«Betlemme di solito si anima a Natale. Non quest’anno. In Terra Santa le celebrazioni sono state cancellate: niente sfilate, niente bazar, niente illuminazione pubblica sugli alberi. Nel mio Paese, la Giordania, dove Gesù è stato battezzato, la nostra comunità cristiana ha scelto di fare lo stesso».
Così inizia l’editoriale della regina di Giordania Rania, di origini palestinesi, sul Washington Post, lanciando un grido di dolore per le migliaia di morti civili a Gaza, tantissimi bambini.
«La gente di Gaza non ha perso la speranza nell’umanità degli altri, anche se tanti non riescono a vedere la propria», ha sottolineato la moglie di re Abdallah. ricordando che «dal 7 ottobre, la stragrande maggioranza delle vittime in Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza sono state civili… Non c’è differenza tra il dolore che provano le madri palestinesi e quelle israeliane per la perdita di un figlio».
La situazione nella Striscia è «un incubo umanitario», ha proseguito la regina, esortando tutti a «chiedere il cessate il fuoco, il rilascio di ostaggi e detenuti e l’accesso illimitato agli aiuti». E questo, ha sottolineato Rania, «è solo l’inizio. Dobbiamo anche intraprendere il difficile processo di riumanizzazione, riconoscendo l’umanità degli altri e agendo in base a quel legame universale».
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