L’ordine di evacuazione impartito alla popolazione civile si configura come un crimine di guerra.
A darne conto è Amnesty International.
Crimine di guerra
Il 21 ottobre l’esercito israeliano ha lanciato volantini sull’intero nord della striscia di Gaza, ordinandone l’immediata “evacuazione”, dichiarando le vite dei residenti a rischio e affermando esplicitamente che “chiunque scelga di non lasciare il nord della Striscia di Gaza per andare verso il sud, oltre il fiume Wadi Gaza, sarà considerato complice di un’organizzazione terrorista”.
Il lancio dei volantini era stato preceduto, una settimana prima, da un ultimatum che avvisava un milione e 100.000 persone a dirigersi verso sud.
“Dichiarare un’intera città o regione obiettivo militare è in completa contraddizione col diritto internazionale umanitario, che chiede a chi conduce attacchi di distinguere sempre tra civili e obiettivi civili da un lato e obiettivi militari dall’altro, nonché di adottare tutte le misure fattibili per salvaguardare civili e obiettivi civili. Violare tale principio di distinzione, prendendo di mira civili od obiettivi civili o compiendo attacchi indiscriminati che uccidono o feriscono civili è un crimine di guerra”, ha dichiarato Donatella Rovera, Alta consulente di Amnesty International per le risposte alle crisi.
“Il messaggio contenuto nei volantini non può essere considerato un avviso efficace verso la popolazione civile. Piuttosto, è un’ulteriore prova che Israele intende trasferire forzatamente i civili del nord della Striscia di Gaza. Queste minacce, a loro volta, possono costituire il crimine di guerra di punizione collettiva, in quanto considerano centinaia di migliaia di civili responsabili di azioni che non hanno commesso, per il mero fatto di trovarsi nelle loro case senza un luogo sicuro dove andare e in mezzo a un’incessante campagna di bombardamenti israeliani su tutta la Striscia di Gaza”, ha aggiunto Rovera.
Questi volantini, inoltre, devono essere letti nel contesto del primo ordine di “evacuazione” dato dalle autorità israeliane, dei ripetuti ordini di “evacuazione” dati a 23 ospedali a nord del Wadi Gaza e delle condizioni imposte dalle autorità israeliane rispetto all’ingresso degli aiuti umanitari e a dove possano essere distribuiti. Queste condizioni comprendono anche la limitazione dei già ampiamente insufficienti aiuti entrati alle aree a sud del Wadi Gaza. In questo modo, le autorità israeliane hanno trasformato gli aiuti umanitari in una sorta di ricatto per spingere gli abitanti del nord della Striscia di Gaza ad andarsene.
Amnesty International ha rinnovato la richiesta alle autorità israeliane affinché annullino immediatamente gli ordini di “evacuazione” e pongano fine alle minacce che hanno lo scopo di seminare paura e panico tra la popolazione civile della Striscia di Gaza. Tutte le condizioni imposte alla distribuzione degli aiuti umanitari devono essere immediatamente ritirate e gli aiuti, compreso il carburante, devono arrivare nella Striscia di Gaza in quantità sufficiente a venire incontro alle disperate necessità della popolazione civile”.
Appello al governo italiano sul conflitto in corso in Israele e Territori palestinesi occupati
L’attuale escalation di violenza in Israele e in Palestina è senza precedenti. Sono già migliaia le vittime civili da entrambe le parti e la situazione umanitaria è drammatica.
Condanniamo inequivocabilmente gli attacchi perpetrati da Hamas in Israele: i crimini di guerra compiuti da Hamas e altri gruppi armati, le uccisioni sommarie di civili, i rapimenti e il lancio indiscriminato di razzi verso Israele non sono giustificabili in nessuna circostanza.
Allo stesso tempo, nella Striscia di Gaza, stiamo assistendo a una delle più disperate crisi umanitarie, che sta colpendo più di 2,2 milioni di persone, che già erano sottoposte al blocco illegale da parte di Israele, iniziato nel 2007. Il 9 ottobre, le autorità israeliane hanno annunciato l’assedio totale di Gaza, bloccando l’ingresso di cibo, carburante e assistenza umanitaria e interrompendo la fornitura di acqua ed elettricità, nel mezzo di una massiccia campagna di bombardamenti.
Successivamente, il 13 ottobre, l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione della parte nord e centrale della Striscia e di Gaza City, verso sud – un ordine che può essere considerato alla stregua di un trasferimento forzato della popolazione civile e che costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario. Inoltre, Israele ha ordinato anche l’evacuazione dei 24 ospedali – una richiesta inaccettabile, che ha messo in pericolo i civili e in particolare i più fragili, come donne incinte, bambini, disabili e malati – e, come dimostrato da alcuni video verificati da Amnesty International su un attacco che ha provocato vittime civili lungo la strada Salah-Al Deen, non ha garantito la sicurezza delle vie di fuga indicate per andare verso sud. Ciò dimostra ancora una volta come i civili di Gaza non siano al sicuro in nessun luogo.
Questa crisi umanitaria avrà conseguenze su larga scala. I gruppi armati palestinesi di Hamas hanno commesso crimini di guerra e i responsabili devono essere assicurati alla giustizia, ma la punizione non può e non deve essere estesa collettivamente a tutti i civili di Gaza.
Secondo i dati ufficiali al 24 ottobre, dal 7 ottobre sarebbero state uccise almeno 1402 persone in Israele e 5.791 (di cui 2.360 minori) persone nella Striscia di Gaza, mentre i feriti ammonterebbero a circa 5.445 in Israele e a 16.297 nella Striscia di Gaza. Inoltre – anche se meno noto a livello mediatico – nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est, sarebbero stati uccisi almeno 95 palestinesi e 1.738 persone sarebbero state ferite da forze israeliane e coloni. Molte di queste vittime sono – ancora una volta – civili. A questi numeri vanno aggiunti i 23 giornaliste e giornalisti che sono morti nello svolgimento del proprio lavoro. Ed è proprio pensando anche a loro che è necessario che il conflitto in corso venga raccontato attraverso notizie verificate, con l’utilizzo di un linguaggio corretto che non alimenti odio, antisemitismo o islamofobia.
Questa crisi non è scoppiata all’improvviso. Israele ha una lunga storia di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui l’imposizione impune per decenni di un sistema di oppressione e discriminazione che Amnesty International, Human Rights Watch e B’Tselem hanno sostenuto essere un regime di apartheid. Anche le numerose violazioni e crimini di guerra commessi dai gruppi armati e dalle forze di sicurezza palestinesi sono rimasti impuniti. Il pervasivo clima di impunità ha minato la fiducia nelle regole e nei principi del diritto internazionale, in primo luogo nell’umanità, come dimostrato dalla violenza senza precedenti contro i civili in Israele e dagli attacchi implacabili che hanno annientato intere famiglie a Gaza. La società civile ha il dovere di rimettere al centro della discussione l’importanza del diritto internazionale e la necessità di alzare la voce per difendere la dignità ed i diritti umani di tutte le persone coinvolte nel conflitto.
Pertanto, per dare una risposta a questa grave crisi, chiediamo a gran voce al governo italiano di:
- esercitare pressioni sullo Stato d’Israele affinché ponga fine all’assedio totale della Striscia di Gaza, assicurando l’accesso a cibo, acqua, carburante, forniture mediche, elettricità e aiuti umanitari per tutta la popolazione;
- invitare tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario in ottemperanza delle Convenzioni di Ginevra e, in particolare, i divieti di attacchi contro civili ed obiettivi civili, di attacchi indiscriminati e sproporzionati, di punizioni collettive, di presa di ostaggi e di rapimento di civili, che possono costituire crimini internazionali;
- chiedere con forza a tutte le parti in conflitto di astenersi dal condurre operazioni militari che possano pregiudicare l’accesso sicuro ad assistenza umanitaria e cure mediche da parte dei civili;
- sostenere inequivocabilmente e incondizionatamente il lavoro della Corte Penale Internazionale, di cui l’Italia è parte, che nel 2021 ha aperto un’indagine formale sulla situazione nello Stato di Palestina, riguardante i crimini di competenza della Corte, commessi a partire dal giugno 2014;
- astenersi dal fornire armi a tutti gli attori del conflitto e chiedere agli altri Stati di fare altrettanto.
È urgente e necessaria un’azione da parte dell’Italia, dell’Unione europea e della comunità internazionale tutta per chiedere il rispetto senza eccezioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
Appello promosso da Amnesty International Italia e AOI – Cooperazione e solidarietà internazionale firmato da:
ACS, Action Aid, Acli di Arese, AIDOS, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, ARCI, ARCS Arci Culture Solidali APS, Articolo 21, AssisiPaceGiusta , Associazione di Amicizia Italo-Palestinese, ASSOCIAZIONE CULTURALE LIGURIA-PALESTINA, Associazione per il rinnovamento della sinistra, Assopace Palestina, Casa dei diritti sociali Odv, Casa per la Pace Modena – Odv, CGIL Roma Lazio, CISP, CISS, COCIS – Coordinamento delle Organizzazioni non governative per la cooperazione allo sviluppo, Comunità Solidali nel Mondo, Consorzio delle Ong Piemontesi ETS, COSPE, CRIC – Centro Regionale d’Intervento per la Cooperazione ETS, FNSI – Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Donne in nero contro la guerra, EducAid, Focsiv, Fondazione dei diritti umani, Fondazione ACRA, ISCOS, Ipri – Istituto italiano ricerca per la pace rete corpi civili di pace, Laici comboniani. Comunità la Zanzara. , LƏA laboratorio ebraico antirazzista , Libertà e Giustizia , MAIS ong, Piattaforma delle Ong-OSC in Medio Oriente e Mediterraneo , Porti Aperti e permesso di soggiorno per tutte e tutti, Progettomondo, Purple Square, Razzismo Brutta Storia, Refugees Welcome Italia, ResQ People saving People, Rete italiana pace e disarmo, Rete No bavaglio, Terra Nuova – centro per la Solidarietà e la Cooperazione tra i Popoli, Terre des Hommes Italia, UISP Aps, Un ponte per , Yaku, Vento di Terra, VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, Vite in Transito
Un appello a cui Globalist aderisce. E rilancia.
Argomenti: Guerra di Gaza