Israele ha disatteso la pronuncia della Corte dell’Aja impedendo l’accesso agli aiuti a Gaza
Top

Israele ha disatteso la pronuncia della Corte dell’Aja impedendo l’accesso agli aiuti a Gaza

Nell’ultimo anno Israele ha sistematicamente limitato la fornitura e distribuzione di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, nonostante il 26 gennaio 2024 la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia

Israele ha disatteso la pronuncia della Corte dell’Aja impedendo l’accesso agli aiuti a Gaza
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Gennaio 2025 - 18.04


ATF

Nell’ultimo anno Israele ha sistematicamente limitato la fornitura e distribuzione di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, nonostante il 26 gennaio 2024 la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia avesse richiesto di adottare tutte le misure necessarie a tutelare i diritti fondamentali dei civili coinvolti nel conflitto, prevenendo e punendo qualsiasi violazione della Convenzione sul genocidio del 1948. 

A rivelarlo è una nuova indagine condotta tra 35 organizzazioni umanitarie impegnate nella risposta umanitaria, tra cui Oxfam, Islamic Relief, Médecins du Monde, ActionAid e Norwegian Refugee Council. 

Molto chiari i dati su quanto successo nel periodo tra la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia e l’inizio del cessate il fuoco temporaneo in corso: 

  • per l’89% delle organizzazioni intervistate, le azioni intraprese da Israele hanno reso più difficile l’ingresso aiuti;  
  • per il 93% sono peggiorate le condizioni umanitarie delle persone a cui erano destinate forniture e servizi;
  • la totalità delle organizzazioni impegnate nel fare entrare aiuti a Gaza, tra quelle intervistate, hanno denunciato che le procedure adottate da Israele, si sono rivelate inefficaci, hanno sistematicamente ostacolato la risposta umanitaria o si sono dimostrate inadeguate a soddisfare le enormi necessità della popolazione; il 95% delle agenzie hanno infatti subito costanti ritardi, in alcuni casi fino a oltre 2 mesi, per l’ingresso dei beni necessari alla popolazione intrappolata dentro la Striscia.

BLOCCATI CIBO, CUCINE MOBILI E RIPARI DAL FREDDO DELL’INVERNO

Dall’indagine emerge inoltre come sia stato impedito l’ingresso nella Striscia di materiali essenziali come teloni per affrontare il freddo dell’inverno, cucine mobili, kit per l’igiene, cibo e materiale educativo. Questo perché le forniture sono state catalogate da Israele come “a doppio uso”, ossia potenzialmente utilizzabili anche per scopi militari.  

Leggi anche:  Israele disse di aver bombardato una base di Hezbollah in Libano ma uccise 62 civili tra cui 23 bambini

“L’attuale e consistente flusso di aiuti, che finalmente stanno entrando a Gaza, rende ancora più evidente quanto Israele abbia ostacolato la risposta umanitaria negli ultimi 15 mesi. – ha detto Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia -Non solo non è intervenuto per migliorare l’accesso umanitario della popolazione ma ha impedito l’ingresso di aiuti salvavita, in spregio al diritto internazionale e alla pronuncia della Corte. Per questo è fondamentale che durante la tregua in corso siano accertate le responsabilità per quanto avvenuto fino ad oggi. Scongiurando il rischio che si ripetano impunemente gli stessi errori e milioni di persone siano lasciate senza alcuna speranza”.  

 L’indagine tra le organizzazioni umanitarie, fa parte inoltre di una ricerca che fotografa l’effettivo accesso umanitario oggi a Gaza. I dati raccolti confermano non solo come Israele abbia ignorato le misure indicate dalla Corte Internazionale di Giustizia, ma come abbia impedito l’ingresso di beni essenziali quali cibo, acqua, carburante, riparo e servizi igienici a Gaza necessari a sostenere la popolazione. In altre parole, come le politiche e le azioni del governo israeliano abbiano in definitiva smantellato il sistema di risposta umanitaria nella Striscia.  

 LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE SOTTO ATTACCO 

L’indagine mette in luce, infine, le condizioni proibitive in cui gli operatori umanitari hanno lavorato a Gaza, a causa dei bombardamenti sistematici che hanno distrutto le infrastrutture essenziali e colpito lo stesso personale umanitario. 

 Basti pensare che:  

  • il 94% degli operatori ha subito sfollamenti anche più di una volta; 
  • il 72% delle agenzie umanitarie intervistate riferisce che le loro sedi sono state colpite da attacchi delle forze israeliane almeno una volta dal 26 gennaio 2024, con molte organizzazioni che riferiscono di attacchi multipli; 
  • 7 uffici di organizzazioni umanitarie che si trovavano a Gaza City sono stati pesantemente danneggiati o distrutti, così come diversi centri medici gestiti da ONG; 
  • dopo la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia, il 93% delle organizzazioni umanitarie intervistate è stata costretta a spostare le proprie attività almeno una volta, ma anche in più occasioni, a causa degli ordini di sfollamento e delle offensive militari in corso. 
Leggi anche:  Perché Netanyahu e Hamas si alimentano a vicenda

“Tutto questo poteva essere evitato o fermato molto prima. – conclude Pezzati – Ci sono delle responsabilità precise da parte degli Stati terzi, che sono stati incapaci nell’ultimo anno di prevenire i crimini e le atrocità commesse a Gaza, tra cui il rischio di genocidio. Alcuni Stati continuano inoltre a fornire armi a Israele, tra cui l’Italia, evitando di denunciare le violazioni commesse o non intraprendendo le azioni necessarie per prevenirle”. 

 L’APPELLO ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE 

In questo contesto, le organizzazioni umanitarie lanciano perciò un appello urgente affinché da qui in avanti venga garantito l’accesso umanitario alla popolazione senza alcuna restrizione; chiedono inoltre alla comunità internazionale di intervenire al più presto per fermare le continue violazioni del diritto internazionale compiute, garantendo che Israele sia chiamato a risponderne. 

  • È passato un anno da quando la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha emesso le prime misure cautelari, chiedendo a Israele di intraprendere azioni immediate per garantire la protezione dei diritti dei palestinesi di Gaza da atti di genocidio e stabilendo che vi fosse un rischio reale e imminente di pregiudizio irreparabile a tali diritti. Nonostante questa chiara direttiva legale, nell’ultimo anno, fino all’accordo di cessate il fuoco, non sono state osservate azioni significative che abbiano affrontato le terribili condizioni umanitarie di Gaza, permettendo alla crisi di espandersi ulteriormente, in palese violazione di quanto stabilito.
Leggi anche:  Pogromisti sfrenati: Israele deve combattere i violenti terroristi ebrei in Cisgiordania": la denuncia di Olmert

 Emergency apre clinica a Gaza: bisogni sanitari enormi

Ha aperto la nuova clinica di Emergency nella Striscia di Gaza, con l’obiettivo di venire incontro ai “bisogni sanitari enormi” di una popolazione stremata dalla guerra. Lo riferisce una nota dell’Ong. “Situata nella località di al-Qarara, nel governatorato di Khan Younis, all’interno della cosiddetta ‘area umanitaria’ definita dall’esercito israeliano a inizio conflitto, la struttura offre primo soccorso, assistenza medico-chirurgica di base per adulti e bambini, attività ambulatoriali di salute riproduttiva e follow up infermieristico post-operatorio, stabilizzazione di emergenze medico-chirurgiche e trasferimento presso strutture ospedaliere a un bacino di diecimila persone”, riferisce la nota, “oltre all’attività nella nuova clinica, Emergency continua a lavorare nell’ambulatorio medico di base dell’associazione CFTA (Creative & Free Thought Association) di al-Mawasi dove assiste tra i 100 e i 150 pazienti al giorno”. “La nostra clinica risponderà ai bisogni enormi della popolazione che vive in quest’area e che permangono nonostante la tregua – racconta Francesco Sacchi, capomissione Emergency a Gaza – La costruzione della clinica ha dovuto fare i conti con i lunghi tempi della burocrazia e con l’enorme difficoltà di reperire materiali a causa della difficoltà a far entrare aiuti umanitari nella Striscia in questi mesi. Ora è aumentato l’ingresso degli aiuti, ed è aumentata anche la disponibilità di beni di prima necessità. Tanti vogliono tornare nelle proprie case, nonostante si calcola che il 69% del totale degli edifici nella Striscia sia stato distrutto; il 92% sono abitazioni”.

Native

Articoli correlati