Perché Netanyahu e Hamas si alimentano a vicenda
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Perché Netanyahu e Hamas si alimentano a vicenda

Hamas e i falchi israeliani si alimentano a vicenda. D’altro canto, e questo è storia, Hamas è stata protetta, foraggiata, da Israele in funzione anti-Olp.

Perché Netanyahu e Hamas si alimentano a vicenda
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Gennaio 2025 - 13.50


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Globalist lo ha scritto, documentato, ben prima del 7 ottobre 2023. Hamas e i falchi israeliani si alimentano a vicenda. D’altro canto, e questo è storia, Hamas è stata protetta, foraggiata, da Israele in funzione anti-Olp. Una linea di cui Benjamin Netanyahu è stato tra i più determinati facitori. Le cose non sono cambiate con la guerra di Gaza. Tutt’altro. Perché ancora una vota “Netanyahu sceglie di nuovo Hamas”.

Quello in grassetto è il titolo di un editoriale-denuncia di Haaretz

Così sviluppato: “I messaggi trasmessi dall’Autorità Palestinese da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, relativi alla sua volontà di assumersi la responsabilità della Striscia di Gaza con il sostegno arabo e internazionale, stanno incontrando l’opposizione dell’Ufficio del Primo Ministro.  L’ufficio di Netanyahu ha pubblicato una smentita a un articolo apparso su Asharq al-Awsat riguardante il consenso di Israele al controllo da parte dell’Autorità Palestinese del valico di frontiera di Rafah sul lato gazawo,  accusando il governo palestinese di descrivere falsamente la situazione del valico. 

“La gestione tecnica del valico è affidata a gazawi che non appartengono ad Hamas, come stabilito dal servizio di sicurezza Shin Bet. La sorveglianza del loro lavoro è affidata alla forza internazionale”, ha dichiarato l’ufficio di Netanyahu.

Secondo la posizione presentata dal governo, l’unico coinvolgimento dell’Autorità Palestinese è la sua firma sui passaporti e questo accordo è valido solo per la prima fase del piano di cessate il fuoco. In ogni caso, quello che stanno facendo è al massimo un lavoro temporaneo come ispettori di frontiera.

Mentre il primo ministro continua a dire “no” all’Autorità Palestinese, il ministero degli Interni di Hamas ha annunciato di essere riuscito a rendere operative tutte le stazioni di polizia della Striscia di Gaza. Questo annuncio si aggiunge alla dimostrazione di forza di Hamas e alla presenza di membri della sua ala militare durante la liberazione delle tre donne in ostaggio.

Dopo una guerra che ha portato alla distruzione quasi totale della Striscia di Gaza e a decine di migliaia di morti, Hamas rimane l’attore dominante. 

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Il motivo è l’insistenza di Benjamin Netanyahu e del suo governo nel non concedere all’Autorità Palestinese un punto d’appoggio nella Striscia, bloccando al contempo qualsiasi iniziativa araba o internazionale. Continuare in questo modo non farà altro che rafforzare Hamas e aumentare le possibilità che l’accordo di cessate il fuoco crolli impedendo il completamento della restituzione degli ostaggi. 

Netanyahu e il suo governo possono continuare a rifiutarsi e a non presentare un piano strategico pratico per il dopoguerra, fantasticando di gestire Gaza attraverso organizzazioni o rappresentanti civili, ma la realtà produrrà i fatti sul campo. 

Il “no” all’Autorità Palestinese equivale al “sì” ad Hamas. In assenza di un organo di governo alternativo, la situazione a Gaza tornerà ad essere quella del 6 ottobre.

La confluenza degli interessi di Netanyahu e di Hamas perpetua il distacco tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, permettendo alla destra radicale di realizzare i suoi piani di annessione e di sfollamento dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza. 

L’Autorità Palestinese, con tutti i suoi difetti, è ancora l’unica alternativa valida a qualsiasi altra offerta, sia essa un’amministrazione militare israeliana o una forza multinazionale araba, che trasformerà la Striscia di Gaza in Mogadiscio.

In assenza di un sostegno internazionale che fornisca un piano ordinato per una mossa diplomatica significativa e in vista di un governo che dice “no” a qualsiasi orizzonte per i palestinesi, le possibilità che la situazione a Gaza cambi sono minuscole. Israele avrà ancora una volta Hamas al comando nella Striscia, con un’altra generazione di bambini-soldato che crescerà lì”.

Un futuro oscuro

Così lo delinea, sempre sul quotidiano progressista di Tel Aviv, Zvi Bar’el. 

Annota Bar’el: “Ci aspettano sei settimane folli e sconvolgenti. Durante ognuna di queste settimane cavalcheremo le terrificanti montagne russe conosciute come “L’affare degli ostaggi”, in cui gioia e dolore, lutto e celebrazione si mescoleranno insieme a tensione e terrore. Per tutto il tempo, le domande più spinose continueranno ad assillarci e a terrorizzarci: Gli ostaggi saranno liberati sabato o domenica? Il ritardo è solo un inconveniente tecnico o una grave violazione? Il processo si fermerà dopo 42 giorni o forse prima? Torneremo alla guerra o siamo sulla strada della Fase 3, che segna l’inizio della ricostruzione della Striscia di Gaza?  

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E ancora una volta, ogni settimana, vedremo i pick-up bianchi di Hamas sfilare in una parata vittoriosa accanto ai volti truci degli ostaggi e poi delle bare. E ancora uomini armati agiteranno le loro armi in aria per mostrare al mondo che sono ancora qui, mentre dall’altra parte del confine gli ostaggi saranno abbracciati amorevolmente dalle loro famiglie e accolti da medici e infermieri per essere curati. Tutti imploreranno che tutti gli ostaggi vengano restituiti, ora.   

Ma ora è una parola oscena nel lessico del Primo ministro. “Non è così che si conducono i negoziati”, ha detto il capo del Mossad a febbraio. “Bisogna essere duri”. 

Il risultato è un accordo tortuoso e spietato, pieno di mine che aspettano solo di esplodere. È un accordo che non riesce a raggiungere il suo obiettivo principale, che non è la restituzione degli ostaggi, Dio ce ne scampi e liberi, ma piuttosto il mantenimento della coalizione al potere.

Questo accordo deve essere modificato prima che il meccanismo di autodetonazione impiantato al suo interno lo faccia improvvisamente a pezzi, lasciando il resto degli ostaggi a morire. Non è troppo tardi per modificarlo. Non c’è bisogno di reinventare la ruota, la formula è nota e familiare: “Tutto per tutti e fine della guerra” ora, non a rate o a tappe. Dopotutto, alla fine, l’accordo esistente dovrebbe comunque portare allo stesso risultato.

Se la fase due l sarà completata con successo, le Forze di Difesa Israeliane si ritireranno dall’intera Striscia di Gaza (a parte una zona cuscinetto al confine con Israele), compresi il corridoio Philadelphi e il valico di Rafah; il cessate il fuoco diventerà permanente, in altre parole, la guerra finirà; tutti gli ostaggi saranno restituiti e tutti i prigionieri palestinesi che Hamas vuole liberare saranno liberati.

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La differenza principale tra un processo prolungato e uno immediato è che il periodo di ansia e trepidazione sarà ridotto e gli ordigni esplosivi che minacciano la piena attuazione dell’accordo saranno neutralizzati. 

Inoltre, con l’aumentare del periodo di attuazione e alla luce del fatto che Israele continua a rifiutare il trasferimento del controllo civile di Gaza all’Autorità Palestinese, aumenta la probabilità che Hamas riprenda il controllo, distribuendo aiuti, cibo e medicine e ripristinando le infrastrutture.

In pratica, Hamas sta già supervisionando la distribuzione degli aiuti umanitari. Questo può ancora essere fermato sulla base di una proposta egiziana, che prevede l’istituzione di un comitato di gestione civile sotto l’egida dell’Autorità Palestinese e che sarà composto da personalità pubbliche e tecnocrati concordati da tutte le parti. 

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha rifiutato la proposta per paura che portasse alla divisione della Palestina tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania e che minasse lo status dell’AP e dell’Olp come rappresentanti esclusivi del popolo palestinese. 

Ma anche in questo caso, sarebbe stato elaborato un piano di compromesso che preservasse lo status dell’AP come autorità ultima prima che Hamas si assicurasse il controllo completo di Gaza. Il 16° giorno dopo l’entrata in vigore dell’accordo di cessate il fuoco, Israele, Hamas e i mediatori dovrebbero iniziare i colloqui per l’attuazione della Fase 2. Ma non c’è bisogno di aspettare. 

Ma non c’è bisogno di aspettare questa data, che rischia di diventare una via d’uscita dall’accordo. Non c’è nulla che impedisca alle parti di portare avanti le trattative per elaborare un calendario ridotto che rilasci immediatamente gli ostaggi e ponga le basi per un governo civile a Gaza.

Non dovremmo aspettare un altro mese e mezzo per ritrovarci con le solite lamentele su un’opportunità mancata, come quelle sprecate a maggio, agosto e novembre”, conclude Bar’el.

Il problema è, nostra chiosa finale, è che chi ha oggi le redini del potere in mano, Benjamin Netanyahu, la scelta l’ha già fatta. Ha scelto, di nuovo, Hamas.

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