Un papa che vuole ponti con un autocrate che vuole fili spinati: il conflitto nella vicina Ucraina, la situazione dei profughi. L’atteggiamento dell’Europa dinanzi alle attuali emergenze e alla «guerra mondiale a pezzi». La possibile apertura di canali di dialogo per favorire negoziati di pace.
Saranno questi alcuni dei temi al centro del viaggio che, da venerdì 28 a domenica 30 aprile, papa Francesco si appresta a compiere in Ungheria, in particolare nella capitale Budapest, il 41/o del pontificato e il secondo di quest’anno dopo quello in Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. Il Pontefice torna per la seconda volta nel Paese – già visitato due volte da Giovanni Paolo II nel 1991 e nel ’96 – dopo la puntata-lampo del 12 settembre 2021, quando sempre a Budapest celebrò la messa conclusiva del Congresso eucaristico internazionale, prima di proseguire per la Slovacchia. E nonostante sia passato solo un anno e mezzo, la situazione è molto diversa da allora, soprattutto per la guerra russo-ucraina proprio ai confini del Paese e il massiccio arrivo di profughi.
Sarà «un viaggio al centro dell’Europa, sulla quale continuano ad abbattersi gelidi venti di guerra, mentre gli spostamenti di tante persone pongono all’ordine del giorno questioni umanitarie urgenti», ha detto Francesco domenica scorsa al Regina Caeli. E proprio l’incontro con i poveri e i rifugiati, sabato 29 alle 10.15 presso la Chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria, sarà uno dei momenti cruciali della visita: all’interno della chiesa saranno circa 600 persone e un migliaio fuori in Piazza Rozsak. I rifugiati, portati dalla Caritas e altre organizzazioni cattoliche (in Ungheria i cattolici sono la comunità più numerosa, pur col 39% della popolazione), oltre a un gruppo di rom ungheresi, proverranno per lo più dall’Ucraina, quindi da Pakistan, Afghanistan, Iraq, Iran, Nigeria, Sud Sudan.
In una nazione dove, per volere del governo, le frontiere sono chiuse ai migranti della «rotta balcanica», il Papa potrebbe parlare della situazione anche nel colloquio col premier Viktor Orban, venerdì mattina dopo la visita alla presidente della Repubblica Katalin Novak e prima del discorso alle autorità del Paese. Con Orban, con cui si confronterà anche la delegazione vaticana guidata dal segretario di Stato card. Pietro Parolin, cruciale sarà anche la ricerca della pace in Ucraina, considerando che il premier magiaro è tra le personalità europee più vicine alla Russia di Vladimir Putin. Non è facile azzardare che questo appuntamento di Budapest possa rappresentare un `ponte´ per la riapertura del dialogo tra la Santa sede e Mosca, ma il tema sarà senz’altro sul tappeto.
Tra l’altro, in questa sorta di diplomazia `triangolare´ percorsa dal Papa, proprio domani mattina, alla vigilia del viaggio, Francesco riceverà in Vaticano il primo ministro dell’Ucraina, Denys Shmyhal, oggi impegnato a Roma nella Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione dell’Ucraina. «Non dimentichiamo di pregare per la martoriata Ucraina», ha ripetuto oggi per l’ennesima volta papa Francesco alla fine dell’udienza generale, prima di recarsi a Santa Maria Maggiore per affidare il suo viaggio alla Vergine pregando davanti all’icona `Salus populi romani´. Intanto, anche nei due giorni di lavori del Papa con il Consiglio dei Cardinali di lunedì e di ieri, «al centro della conversazione le situazioni di guerra e di conflitto in cui si trovano molte parti del mondo e la necessità di un lavoro unitario di costruzione della pace da parte di tutta la Chiesa», ha riferito la Sala stampa della Santa Sede.
Gli altri appuntamenti dei tre giorni del Papa in Ungheria, saranno venerdì l’incontro con i vescovi e il clero nella Concattedrale di Santo Stefano; sabato la visita ai bambini ipovedenti e disabili di un istituto cattolico, quella alla comunità greco-cattolica, l’incontro con i giovani nella «Sportarena» e quello privato con i confratelli gesuiti; domenica, infine, la messa nella Piazza Kossuth Lajos e l’incontro col mondo universitario e della cultura all’Ateneo Cattolico «Pazmany».
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