Nella conversazione che ha avuto in Congo con i gesuiti che lì lavorano papa Francesco ha detto, come riferito sull’ultimo numero de La Civiltà Cattolica che insieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli, massima autorità del mondo ortodosso, stanno lavorando all’idea di trovare una data comune per tutti i cristiani per la celebrazione della Pasqua. Dunque dopo cinque secoli, quelli che ci separano da quando l’introduzione del calendario gregoriano ha differenziato anche la data della celebrazione pasquale, tutti i cristiani potrebbero riuscire a trovare una data comune per ricordare la risurrezione di Gesù. Sarebbe un fatto di importanza straordinaria e per riuscirci si sta pensando a riunire tutti i capi delle Chiese cristiane, o almeno così sembra. Infatti nella conversazione alla quale si fa riferimento il papa, visto che nel 2025 la data della pasqua coinciderà occasionalmente sia per chi segue il calendario gregoriano sia per chi segue il calendario giuliano, come i paesi dell’Europa orientale e le Chiese ortodosse, il papa ha detto: “ Sì, stiamo preparando un incontro per il 2025. Con il patriarca Bartolomeo vogliamo arrivare a un accordo per la data della Pasqua, che proprio in quell’anno coincide. Vediamo se così possiamo accordarci per il futuro. E vogliamo celebrare questo Concilio come fratelli. Ci stiamo preparando”.
Questo Concilio del quale il papa parla sembra proprio un incontro ecumenico, sinodale, che potrebbe coinvolgere con lui e Sua Beatitudine Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, gli altri capi delle Chiese. Chi scrive non sa più di questo ma appare evidente il rimando al primo Concilio, quello di Gerusalemme, nel quale si trovò l’intesa tra la linea della Chiesa di Gerusalemme e quella proposta da San Paolo.
Per il papa che sta facendo di tutto per dare una dimensione sinodale alla Chiesa cattolica, il riferimento al Concilio è molto importante nella prospettiva di un incontro da definire tra tutti i cristiani, per unire nel rispetto delle diverse specificità.
Se teniamo conto del momento storico in cui siamo, l’incontro tra Chiese che oggi si trovano in Paesi coinvolti in conflitti acquista una dimensione politica e culturale di ancor maggior rilievo. A questo mondo fratturato le Chiese, senza più la pretese di annessione o uniformazione da parte di qualcuno, renderebbero l’esempio di come unirsi nella diversità, nel suo rispetto e forse addirittura nella valorizzazione di queste diversità.
Ecco allora che mi sembra bella proporre al papa e al patriarca Bartolomeo: non si potrebbe inserire nel programma del 2025 una visita ad Antiochia? Antiochia oggi è dimenticata prima che distrutta del sisma, ma è qui che trovano origine e identità la Chiesa ortodossa siriaca, la Chiesa siriaca giacobita, la Chiesa maronita, la Chiesa cattolica sira, la Chiesa malankarese, ortodossa e cattolica.
Antiochia è il luogo dove per la prima volta i credenti in Gesù sono stati chiamati cristiani, è una delle sede patriarcali più importanti della cristianità, comune a cattolici e ortodossi di tante Chiese del Levante. Ma oggi Antiochia è stata distrutta di terremoto. Le testimonianze ci dicono che non c’è più pietra su pietra in questa dimenticata cittadina turca.
La storia racconta che un sisma di pari gravità devastò Antiochia nel 115 dopo Cristo. Ma la presenza ad Antiochia dell’imperatore romano Traiano, e di suo figlio Adriano, proprio in quella circostanza, visto che entrambi riuscirono a salvarsi, facilitò la ricostruzione di Antiochia. Quasi tutti i mosaici di Antiochia sono successivi al terremoto.
Chi vuole avere un futuro sa che è importante avere un passato e questo per i cristiano dell’Oriente arabo non si chiama soltanto Gerusalemme, ma anche Antiochia. L’annuncio di una visita, tra due anni, ad Antiochia, del papa e degli altri capi delle Chiese cristiane non sarà del peso della presenza di Traiano e Adriano, ma per il Mediterraneo fratturato e il suo cristianesimo che annaspa alla ricerca di un volto comune potrebbe essere ancor più importante.
Dimenticata dagli uomini anche prima del terremoto, oggi Antiochia – in territorio turco- parla di una radice cristiana che non riguarda direttamente l’Anatolia, rappresentata dal patriarcato di Costantinopoli, mal certamente a Siria, il Libano, l’Iraq, addirittura l’India. Le Chiese di Antiochia sono soprattutto le Chiese del Levante, il vero patrimonio mediterraneo, la forza da riproporre, visto che il Levante è nel suo insieme un messaggio culturale tanto enorme quanto morente.
I cristiani del Levante, come gli altri cristiani orientali ma più di loro, rischiano di non avere futuro. La loro estinzione sarebbe l’estinzione del Levante. Riscoprire nel momento della distruzione il proprio passato potrebbe essere di enorme aiuto per ripartire insieme ai loro fratelli in popolazioni che onestamente sembrano prive tutte insieme di una prospettiva futura. Oggi Antiochia è in Turchia, uno Stato che esiste ma in profonda crisi, dove tantissimi – non soltanto i curdi- non si sentono cittadini. Ma Antiochia è il simbolo cristiano del Levante e Siria, Libano e Iraq sono tre stati falliti, nessuno lì sente davvero cittadino; Antiochia in macerie parla dunque, in un modo o nell’altro, a tutti i levantini. Sarebbe bello se Francesco e Bartolomeo proponessero durante l’incontro del 2025 una sosta, anche di poche ore, ad Antiochia. Se il Mediterraneo ritrovasse il Levante ritroverebbe se stesso.
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