Guerra a Gaza, noi siamo con i "soldati di pace". Come Eran
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Guerra a Gaza, noi siamo con i "soldati di pace". Come Eran

Grazie al meritorio lavoro di informazione svolto da JCall Italia di seguito la Dichiarazione congiunta arabo-ebraica per la pace 

Guerra a Gaza, noi siamo con i "soldati di pace". Come Eran
Ebrei per la pace negli Stati IUniti
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8 Novembre 2023 - 19.45


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In questo tempo di guerra, di orrore, di distruzione, di morte, di odii che sembrano irrefrenabili, un barlume di speranza viene da quanti, sia in campo israeliano sia in quello palestinese, continuano a lavorare insieme per il dialogo, la convivenza pacifica tra i due popoli. 

Grazie al meritorio lavoro di informazione svolto da JCall Italia di seguito la Dichiarazione congiunta arabo-ebraica per la pace 

«Il brutale massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre ha lasciato tutti noi – ebrei e arabi – sbigottiti e scioccati. Nelle settimane trascorse da quel maledetto sabato, alle atrocità commesse da Hamas si sono aggiunte altre atrocità: migliaia di persone sono state uccise, e continuano ad essere uccise, dai bombardamenti israeliani a Gaza, a molti dei cui abitanti sono stati persino tagliati acqua ed elettricità.

Innumerevoli bambini, donne e anziani innocenti hanno perso la vita da entrambe le parti; centinaia di migliaia di persone hanno perso le loro case e il loro mondo – il danneggiamento di innocenti da una parte non bilancia il dolore delle uccisioni dall’altra, ma aggiunge solo altro dolore all’immenso dolore.

Perché è importante?

Noi – movimenti, organizzazioni e attivisti, ebrei e arabi – scriviamo queste parole in preda a un forte lutto per le migliaia di persone uccise nelle ultime settimane e a una terribile ansia per l’incolumità dei rapiti e di coloro che subiranno ancora danni in Israele, Gaza e Cisgiordania.

L’occupazione, l’assedio, le guerre, il terrorismo, l’oppressione, il razzismo e la violenza, la violazione della democrazia e dei diritti umani – tutto questo ha portato i due popoli che vivono tra il mare e il fiume Giordano a un disastro inimmaginabile, che non ha misura. Proprio in questi giorni terribili, la semplice verità è più chiara che mai: la libertà, la sicurezza e la vita di tutti coloro che vivono in questa terra dipendono gli uni dagli altri.

In memoria degli assassinati e per il bene dei vivi, dobbiamo agire insieme – ebrei e arabi – per la liberazione dei rapiti e dei prigionieri, per la fine della guerra, per la fine dell’occupazione e del conflitto, per la pace.

Noi, che crediamo nella via della democrazia e della pace, facciamo appello a:

1. Sforzarsi di raggiungere un cessate il fuoco stabile, all’interno del quale avviare immediatamente i negoziati per un accordo politico basato sul reciproco riconoscimento del diritto dei due popoli all’autodeterminazione – un accordo che garantisca sicurezza, libertà e benessere per entrambi i popoli.

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2. Promuovere immediatamente un ampio accordo sui prigionieri (“tutti per tutti”).

3. Smettere immediatamente di fare del male a civili innocenti. Non c’è e non può esserci alcuna giustificazione per fare del male agli innocenti.

4. Agire immediatamente per frenare la violenza dilagante dei coloni in Cisgiordania, con l’appoggio dell’esercito, e per frenare l’espulsione di palestinesi che questa violenza sta cercando di promuovere.

5. Fermare la persecuzione e l’oppressione dei cittadini palestinesi di Israele e di coloro che esprimono solidarietà con i residenti di Gaza e si oppongono alla guerra. Fermare la violazione dei diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione, la libertà di manifestazione e altro ancora.

Tutti noi abbiamo sperimentato i cicli di violenza. È sempre evidente che non c’è, né potrà mai esserci, una soluzione militare a questo conflitto. L’unico modo per fermare lo spargimento di sangue è un accordo politico che garantisca sicurezza, giustizia e libertà a entrambe le nazioni.

Non ci sono vincitori in guerra. Solo la pace porterà sicurezza ».

Firmano :

Academia for Equality; Arava Institute for Environmental Studies; Banki; Bimkom – Planners for Planning Rights; Combatants for Peace; Druze Initiative Committee; The Forum for the Fight Against Incitement; Hadash; Hands of Peace; Horiya; Jahalin Solidarity; Jordan Valley Activists; Kaa”- political working group; Looking the Occupation in the Eye; MachsomWatch; Mesarvot; Mothers Against Violence; Negev Coexistence Forum for Civil Equality; New Profile; On the way to Sulha; Parents Against Child Detention; Parents Circle Families Forum; PsychoActive; Rabbis for Human Rights; Social Workers for Peace and Welfare; Tandi; Tomorrow’s Women; Torat Tzedek; Women in Black; Woman to Woman; Yesh Gvul; Your Neighbor as Yourself; Youth
Against Dictatorship; Zazim – Community Action; Zochrot ; Itach Ma’aki – Women Lawyers for Social Justice.

Date ascolto al soldato Eran

Di grande interesse è l’intervista a firma Luca Liverani su Avvenire : « Da combattente delle forze speciali dell’esercito israeliano ad attivista per la pace. Eran Nissan, 32 anni, vive a Jaffa e dirige “Mehazkim”, movimento progressista israeliano che sfrutta il potenziale dei social. È stato un dirigente di “Peace Now”, il più grande e antico movimento pacifista israeliano che si batte per la soluzione dei due Stati. Laureato in scienze politiche e filosofia, ha un master in gestione delle emergenze, è volontario di assistenza medica e autista di ambulanza.

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«Io l’ho vissuta l’esperienza del combattimento, ho perso amici. Quando ho terminato il servizio – racconta – ho deciso di assumere un ruolo più attivo nella promozione della pace, dell’uguaglianza, della giustizia e della riconciliazione tra israeliani e palestinesi».

Dopo l’aggressione del 7 ottobre Israele ha contrattaccato con bombardamenti e incursioni a Gaza. È una risposta proporzionata, come sostiene Nethanyau?

L’orribile attacco dei terroristi di Hamas è stato un crimine contro l’umanità. Un’invasione di oltre 1.500 uomini armati in territorio israeliano sovrano, un massacro premeditato di centinaia di civili, con incendi, stupri e rapimenti. Da Kfir Bibas, 9 mesi, a Ditza Heiman, 84 anni. Detto ciò, non esiste una risposta “proporzionata” a un crimine contro l’umanità. Esiste solo una risposta appropriata: l’eliminazione totale delle capacità organizzative di Hamas e la rimozione di questa organizzazione terroristica malvagia e assassina da qualsiasi posizione di potere politico. Ma Netanyahu non si sta concentrando sulla risposta appropriata ad Hamas. Fa l’unica cosa che sa fare: mentire, manipolare e fare piccoli giochi politici per sopravvivere al potere. Per anni ha rafforzato Hamas e indebolito le voci più moderate della leadership palestinese. Il suo segretario al Tesoro, Betzalel Smotrich, nel 2015 dichiarò che “Hamas è una risorsa e l’Autorità palestinese è un peso”. Netanyahu ha condotto un esplicito tentativo di “gestire” e persino “minimizzare” il conflitto. Un vano tentativo che è esploso in faccia a tutti noi il 7 ottobre. Non mi fido del mio governo per la sicurezza. Non ci si può fidare delle persone che sono responsabili delle politiche fallimentari che ci hanno portato qui per riparare ciò che hanno rotto.

Il segretario dell’Onu Guterres è stato attaccato per aver detto che gli attacchi del 7 ottobre non sono avvenuti nel vuoto, ma dopo 56 anni di soffocante occupazione in Palestina. Cosa ne pensa?

Le sue parole sono state intenzionalmente estrapolate dal contesto dai funzionari del governo israeliano per scoraggiare qualsiasi cooperazione con le Nazioni Unite. Dopo aver menzionato i vari modi in cui l’occupazione israeliana ha danneggiato i palestinesi, ha concluso: “Ma le lamentele del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas”. Onu, Ue, Nato e Lega Araba possono e devono intervenire nella guerra in corso per stabilizzare la situazione e promuovere una risoluzione politica.

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Hamas, che dispone di un certo consenso, non vuole alcun dialogo perché punta all’eliminazione dello Stato di Israele. Che alternativa, esiste all’azione militare?

I problemi politici richiedono soluzioni politiche. Cercare di risolvere un problema politico solo con le bombe porterà l’intera regione a un’escalation di violenza. Israele ha il diritto di difendersi. Ha anche la responsabilità di rispettare il diritto internazionale. Ma la priorità assoluta dovrebbe essere quella di garantire ai suoi cittadini una vita sicura e protetta. E non può essere ottenuto solo con azioni militari. Le organizzazioni terroristiche scompaiono quando diventano irrilevanti. La cosa peggiore che può capitare ad Hamas è la pace.

Quale è stato il ruolo della società civile Israeliana, in particolare dei movimenti per la pace, dopo il 7 ottobre? Che prospettive di Pace ci potranno essere dopo questa ennesima e devastante ondata di violenza?

Questo tragico momento è il più bello della società civile israeliana. Le organizzazioni che guidavano la protesta contro il governo si sono fatte avanti e sono diventate la principale fonte di attrezzature, di logistica, di donazioni e assistenza per le persone colpite dall’attacco del 7 ottobre. Ebrei e arabi si sono uniti per aprire le loro case alle famiglie sfollate dei sopravvissuti, hanno allestito cucine giganti per cucinare decine di migliaia di pasti al giorno e hanno creato scuole e asili alternativi. Laddove il nostro governo ha fallito, organizzazioni civili consolidate come il New Israel Fund ci stanno dando forza e speranza. Siamo il popolo che noi stavamo aspettando”.

Eran è un « soldato di pace ». Non è un ossimoro. E’ una scelta di campo. Il campo del dialogo e del riconoscimento delle ragioni dell’altro da sé. Un campo che va arato oggi più che mai. 

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