Amnesty International: un manifesto da assumere, una campagna d'odio da respingere
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Amnesty International: un manifesto da assumere, una campagna d'odio da respingere

Dieci punti per affermare che “Sui diritti umani non si torna indietro ma si deve andare avanti

Amnesty International: un manifesto da assumere, una campagna d'odio da respingere
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10 Agosto 2022 - 17.20


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Dieci punti che qualificano un campo democratico, progressista, di sinistra. Dieci punti per affermare che “Sui diritti umani non si torna indietro ma si deve andare avanti”. E’ il manifesto di Amnesty International Italia per le elezioni del 25 settembre.

I diritti non si negoziano

Il 4 agosto, Amnesty International Italia ha reso noto il suo manifesto in dieci punti, che intende sottoporre ai leader e alle leader delle coalizioni e dei partiti che si presenteranno alle elezioni del 25 settembre affinché aderiscano e s’impegnino ad attuarlo.

“In un contesto europeo e mondiale di forte incertezza, tra pandemia, conflitti e instabilità economica, la politica italiana non può permettersi scelte strategiche che perdano di vista i diritti umani, si legge nella premessa al manifesto.

“L’esito delle elezioni del 25 settembre determinerà la strada dei diritti umani nei prossimi anni. Vogliamo un governo e un parlamento formati da persone impegnate a sostenere e promuovere i diritti umani sia in ambito nazionale che estero e che non facciano passi indietro su tortura, aborto, unioni civili e su tutte le altre leggi che garantiscono la tutela dei diritti umani.  Abbiamo bisogno di istituzioni libere da discorsi di odio e divisioni, impegnate a lottare contro tutte le forme di discriminazione e a garantire le libertà fondamentali. Sui diritti umani non si torna indietro ma si deve andare avanti”, prosegue il manifesto.

Questi i dieci punti del manifesto:

  1. Promuovere i diritti economici e sociali, inclusi il diritto alla salute, al lavoro, alla sicurezza sociale e a un alloggio adeguato
  2. Tutelare i diritti sessuali e riproduttivi delle donne sostenendo la diffusione della cultura del consenso e l’adeguamento del codice penale italiano al diritto internazionale e garantendo servizi sanitari appropriati e accessibili
  3. Istituire strumenti efficaci per contrastare l’abilismo, la misoginia e gli atti discriminatori nei confronti della comunità Lgbtqia+
  4. Riformare la legge n. 91/1992 sull’acquisizione della cittadinanza
  5. Adottare misure positive per prevenire e combattere la profilazione razziale ed etnica e le forme di discriminazione correlate
  6. Rispettare il diritto alla libertà di riunione pacifica, porre fine alla criminalizzazione di chi manifesta, all’uso illegale della forza e delle armi meno letali da parte delle forze di polizia e all’uso della sorveglianza di massa illegale e mirata
  7. Tutelare le persone che necessitano di protezione, abolire il Memorandum di cooperazione con la Libia, fermare la discriminazione e la criminalizzazione dei migranti e delle persone e delle organizzazioni che li assistono
  8. Porre le persone e i diritti umani al centro del dibattito sul cambiamento climatico, tramite un impegno concreto per la riduzione dei gas serra, azioni per il contenimento dell’aumento della temperatura globale di oltre 1,5 °C e l’imposizione di misure di tutela conformi al rispetto dei diritti umani
  9. Assicurare giustizia e rispetto dei diritti umani nell’ambito delle crisi internazionali ponendo al centro dell’agenda di politica estera la salvaguardia delle popolazioni civili nelle zone di conflitto
  10. Creare un’autorità nazionale indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani.

Dieci punti qualificanti. E’ l’”Agenda D” di Amnesty. L’Agenda dei Diritti.

Liberi da condizionamenti.

E’ la forza di Amnesty International: essere da una parte sola: quella della difesa dei diritti umani. Senza fare sconti a nessuno. Il che non vuol dire non saper distinguere tra aggredito e aggressore, tra chi occupa e chi è sotto occupazione. Così in Palestina. Così in Ucraina. Ma essere dalla parte dell’aggredito non significa chiudere gli occhi su comportamenti che contrastano con il rispetto dei diritti umani anche in una situazione di guerra.

Noi di Globalist stiamo con Amnesty International, senza se e senza ma. E non per fideismo, ma perché sappiamo come AI lavora. Ecco perché rilanciamo la nota dell’organizzazione umanitaria: “Amnesty International è profondamente rammaricata per le reazioni di rabbia e sgomento suscitate dal comunicato stampa del 4 agosto circa le tattiche di guerra delle forze ucraine. Dal febbraio 2022, quando è iniziata l’invasione russa, Amnesty International ha documentato col massimo rigore e ha denunciato i crimini di guerra e le altre violazioni del diritto internazionale umanitario commesse in Ucraina. Abbiamo incontrato centinaia di vittime e sopravvissuti, le cui testimonianze hanno messo in luce la brutale realtà della guerra di aggressione della Russia. Abbiamo chiesto al mondo intero di dimostrare solidarietà alla popolazione ucraina nel modo più concreto e continueremo a farlo.

La priorità di Amnesty International in questo, come in ogni altro conflitto, è la protezione dei civili: questo era dunque il nostro unico obiettivo quando abbiamo reso nota l’ultima ricerca, di cui confermiamo in pieno le conclusioni .Nel rammaricarci per il dolore causato, vogliamo chiarire alcuni aspetti di grande importanza.

Nel nostro comunicato stampa abbiamo dichiarato che in tutte le 19 località visitate abbiamo trovato prove della presenza di forze ucraine vicino ai civili, che dunque venivano potenzialmente messi in pericolo dal fuoco russo. Abbiamo fatto questa dichiarazione basandoci sulle norme del diritto internazionale umanitario, che chiedono a tutte le parti in conflitto di fare il massimo possibile per evitare di collocare obiettivi militari all’interno o nei pressi di luoghi densamente abitati. Le norme di guerra esistono anche per proteggere i civili ed è per questo motivo che Amnesty International sollecita i governi a rispettarle. Questo non significa che Amnesty International ritenga le forze ucraine responsabili delle violazioni commesse dalle forze russe, né che l’esercito ucraino non stia prendendo precauzioni adeguate in altre zone del paese.

Vogliamo essere molto chiari: nulla di ciò che abbiamo documentato rispetto alle forze ucraine può in qualsiasi modo giustificare le violazioni russe. La Russia è l’unica responsabile delle violazioni commesse contro la popolazione civile ucraina.  Il lavoro di Amnesty International degli ultimi sei mesi, fatto di rapporti e altra documentazione sui crimini di guerra e su altre violazioni del diritto internazionale umanitario da parte della Russia, riflette la dimensione e la gravità dell’impatto di queste azioni sui civili ucraini.  Il 29 luglio abbiamo scritto al governo ucraino, fornendo le coordinate Gps e altre informazioni sensibili sui luoghi, compresi ospedali e scuole, in cui avevamo documentato la presenza di forze ucraine in mezzo ai civili. Non abbiamo inserito queste informazioni nel comunicato stampa, per tutelare la sicurezza tanto dei soldati quanto dei civili ucraini. Non è compito di Amnesty International impartire all’esercito ucraino istruzioni su come debba operare. Il nostro compito è quello di chiedere alle autorità competenti di rispettare pienamente gli obblighi del diritto internazionale umanitario.   La priorità di Amnesty International sarà sempre quella di assicurare che le vite e i diritti umani dei civili siano garantiti durante i conflitti”.

Più chiaro di così. 

Eppure…Eppure Per il filosofo Bernard Henri Levy è “come accusare la resistenza francese di aver combattuto nelle strade di Parigi nell’agosto del 1944. È un mix di stupidità e di cinismo. Vuol dire fare il gioco di Putin”. L’inviato di guerra del Corriere Lorenzo Cremonesi, a lungo in Ucraina durante questa guerra, ha scritto il 7 agosto un editoriale con titolo chiarissimo: “Sull’Ucraina Amnesty ha sbagliato”. Il giornalista Cristiano Tinazzi, anche lui in Ucraina a lungo in questi mesi, ha scritto un thread su Twitter per spiegare gli errori del comunicato di Amnesty. Ma l’editoriale più duro è forse quello del prestigioso The Times: “La visione del Times sul rapporto di Amnesty International sull’Ucraina: propagandisti di Putin”.

E qui è il punto: “propagandisti di Putin”, “fate il gioco di Putin”.  In questi cinque mesi e mezzo di guerra, l’elenco dei “propagandisti di Putin” si è fatto sempre più corposo. Chiunque abbia osato porre interrogativi sulle dinamiche della guerra, sulle strategie politico-militari degli attori esterni, è stato subito additato come filo-Putin. Il fango è stato gettato in faccia a studiosi di geopolitica di specchiata professionalità – come il direttore di Limes. Lucio Caracciolo – a l’intero movimento pacifista. E solo per pudore, o per mancanza di coraggio, non hanno messo sotto accusa il Papa. Così non va. Perché affermare che in questa guerra è chiaro chi è l’aggredito, l’Ucraina, e chi l’aggressore, la Russia, non significa che tutto quello che fa l’aggredito è giustificabile. Sull’Ucraina Amnesty ha sbagliato? Può essere. Così come non va minimizzata la decisione della responsabile ucraina dell’organizzazione, Oksana Pokalchu di dimettersi: “Se non vivi in un paese occupato da invasori che lo stanno facendo a pezzi, probabilmente non capisci cosa significhi condannare un esercito di difensori”, ha commentato.

Ma se anche fosse così, la campagna d’odio scatenata contro AI è inaccettabile e per certi versi pretestuosa. Si potrebbe aggiungere che attaccare Amnesty è fare il gioco di tutti i dittatori che spopolano nel mondo e che Amnesty International ha sempre inchiodato alle loro responsabilità, documentandone puntigliosamente i crimini, gli abusi. Putin compreso. Ma sarebbe cadere nella trappola di chi crede di avere sempre la verità in tasca, salvo poi applicare quella “verità” a corrente alternata e a seconda delle proprie simpatie che col principio di difendere i diritti umani ovunque essi vengono calpestati non hanno nulla ha a che fare. Quanto poi alla resistenza anti nazista, scomodata da Henri Levy, fossimo in lui ci penseremmo cento volte prima di evocarla. Che gli aggressori siano i russi, su questo non ci piove. Ma dipingere l’intera resistenza ucraina come composta, tutta, da sinceri democratici e immacolati antifascisti, beh, questo è tutt’altro discorso. E’ di oggi la notizia di un italiano che prestava i suoi servigi da mercenario in Ucraino. E’ di Casa Pound.

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