La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari
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La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari

La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari negli ultimi 10 anni, ma le tasse per i più ricchi sono ai minimi storici

La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Luglio 2024 - 17.50


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Il mondo in cui viviamo? Presto detto. Un mondo infame. Dove i più ricchi lo sono sempre di più mentre, ed è solo un esempio, a Gaza si muore di fame e di malattie. 

Il mondo infame

La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari negli ultimi 10 anni, ma le tasse per i più ricchi sono ai minimi storici

 L’incremento della ricchezza per il top 1% è stato 34 volte superiore a quello registrato dalla metà più povera della popolazione mondiale

 Negli ultimi 40 anni i miliardari globali hanno, in media, versato su base annua agli erari l’equivalente irrisorio dello 0,5% del valore dei propri patrimoni

La ricchezza aggregata del top-1% del pianeta è cresciuta, in termini reali, di ben 42.000 miliardi di dollari nel decennio 2013-2022. Un incremento pari a 34 volte quello registrato, nello stesso periodo, dalla metà più povera della popolazione mondiale.

 La ricchezza media di un esponente dell’1% più facoltoso su scala globale è aumentata di quasi 400.000 dollari contro i 335 dollari (appena 9 centesimi al giorno), incamerati in media da un rappresentante appartenente al 50% più povero del pianeta.  

 È quanto emerge da un’analisi di Oxfam diffusa oggi, in occasione del vertice dei Ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche Centrali del G20, in programma a Rio de Janeiro fino a venerdì.

 Il summit rappresenta un importante banco di prova per verificare il grado di convergenza tra le più grandi economie del mondo sulla proposta avanzata dalla Presidenza di turno brasiliana del G20 – e supportata da Sud Africa, Francia e Spagna – per la definizione di un nuovo standard globale, volto a incrementare il prelievo fiscale a carico degli ultraricchi.

 “La richiesta di aumentare le imposte sui più ricchi è sostenuta da una parteconsistente dell’opinione pubblica mondiale – rimarca Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia – Preoccupati e indignati, i cittadini reclamano sistemi fiscali più equi, un’azione più incisiva contro la crescente concentrazione di ricchezza e potere al vertice della piramide sociale, risorse certe e adeguate per contrastare l’avanzamento della povertà, l’ampliamento dei divari economici e la crisi climatica in corso. A fronte di una simile richiesta di maggiore giustizia distributiva, c’è da chiedersi se i governi del G20 mostreranno volontà politica e decideranno di cooperare su misure coordinate di tassazione degli ultraricchi o se invece, malauguratamente, preferiranno mantenere l’attuale iniquo status quo.”

 Invertire la rotta richiede prima di tutto una presa d’atto di quanto poco, in proporzione alla propria ricchezza, gli individui più facoltosi contribuiscano oggi 
al finanziamento dei beni pubblici, derogando in larga parte al dovere di solidarietà sociale a cui ciascuno di noi è chiamato. Negli ultimi 40 anni i miliardari globali hanno, in media, versato su base annua agli erari l’equivalente irrisorio dello 0,5% del valore dei propri patrimoni. Nello stesso periodo i loro patrimoni hanno registrato un rendimento nominale annuo lordo del 7,5%. Negli ultimi 4 decenni, inoltre, la quota di reddito nazionale dell’1% dei percettori di redditi più elevati nei Paesi del G20 è cresciuta del 45%, mentre l’aliquota massima dell’imposta sui redditi (nella media del G20) si è ridotta di circa un terzo.

Oxfam stima inoltre che oggi, nei Paesi del G20, per ogni dollaro di entrate fiscali, meno di otto centesimi derivano da imposte sulla ricchezza.

E intanto a Gaza si continua a morire

Così la Direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell sulla situazione nella Striscia di Gaza: “Ogni settimana che passa, le famiglie affrontano nuovi orrori nella Striscia di Gaza. Gli attacchi devastanti contro le scuole e i siti di sfollamento interno continuano, secondo quanto riferito, uccidendo altre centinaia di palestinesi, molti dei quali donne e bambini, e lasciando che gli ospedali, già sovraccarichi, si pieghino sotto la pressione.

Vediamo bambini che hanno resistito a ferite precedenti poi essere feriti di nuovo. Medici e infermieri senza risorse che lottano per salvare vite umane. Migliaia di bambini e bambine malati, affamati, feriti o separati dalle loro famiglie. La violenza e le privazioni stanno lasciando cicatrici permanenti sui loro corpi e sulle loro menti vulnerabili. E ora, con il crollo delle strutture igieniche e del trattamento delle acque reflue, il virus della polio si aggiunge all’elenco delle minacce, soprattutto per le migliaia di bambini non vaccinati.

Poiché le famiglie sono ripetutamente costrette a spostarsi per sfuggire alla violenza immediata, la situazione umanitaria è più che catastrofica.

Le agenzie umanitarie, compreso l’Unicef, stanno facendo tutto il possibile per rispondere, ma la situazione disastrosa e gli attacchi contro il personale umanitario continuano a ostacolare i nostri sforzi. Proprio due giorni fa, un veicolo dell’Unicef chiaramente contrassegnato è stato colpito da proiettili mentre aspettava in un punto di sosta designato vicino al checkpoint di Wadi Gaza. Era uno dei due veicoli che stavano andando a prendere cinque bambini piccoli per riunirli al padre dopo l’uccisione della madre. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito e la squadra è riuscita a riunire la famiglia. Tuttavia, in questo incidente, come in altri precedenti, le conseguenze umanitarie avrebbero potuto essere terribili, per i bambini che serviamo e per le nostre squadre.

In poche parole, nella Striscia di Gaza non ci sono le condizioni necessarie per una risposta umanitaria solida. Il flusso degli aiuti deve essere libero e l’accesso deve essere regolare e sicuro.

Per quasi nove mesi, gli aiuti sono entrati lentamente a Gaza. I civili sono stati privati dei rifornimenti. Il settore commerciale è stato decimato. Questo ha portato a una crescente competizione per quel poco che è disponibile, al contrabbando di merci nella Striscia di Gaza e ora al saccheggio sempre più organizzato delle forniture di aiuti. Questo non solo ostacola i nostri sforzi per raggiungere le famiglie vulnerabili, ma mette a rischio le nostre squadre e i civili che sosteniamo. 

La sfida è aggravata dalle condizioni operative sul campo. Almeno 278 operatori umanitari nella Striscia di Gaza sono già stati uccisi – un numero record – mentre altri sono messi in pericolo o impossibilitati a svolgere il proprio lavoro.

 Abbiamo bisogno di un immediato miglioramento del contesto di sicurezza, compresa la sicurezza dei camion per la consegna degli aiuti, per consentire agli operatori umanitari di raggiungere in sicurezza le comunità che intendono servire.

 Ma soprattutto, abbiamo bisogno di un cessate il fuoco immediato e sostenibile. Chiediamo a tutte le parti coinvolte nel conflitto di rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario. Devono proteggere i civili e le infrastrutture su cui fanno affidamento. Ciò include la garanzia che i civili ricevano l’essenziale per sopravvivere – cibo, acqua, cure nutrizionali, ripari e assistenza sanitaria – attraverso operazioni umanitarie sicure e senza ostacoli.

È ormai tempo – conclude Russell – che questa crisi finisca, che gli ostaggi vengano restituiti alle loro famiglie e che i bambini di Gaza abbiano un futuro sano e sicuro”.

 Oxfam e Unicef hanno riassunto con eccezionale efficacia documentale, e con altrettanta nettezza critica, cos’è il mondo oggi. Non provate un po’, molto, disgusto?!

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