La settimana scorsa, i giudici della CPI hanno emesso mandati di arresto per i due leader israeliani Netanyahu e Gallant, insieme al comandante militare di Hamas Mohammed Deif, sostenendo che ci fossero ragionevoli motivi per ritenere che i tre fossero responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità a Gaza.
Il governo israeliano, così come Netanyahu e Gallant, ha respinto con forza le accuse.
Mercoledì, l’ufficio del primo ministro ha annunciato di aver informato la CPI della “intenzione di presentare ricorso presso la Corte, insieme alla richiesta di sospendere l’applicazione dei mandati d’arresto”.
Ha ribadito che Israele nega sia l’autorità della CPI sia la legittimità dei mandati emessi contro Netanyahu e Gallant.
L’ufficio di Netanyahu ha inoltre comunicato che il senatore statunitense Lindsey Graham ha aggiornato il premier sugli sforzi in corso al Congresso degli Stati Uniti per contrastare la CPI e i paesi che collaborano con essa.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha definito i mandati “oltraggiosi” la scorsa settimana, aggiungendo:
“Qualunque cosa implichi la CPI, non esiste equivalenza – nessuna – tra Israele e Hamas. Sosterremo sempre Israele contro le minacce alla sua sicurezza.”
Gli stati membri della CPI – che non includono Israele o gli Stati Uniti – sono obbligati a intervenire per trattenere un imputato ricercato se si trova nella loro giurisdizione. Ma chissà se lo faranno. Ad ogni modo la vicenda va avanti.