Monsignor Gallagher: "Dal Papa nessun pacifismo vuoto ma non si rassegna alla guerra"
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Monsignor Gallagher: "Dal Papa nessun pacifismo vuoto ma non si rassegna alla guerra"

Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati parla della linea di Francesco sulla guerra

Monsignor Gallagher: "Dal Papa nessun pacifismo vuoto ma non si rassegna alla guerra"
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13 Luglio 2023 - 16.14


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Parole chiare e nette: “I gesti e le parole del Santo Padre non sono espressione di una mera `retorica di pace´, ma di una forte e coraggiosa `profezia di pace´, che sfida la realtà della guerra e la sua presunta ineluttabilità. Questa profezia, però, anziché essere accolta e sostenuta, perché possa trovare più facilmente attuazione, è rifiutata e condannata, con uno spirito che in questo modo si dimostra non meno parziale di quello che si vuole attribuire alla Santa Sede».

È quanto ha lamentato mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, intervenendo alla presentazione del volume di Limes, «Lezioni ucraine», promossa da Infor-Elea. Il «ministro degli Esteri» vaticano ha spiegato di non voler commentare fatti recenti come l’adesione non immediata dell’Ucraina alla Nato o la stessa missione di pace avviata da papa Francesco, ma di voler precisare aspetti che riguardano la linea assunta da Bergoglio sul conflitto.

«È incontestabile – ha ammesso in premessa -, ed è anche onesto riconoscerlo, che `la reazione degli ucraini alle dichiarazioni di Papa Francesco riflette una profonda delusione´. Ciò, infatti, è stato manifestato sia dalle autorità governative ucraine, sia da vari rappresentanti religiosi delle Chiese e delle comunità ecclesiali locali, in alcuni casi anche recentemente», ma, ha proseguito, «le parole e i gesti pubblici del Papa sono dati di fatto e la loro interpretazione può giustamente essere data con libertà e discrezionalità. Tuttavia, interpretarli come `atti di pacifismo vuoto´ ed espressioni del genere teatrale del `pio desiderio´ – ha quasi protestato – non rende giustizia alla visione e alle intenzioni del Papa, che non vuole rassegnarsi alla guerra e si ostina a credere nella pace, invitando tutti a esserne tessitori e artigiani creativi».

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«Ciò che muove Francesco – ha chiarito – non è altro che la volontà di rendere possibile il dialogo e la pace, ispirato dal principio che «la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù». È perciò ingiusto definire i «tentativi del Vaticano inutili quanto dannosi» o qualificare blasfemo «l’anti-americanismo vaticano, simile a quello di una certa sinistra italiana» .

«Il desiderio della Santa Sede – ha detto – non è quello di voler `giocare un ruolo´ nella tragica guerra russa in Ucraina, ma di mostrare concreta vicinanza cristiana a un popolo martoriato e di spendersi per la pace, senza badare troppo al rischio di perdere la faccia». «Certamente, realizzare un cambiamento di prospettiva non è facile, ma nemmeno impossibile. Esso però non è frutto di una miracolosa conversione istantanea, ma di piccoli mutamenti che rendono possibile superare alcuni schemi e aprire la mente e il cuore all’altro».

«È noto che l’invasione dell’Ucraina – ha spiegato Gallagher – non è la conseguenza solo di stime di natura militare e politica, ma anche di una mancanza di giusta considerazione del profondo senso nazionale del popolo ucraino. Aver negato all’altro il riconoscimento della sua identità, ha reso impossibile un dialogo rispettoso, in grado di prevenire gli sviluppi di cui ora tutto il mondo è testimone. Nonostante questa negazione abbia portato a delle conseguenze così tragiche, ciò non dovrebbe portare a fomentare atteggiamenti simili nei confronti del popolo russo, della sua storia e della sua cultura».

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«Affermare la propria identità sulla negazione di quella dell’altro non fa altro che propagare l’inimicizia e rendere precaria qualsiasi pace si intenda raggiungere». «Per questo, la tendenza a giustificare la sfiducia nell’altro deve essere superata da un ancor maggiore impegno a costruire la fiducia reciproca. In questo senso può essere di reale aiuto rafforzare le iniziative umanitarie già esistenti, come quella sullo scambio dei prigionieri di guerra o sull’esportazione dei cereali, e quella sul rimpatrio dei bambini, che il cardinale Matteo Zuppi sta cercando di mettere in atto a seguito della doppia missione svolta a Kyiv e a Mosca», ha concluso.

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