Giovedì, l’organo direttivo della Corte penale internazionale (ICC) ha espresso profonde preoccupazioni riguardo alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. L’amministrazione di Donald Trump ha adottato tali misure come protesta contro i mandati di arresto emessi dalla Corte per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della difesa Yoav Gallant, in relazione alla campagna militare di Israele a Gaza, riferisce Reuters.
Nel novembre 2024, la Corte ha emesso mandati di arresto anche contro Mohammed Deif, leader militare di Hamas, per presunti crimini di guerra legati al conflitto a Gaza. Israele sostiene di aver ucciso Deif in un raid aereo nel luglio 2024, ma la camera preliminare dell’ICC ha dichiarato che continuerà a raccogliere informazioni per confermare la sua morte.
La Corte ha stabilito che ci sono ragionevoli motivi per ritenere che Netanyahu e Gallant siano penalmente responsabili, in qualità di coautori, per “il crimine di guerra di utilizzare la fame come metodo di guerra e per i crimini contro l’umanità, tra cui omicidio, persecuzione e altri atti disumani”.
All’epoca, l’allora presidente Joe Biden aveva definito i mandati di arresto “oltraggiosi”, mentre l’ufficio di Netanyahu aveva condannato la decisione della camera come “antisemita”.
In precedenza, nel marzo 2023, la Corte aveva emesso mandati di arresto per il presidente russo Vladimir Putin e la sua commissaria per i diritti dei bambini, Maria Alekseyevna Lvova-Belova, per la “deportazione illegale” di bambini ucraini. In quel contesto, Biden aveva dichiarato che Putin aveva chiaramente commesso crimini di guerra e che la decisione dell’ICC era giustificata.