dal basso, dal popolo, non signorotti feudali, nel Novecento le cose tornarono a intorbidirsi e la “nazione” tornò “millet”: una nazione ha una sola etnia, una solo fede e possibilmente un solo capo. I nazionalisti turchi, i Giovani Turchi, nel disfacimento dell’Impero diedero corso al genocidio armeno, l’Anatolia era dei turchi. ( La storia drammatica andrebbe spiegata con paure, colonialismi e nazionalismi, ma il riferimento è importante per farsi un’idea, ricordando che comunque si giunse fino al genocidio). 

La deriva da allora è continuata: non solo la Turchia doveva essere dei turchi, le Repubbliche del mondo arabo si chiamano quasi tutte Repubblica araba d’Egitto o di Siria e così via, anche se hanno popolazioni non arabe, come i curdi per fare l’esempio di cui parliamo. E i curdi, come altri, sono diventati minoranze “sgradite”, segregate. Lotta armata, ha detto il Pkk, 40 anni fa. 

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Oggi il discorso di Ocalan potrebbe aprire una pagina nuova, cruciale per tutti. La nazione è un popolo che può avere diverse fedi, diverse identità etniche, ma condivide un destino, quello della comunità politica che vive in un territorio. E’ lo Stato complesso, né confessionale né etnico, ma dei cittadini che rispettano le loro diversità. Un fatto enorme. 

Cosa otterrà da Erdogan il discorso di Ocalan, se ci sarà, non lo sappiamo. Qualche forma di autogoverno, di autonomia: è plausibile, non certo. Certo di questo Ocalan discute con la leadership turca da tempo. La gestazione della giornata di domani è stata lunga, ha visto negoziati segreti, colloqui politici con i leader del nuovo partito filo-curdo, DEM, che hanno trascorso con lui ore, e lo hanno fatto con nutrite e importanti delegazioni, seguite da comunicati inequivocabili. 

Fino a ieri, quando il consiglio esecutivo non di DEM, ma del Pkk, ha diramato una nota ufficiale, nella quale si dice: “Se non ci saranno serie opposizioni o interventi, il nostro leader Apo ( nome di battaglia di Ocalan) darà avvio a un processo di trasformazione e ricostruzione per tutti. Il Pkk e i curdi cambieranno: La Repubblica di Turchia e il suo panorama politico cambieranno: il Medio Oriente e il mondo cambieranno”. E più avanti si legge: “La Stato non deve temere; il nostro leader Apo e i curdi non lo distruggeranno, lo ricostruiranno sulla base della democrazia. La società turca non deve temere: Ocalan e i curdi non divideranno la Turchia, ma si impegneranno per la sua democratizzazione”. Su un sito giapponese viene  inoltre citato Murat Karalyian, uno dei comandanti del Pkk, attribuendogli queste parole: “Il nostro leader Apo farà un’importante e storico annuncio il 15 febbraio, facendone la base di un tentativo di soluzione (della questione curda)”. Nessuno può assicurare quali parole userà né che siano tutti d’accordo nel Pkk, ma il prestigio di Ocalan appare ai più ancora forte. 

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Il discorso inevitabilmente riguarderà anche i curdi di Siria e Iraq, dove è operativo il Pkk. Il cambiamento entrerà dunque soprattutto nella definizione della nuova Siria, nel consolidamento dell’autonomia curda in Iraq. 

La fine della lotta armata curda è un’idea che Ocalan coltiva da tempo. Si sa che Ocalan più volte avrebbe detto, “vorrei vedere la pace prima di morire”. Molti sostengono che se lo farà, se dirà che la lotta armata è finita, Ocalan potrebbe intanto uscire di prigione. Ma non può essere solo questa la contropartita per un proclama ufficiale di questa portata. Già si parla di qualche forma di “autonomia di fatto” per i curdi in Turchia, ma ci sono poche indicazioni concrete su cosa concederebbe Erdogan. E’ ben noto, perché lo hanno detto in tanti, che la disponibilità di Erodgan c’è, è concreta, perché il leader turco ha esaurito i due mandati presidenziali che può svolgere e dunque non potrebbe ripresentarsi, a meno che non si modifichi la Costituzione, consentendogli il terzo mandato. E per questo i voti curdi in Parlamento sarebbero fondamentali. Tra le modifiche ci saranno anche aperture ai curdi, sulle loro richieste? Un autorevole esponente del partito curdo DEM ha detto di sperare che Erdogan abbia il coraggio di prendere le decisioni che servono, che si attendono. Dunque non ci sono certezze, ma speranze. 

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