C'è una Corte che fa giustizia in Palestina: per questo è oltraggiata da Israele
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C'è una Corte che fa giustizia in Palestina: per questo è oltraggiata da Israele

a presenza di Israele nei Territori Palestinesi Occupati è stata dichiarata illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia. La Corte ritiene che tale presenza costituisca un atto illecito

C'è una Corte che fa giustizia in Palestina: per questo è oltraggiata da Israele
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20 Luglio 2024 - 13.44


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Una buona notizia da condividere e commentare con quelle e quelli che hanno da sempre la Palestina (e una pace giusta) nel cuore.

Pronunciamento storico

“La presenza di Israele nei Territori Palestinesi Occupati è stata dichiarata illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia. La Corte ritiene che tale presenza costituisca un atto illecito, risultato delle violazioni da parte di Israele del divieto di acquisizione di territorio con la forza e del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Le politiche e le pratiche israeliane che perpetuano questa presenza, tra cui la colonizzazione, la discriminazione razziale, le misure volte a modificare la composizione demografica, l’annessione di territorio, e l’imposizione di leggi e restrizioni in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e nella Striscia di Gaza, rendono l’occupazione israeliana dei territori illegale nel suo insieme.

Di conseguenza, Israele ha l’obbligo di porre fine alla sua presenza nei Territori Palestinesi Occupati il più rapidamente possibile. Questo obbligo discende direttamente dal diritto internazionale consuetudinario, e il parere della Corte non fa che esplicitarlo, rispondendo al quesito che le era stato posto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Per la prima volta, la Corte si esprime chiaramente sul fatto che i Territori Palestinesi Occupati costituiscono una singola unità territoriale, comprendente Gerusalemme Est, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, che rimane sotto occupazione nonostante lo smantellamento delle colonie nel 2005. Questo è di fondamentale importanza poiché la Corte stabilisce che non basta smantellare le colonie per porre fine all’illecito. Inoltre, la Corte stabilisce che Israele ha l’obbligo di risarcire chiunque abbia subito un danno materiale per causa degli atti illegali commessi da Israele durante l’occupazione.

Inoltre, la Corte ha fatto riferimento all’articolo 3 del CERD (Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Razziale), sottolineando la gravità della situazione e chiarendo che Israele ha costruito nei territori un sistema di segregazione razziale e apartheid.

La Corte è dell’opinione che le Nazioni Unite, e in particolare l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza, dovrebbero individuare modalità precise e azioni necessarie per porre fine il più rapidamente possibile alla presenza illegale dello Stato di Israele nei territori palestinesi occupati dal 1967.

In seguito a questo storico parere, chiediamo al governo italiano di agire con determinazione e coerenza nel rispetto del diritto internazionale. In particolare, esortiamo il governo a riconoscere ufficialmente la natura illegale dell’occupazione israeliana e il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. È essenziale che l’Italia si posizioni chiaramente contro le pratiche e politiche che perpetuano questa occupazione.

Il governo italiano deve impegnarsi attivamente per porre fine alla segregazione e discriminazione razziali imposti dall’apartheid israeliano sul popolo palestinese. Questo impegno deve tradursi in azioni concrete e visibili, in linea con i principi di uguaglianza e giustizia.

Inoltre, l’Italia deve rispettare l’obbligo di non fornire alcun aiuto o assistenza che possa supportare il mantenimento della situazione creata da questi atti illegali. Qualsiasi forma di supporto diretto o indiretto deve essere immediatamente sospesa.

Infine, ribadiamo la nostra richiesta di un cessate il fuoco immediato e permanente, e che il nostro governo ribadisca il rispetto di tutte le decisioni e pareri della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) e della Corte Penale Internazionale (ICC), sottolineando l’importanza della legalità internazionale nella risoluzione delle controversie.

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È fondamentale che il governo italiano si impegni concretamente a sostenere il diritto internazionale e la giustizia in tutte le sedi nazionali e internazionali, contribuendo alla pace e alla sicurezza nella regione”.

Così, in un comunicato congiunto, Aoi, Arci e Assopace Palestina.

Messe a nudo le azioni criminali d’Israele

Così Sally Abi Khalil, direttore regionale di Oxfam per il Medio Oriente: “Questa è una pronuncia storica che mette a nudo le azioni criminali di Israele, che hanno negato i diritti dei palestinesi per decenni. Ogni aspetto dell’occupazione è illegale: gli insediamenti e le azioni dei coloni, negare l’accesso all’acqua e l’uso delle risorse naturali palestinesi. La Corte internazionale di giustizia non lascia spazio ad alcun dubbio sul fatto che Israele ha annesso illegalmente ampie parti della Cisgiordania e di Gerusalemme Est e che i palestinesi devono essere risarciti per quanto commesso dal 1967. La Corte ha confermato inoltre che Israele sta attuando una vera e propria apartheid in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, che è uno dei più gravi crimini internazionali. Per questo, adesso è più che mai urgente porre fine all’occupazione, smantellando gli insediamenti e consentendo la completa autodeterminazione del popolo palestinese. La comunità internazionale non può continuare a ignorare le sentenze riguardanti le politiche illegali e le pratiche disumane attuate da Israele. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve agire prima possibile per porre fine all’impunità di cui Israele ha goduto per decenni”.

Lezione di diritto da Tel Aviv

Aeyal Gross è professore di diritto costituzionale e internazionale presso l’Università di Tel Aviv. Annota su Haaretz: “Quando era Procuratore Generale di Israele, Meir Shamgar (che in seguito è diventato Presidente della Corte Suprema di Israele) ha affermato che l’occupazione è una “situazione di fatto” che, in attesa di un’alternativa politica o militare, potrebbe, da un punto di vista legale, “continuare indefinitamente”. Venerdì scorso, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha demolito completamente la sua argomentazione e con essa una delle principali difese di lunga data dell’occupazione da parte di Israele.

Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sull’occupazione da parte di Israele dell’area nota nel diritto internazionale come “Territorio Palestinese Occupato” sostiene che, sebbene l’occupazione non abbia limiti di tempo, non può essere una forma di controllo indefinita: deve essere temporanea. L’occupazione, sottolinea la Corte, è una situazione temporanea per rispondere a una necessità militare e non può trasferire il titolo di sovranità allo Stato occupante. Inoltre, lo Stato occupante ha il dovere di amministrare il territorio a beneficio della popolazione locale.

I punti chiave del parere della Corte Internazionale di Giustizia:

La presenza di Israele nei territori palestinesi occupati è considerata illegale.

Israele deve porre fine alla sua presenza nei territori occupati il prima possibile.

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Israele deve cessare immediatamente l’espansione degli insediamenti ed evacuare tutti i coloni dalle aree occupate.

Israele deve risarcire i danni causati alla popolazione locale e legale dei territori palestinesi.

La comunità e le organizzazioni internazionali hanno il dovere di non riconoscere la presenza israeliana nei territori come legale e di non sostenerne il mantenimento.

Le Nazioni Unite dovrebbero valutare le azioni necessarie per porre fine alla presenza israeliana nei territori il prima possibile.

La Corte Internazionale di Giustizia non ha lasciato nulla di intentato nel constatare che Israele viola questi principi. Ha considerato il modo in cui le politiche di insediamento di Israele – che, secondo la Corte, violano il divieto della Convenzione di Ginevra di trasferire i civili della potenza occupante nel territorio occupato – fanno parte di un regime che annette almeno una parte del territorio. Questa annessione è evidente nell’applicazione da parte di Israele delle proprie leggi in alcune parti della Cisgiordania (quando vengono applicate ai coloni israeliani) e a Gerusalemme Est (che la Corte considera parte dei Territori Palestinesi Occupati).

L’ICJ ha stabilito che le politiche annessionistiche di Israele violano i principi del diritto internazionale che richiedono che l’occupazione sia temporanea e proibiscono l’acquisizione del territorio con la forza.

Secondo la Corte, la vasta confisca di terre e la politica idrica discriminatoria di Israele equivalgono all’espropriazione dei palestinesi e violano il principio di amministrare il territorio a beneficio della popolazione locale. La Corte ha anche affrontato le politiche di pianificazione discriminatorie di Israele e la demolizione delle case palestinesi (siano esse punitive o basate su considerazioni di “pianificazione”). Anche il fatto che Israele non prevenga o punisca adeguatamente la violenza dei coloni contro i palestinesi è fondamentale per la comprensione della Corte su come Israele violi questo obbligo.

La Corte ha anche affrontato nel dettaglio la legislazione e le politiche discriminatorie di Israele nei Territori Occupati. Pur ritenendo che le azioni di Israele costituiscano una discriminazione sistematica e violino la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale, che proibisce la “segregazione e l’apartheid”, la Corte si è fermata a stabilire se la situazione costituisca “solo” una segregazione o se, di fatto, si tratti di “apartheid”. Presumibilmente questa ambiguità è stata voluta per permettere al maggior numero possibile di giudici di unirsi alla maggioranza, indipendentemente dalla loro opinione su questo punto.

Tutto ciò ha portato la Corte a stabilire che Israele, con il suo controllo continuo, indefinito, discriminatorio e annessionistico dei territori, viola il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e il divieto di acquisizione di territori con la forza.

La linea di fondo della Corte è stata quindi molto chiara: la continua presenza di Israele nei Territori Palestinesi Occupati è illegale. Deve porre fine alla sua presenza “il più rapidamente possibile” e deve cessare “immediatamente” ogni nuova attività di insediamento.

Il contrasto tra le due decisioni è sorprendente. Da un lato, la Corte ha respinto l’idea che Israele possa continuare a occupare i territori a tempo indeterminato e che l’occupazione non possa continuare fino a quando, nei termini di Shamgar, non ci sarà una situazione politica o militare alternativa, cioè in attesa di un accordo di pace israelo-palestinese.

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D’altra parte, la Corte non ha ordinato a Israele di porre fine all’occupazione “immediatamente” ma “il più rapidamente possibile” – anche in questo caso, un linguaggio che potrebbe riflettere un compromesso tra i vari giudici.

Ma questa ambiguità non dovrebbe minare il senso della sentenza della Corte: l’occupazione non è solo una situazione “fattuale” ma anche “normativa”. L’occupazione israeliana, caratterizzata dagli insediamenti e dall’espropriazione della popolazione locale, dalle pratiche di annessione e dalla negazione dell’autodeterminazione palestinese, viola le norme che regolano qualsiasi occupazione e deve finire. Dal punto di vista legale, Israele non potrà più sostenere che la sua occupazione è “temporanea” finché non verrà raggiunto un accordo in un futuro indeterminato.

Nel 1971, quando la Corte Internazionale di Giustizia ha ritenuto illegale il controllo continuato del Sudafrica sulla Namibia, ha scritto: “La Corte ritiene che la qualificazione di una situazione come illegale non ponga di per sé fine ad essa. Può essere solo il primo passo necessario per porre fine alla situazione illegale”. Queste parole possono risuonare anche oggi”.

I fanatici di Eretz Israel

“Il popolo ebraico non è conquistatore nella propria terra, né nella nostra eterna capitale Gerusalemme, né nella terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria”, sentenzia il premier israeliano Benyamin Netanyahu sul parere della Corte Onu dell’Aia. “Nessuna falsa decisione dell’Aia – ha aggiunto – distorcerà questa verità storica, così come non si può contestare la legalità dell’insediamento israeliano in tutti i territori della nostra patria”. 

La Cisgiordania, per il Primo ministro d’Israele, non esiste. Esiste Giudea e Samaria (i nomi biblici della West Bank), che sono parte, in questa visione nazional-religiosa, della Sacra Terra d’Israele.  La Torah conta più del Diritto internazionale. Quelli che per quest’ultimo sono territori “occupati”, dopo la Guerra dei 6 giorni, per i fondamentalisti al potere oggi a Gerusalemme, sono territori “liberati”, per volontà Superiore. Chi sono i giudici. Dell’Aia, i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, premi Nobel per la pace ecc per mettere in discussione ciò che il Dio del Vecchio Testamento ha sancito?!

 “La decisione dell’Aia dimostra per l’ennesima volta che questa è un’organizzazione nettamente antisemita e politica. Non accetteremo prediche morali da parte loro, è giunto il momento per la governance e la sovranità”, rincara la dose il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir commentando la sentenza della Corte di giustizia dell’Aia. Da parte sua, il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich ha pubblicato sul suo account X: «La risposta all’Aia: la sovranità ora”. Nel nome di Eretz Israel. Il fondamentalismo al potere. Siamo a Gerusalemme, non a Teheran. 

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