Israele: la sinistra europea a sostegno della rivolta contro i golpisti al governo
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Israele: la sinistra europea a sostegno della rivolta contro i golpisti al governo

Israele, la sinistra europea ha dato segni di vita schierandosi apertamente con la rivolta che da mesi scuote lo Stato ebraico contro il “golpismo giudiziario” del governo di estrema destra.

Israele: la sinistra europea a sostegno della rivolta contro i golpisti al governo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Luglio 2023 - 14.41


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Israele, la sinistra europea ha dato segni di vita schierandosi apertamente con la rivolta che da mesi scuote lo Stato ebraico contro il “golpismo giudiziario” del governo di estrema destra.

Sostegno alla rivolta

Ne dà conto JCall: “Giovedì, diversi leader di partiti socialdemocratici europei hanno firmato una dichiarazione congiunta che condanna la legge di revisione giudiziaria recentemente approvata dal governo israeliano ed esprime il proprio sostegno ai manifestanti pro-democrazia.
La dichiarazione è stata firmata, tra gli altri, da partiti di Ungheria, Francia, Spagna, Olanda, Austria, Italia, Belgio, Cechia e Polonia. La dichiarazione descrive la legge approvata lunedì dalla coalizione di estrema destra del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che impedisce alla Corte Suprema di Israele di giudicare irragionevoli alcune decisioni o nomine del governo, come un “indebolimento della democrazia israeliana”.
“La massiccia opposizione dell’opinione pubblica a questa legislazione per molti mesi è fonte di ispirazione”, si legge nelle dichiarazioni. “Centinaia di migliaia di israeliani stanno lottando per la democrazia nel loro Paese”.
La dichiarazione si conclude con un impegno di solidarietà nei confronti del Partito Laburista Israeliano e dei manifestanti a favore della democrazia. “Prenderemo misure concrete per esprimere le nostre preoccupazioni al governo israeliano attraverso canali bilaterali e multilaterali”, si legge nella dichiarazione.
Contemporaneamente, la leader del Partito Laburista israeliano Merav Michaeli ha parlato con il leader del Partito Laburista del Regno Unito, Keir Starmer. Secondo una fonte a conoscenza della conversazione, Starmer ha espresso il suo sostegno ai manifestanti israeliani a favore della democrazia.
I due hanno anche parlato del rafforzamento dei legami e della futura cooperazione per portare avanti le loro politiche.
“Negli ultimi giorni ho ricevuto telefonate di sostegno dai leader socialdemocratici di tutto il mondo. I buoni amici di Israele sono molto preoccupati per il colpo di stato giudiziario che si sta verificando in [Israele]”, ha detto Michaeli.
I compagni di partito e i socialdemocratici di tutto il mondo, con i quali il Partito Laburista è in continuo contatto, offrono aiuto, conoscenza e soprattutto solidarietà ai movimenti liberali in Israele”. In qualità di leader del Partito Laburista, ritengo estremamente importante rafforzare i legami con i movimenti democratici nel mondo per il bene di un Israele liberale e democratico”.
La lettera di giovedì segue le dichiarazioni rilasciate dall’Unione Europea, dalla Francia, dal Regno Unito e dalla Germania, che si uniscono alle critiche dell’amministrazione Biden e degli alti legislatori americani per l’avanzamento della legislazione. L’amministrazione statunitense ha sottolineato in diverse occasioni il desiderio di vedere un compromesso basato su un ampio consenso in Israele, e questo è stato nuovamente menzionato nella conversazione di martedì tra il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin e il Ministro della Difesa Yoav Gallant. L’amministrazione statunitense segue con preoccupazione la crisi dell’IDF e la possibilità di un deterioramento della preparazione alla guerra.”

Malki porta al Tribunale dell’Aja le prove dell’occupazione illegale israeliana 

Notizie dalla Palestina occupata, con il prezioso contributo della newsletter settimanale curata dall’Ambasciata di Palestina in Italia.

Il 24 luglio, il Ministro degli Affari Esteri e degli Espatriati, Riyad Malki, ha consegnato alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) le osservazioni scritte dalla Palestina per ottenere l’opinione della Corte sulla natura dell’occupazione coloniale israeliana del Territorio Palestinese e sulle conseguenze legali derivanti da tale occupazione. 

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Ciò è avvenuto durante un incontro all’Aja tra il Ministro Malki e il Cancelliere dell’ICJ, Philippe Gautier. Come ha spiegato lo stesso Malki, questa mossa fa parte di una più ampia strategia diplomatica messa in campo dallo Stato di Palestina, volta da un lato a preservare i diritti del popolo palestinese proteggendolo dai crimini di coloro che occupano illegalmente la sua terra; e dall’altro a porre fine all’immunità di cui sembrano godere i responsabili di questi crimini, facendo loro pagare le conseguenze di tali azioni. 

Con prove inconfutabili delle politiche e delle pratiche illegali portate avanti da Israele, la Palestina traccia un quadro molto chiaro dei crimini e delle sofferenze inflitte al popolo palestinese nei decenni successivi alla Nakba, che di fatto non si è mai conclusa. 

“Questi fatti portano alla diretta conclusione che
annessioni di terra palestinese, la discriminazione razziale e l’Apartheid che pratica contro il popolo palestinese, e la sua negazione sistematica dei diritti inalienabili del nostro popolo, compreso il diritto all’autodeterminazione e il diritto al ritorno, sono illegali”, ha spiegato il Ministro Malki. Ciò comporta obblighi legali non solo per Israele, ha precisato Malki, ma per tutti gli Stati e le organizzazioni della comunità internazionale, tenuta ad opporsi a queste azioni illegali e a far sì che l’occupazione israeliana cessi immediatamente e incondizionatamente.
La Lega Araba ha dichiarato di aver presentato una dichiarazione scritta all’ICJ, a sostegno della posizione palestinese. 

Crimini continui

Tre palestinesi sono stati uccisi a sangue freddo martedì 25 luglio, quando le forze di occupazione israeliane hanno fatto fuoco contro il veicolo su cui viaggiavano nel quartiere Al-Tur di Nablus, in Cisgiordania. 

I militari israeliani hanno impedito al personale medico di avvicinarsi alla scena del delitto e hanno poi sequestrato i corpi di Noureddine Tayseer Al-Ardah, 32 anni, Montaser Bahjat Ali Salameh, 33 anni, e Saad Maher Al- Kharraz, 43 anni, trasportandoli in un luogo sconosciuto. Secondo testimoni oculari, le forze israeliane hanno deliberatamente preso di mira le telecamere di sorveglianza presenti nell’area nel tentativo di occultare le prove dell’accaduto, hanno isolato la zona per diverse ore impedendo l’ingresso anche ai giornalisti, e si sono portate via anche l’automobile su cui avevano sparato. 

La Presidenza palestinese ha affermato che l’uccisione dei tre giovani rappresenta un “crimine di guerra”, parte integrante della politica di punizioni collettive a cui è sottoposto l’intero popolo palestinese. Parliamo di uccisioni quotidiane, aggressioni a città e luoghi sacri sia islamici che cristiani, nonché del moltiplicarsi di insediamenti e piani d’annessione volti a una vera e propria pulizia etnica, che, secondo la Presidenza, “non porteranno sicurezza e stabilità a nessuno, perché l’unico modo per raggiungere la pace e la sicurezza è garantire al popolo palestinese i legittimi diritti contenuti nelle norme internazionali”. 

Il governo israeliano è da considerarsi l’unico responsabile dei crimini che si stanno commettendo sia direttamente per mano delle forze di occupazione che attraverso il terrorismo dei coloni che si dispiega sotto gli occhi e con la protezione dell’esercito israeliano. L’impotenza internazionale e il silenzio dell’Amministrazione statunitense non fanno altro che incoraggiare l’occupazione ad andare avanti con i suoi crimini contro il popolo palestinese. Per questo la Presidenza della Palestina chiede un intervento immediato in grado di fermare questa aggressione, che mira a trascinare la regione in un luogo di violenza indiscriminata, tensione permanente e instabilità senza fine. Ne è prova l’irruzione delle forze armate israeliane nel campo profughi di Al-Ain, di nuovo a Nablus, che il 26 luglio è costata la vita a un altro ragazzo, Mohammad Abudul Hakim Nada, di soli 23 anni. 

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Con l’uccisione di Fares Abu Samra, di soli 14 anni, avvenuta a Qalqilya poco dopo, sempre il 26 luglio, diventano 202 i palestinesi uccisi dalle forze di occupazione dall’inizio dell’anno, compresi 37 bambini e 11 donne. 

Questo è estremismo 

Giovedì 27 luglio, le forze di occupazione israeliane hanno impedito ai fedeli musulmani di entrare nella Moschea di Al-Aqsa, nella città occupata di Gerusalemme Est, perché centinaia di coloni ebrei guidati dal Ministro della “Sicurezza” israeliano Itamar Ben-Gvir avevano appena invaso il luogo sacro all’Islam. Chi, nonostante l’intensificarsi di misure proibitive, era riuscito ad entrare nella Moschea e stava già pregando, è stato costretto ad andarsene, per lasciare il via libera ai riti talmudici del Ministro e dei suoi seguaci. 

La Presidenza della Palestina ha condannato queste provocazioni illegali, definendole “un fatto pericoloso” che conferma la natura estremista dell’attuale governo israeliano, responsabile di queste aggressioni come dei recenti incendi appiccati alle città palestinesi e di tutte le uccisioni a sangue freddo a cui stiamo assistendo. 

Le autorità di occupazione saranno costrette a pagare le conseguenze della situazione esplosiva che hanno creato con le loro mani, mentre i loro tentativi di cambiare la realtà storica e giuridica di Gerusalemme sono destinati a fallire. Non a caso il Ministero degli Esteri della Giordania ha voluto ricordare che Israele non ha alcuna sovranità sui luoghi santi di Gerusalemme. Il complesso sacro, che copre un’area totale di quasi 15 ettari, è un luogo di culto esclusivamente musulmano, e il Dipartimento per gli Affari di Gerusalemme e della Moschea Al- Aqsa, il Waqf di giurisdizione giordana, è l’unico organismo intitolato a gestirne il funzionamento. 

Un po’ di numeri 

Al momento, sono circa 14,5 milioni i palestinesi nel mondo. Di questi, circa 5,5 si trovano nello Stato di Palestina, con una leggera prevalenza maschile (2,78 milioni) su quella femminile (2,70). La popolazione della Cisgiordania è stimata sui 3,25 milioni (di cui 1,65 maschi e 1,60 femmine), mentre la popolazione della Striscia di Gaza si aggira sui 2,23 milioni (con 1,13 milioni di maschi e 1,10 milioni di femmine). Questi i dati pubblicati dall’Ufficio Centrale delle Statistiche della Palestina (PCBS) in occasione della Giornata Mondiale della Popolazione, che si celebra ogni anno l’11 luglio. 

In questo stesso periodo, la percentuale di palestinesi tra 0-14 anni costituisce il 37% della popolazione totale, più precisamente il 35% in Cisgiordania e il 40% a Gaza. La percentuale di popolazione anziana (65 anni e oltre) non raggiunge il 4% della popolazione totale, con il 4% in Cisgiordania e il 3% nella Striscia. 

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A capo delle famiglie palestinesi si trovano donne nel 12% dei casi in Cisgiordania e nell’11% nella Striscia di Gaza. Si tratta di famiglie la cui dimensione media è scesa complessivamente a 5 membri  rispetto ai 5,8 del 2007, contando una media di 4,7 persone (rispetto alle 5,5 del 2007) in Cisgiordania, e una di 5,5 (rispetto alle 6,5 del 2007) nella Striscia di Gaza. 

Per quanto riguarda il tasso di analfabetismo dai 15 anni in su, parliamo di un 2,2% della popolazione che riflette un consistente divario di genere, con l’1,1% tra i maschi e il 3,3% tra le femmine. Tuttavia, i dati per l’anno scolastico 2021/2022 mostrano che il tasso di partecipazione all’istruzione prescolastica, pari al 73%, vede una maggiore presenza femminile (78%) rispetto a quella maschile (68%), e che le ragazze rappresentano il 62% del totale degli studenti iscritti agli istituti di istruzione superiore. Le percentuali di successo nel completamento degli studi nei diversi livelli di istruzione nel 2022 vedono poi le femmine raggiungere il traguardo della scuola media nel 97% e quello delle superiori nel 78% dei casi, mentre i maschi solo nel 90% e nel 53% dei casi. 

Il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro è aumentato nel 2022 rispetto al 2021, passando dal 17% al 19% delle donne in età lavorativa, ma quello degli uomini resta ancora molto più alto, crescendo dal 69% al 71%. Gli uomini sono anche meno soggetti alla disoccupazione, con un tasso complessivo del 20% rispetto al 40% delle donne, che diventa del 34% rispetto al 61% delle donne se parliamo di giovani diplomati o laureati tra i 19-29 anni. 

Le donne hanno raggiunto il 48% del totale degli occupati nel settore pubblico, ma vi è un divario significativo tra la percentuale di donne che ricopre il grado di direttore generale o simile (14%), e quella degli uomini di pari grado (86%). Per non parlare del ruolo ancora marginale delle donne nella sfera della politica, se si pensa che alle elezioni locali del 2021-2022 la loro percentuale sul totale degli eletti si è fermata al 21%. Lo stesso vale per la presenza femminile tra i ministri del governo (12%) e tra i governatori, dove solo una donna ricopre questa carica su 15 che ve ne sono. 

Le cose non vanno diversamente nemmeno quando si parla dei ruoli apicali nelle Camere di Commercio, Industria e Agricoltura, affidati nel 99% dei casi a uomini, o dei posti in magistratura, dove le donne oscillano tra il 18% dei giudici e il 19% dei pubblici ministeri.
Cambiando argomento, nell’anno 2022, più del 92% dei nuclei familiari che vivono in Palestina ha dichiarato di avere accesso a Internet in casa o presso parenti (93% in Cisgiordania e 92% nella Striscia di Gaza), mentre la percentuale di individui (dai 10 anni in su) che possiedono un telefono cellulare è del 79% (86% in Cisgiordania e 69% nella Striscia di Gaza), con un divario, anche qui, tra i maschi che lo possiedono nell’83% dei casi e le femmine solo nel il 76%. 

La Palestina e il suo popolo. E noi al loro fianco. 

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