Orban, il nuovo Goebbels: dall'Ungheria a Israele il razzismo viaggia sulle ali dell'estrema destra
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Orban, il nuovo Goebbels: dall'Ungheria a Israele il razzismo viaggia sulle ali dell'estrema destra

Il premier ungherese Orban ha parlato della difesa della razza ungherese. Ma anche in Israele la destra lavora per leggi xenofobe se non razziste

Orban, il nuovo Goebbels: dall'Ungheria a Israele il razzismo viaggia sulle ali dell'estrema destra
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

27 Luglio 2022 - 14.35


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Dall’Ungheria a Israele: il razzismo viaggia sulle ali dell’estrema destra. 

Ne dà conto, su Haaretz, una delle firme storiche del giornalismo israeliano: Zvi Bar’el.

Annota Bar’el: “Noi [ungheresi] non siamo una razza mista e non vogliamo diventarlo”, ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban in un discorso tenuto lo scorso fine settimana presso un’università rumena nella provincia della Transilvania, che ha una vasta popolazione di etnia ungherese. “La migrazione ha diviso l’Europa in due – o potrei dire che ha diviso l’Occidente in due. Una metà è un mondo in cui convivono popoli europei e non europei. Questi Paesi non sono più nazioni: Non sono altro che un conglomerato di popoli”, ha dichiarato il leader che ha governato il suo Paese negli ultimi 12 anni e che ha frequentato per un anno l’Università di Oxford.

Per un attimo è sembrato che non fosse Orban a esporre la sua teoria razziale con una semplicità così agghiacciante, ma che fosse un plagio dei politici israeliani per i quali il razzismo è il loro credo. Questo non vale solo per i partiti della “nazione pura” e della “salvezza della razza”.

Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir non hanno il monopolio del marchio del razzismo, ma il loro razzismo diretto ed esplicito, di cui vanno tanto fieri, fornisce un ombrello di nobiltà liberale a tutti coloro che non sono loro. Quando Benny Gantz e Yair Lapid parlano degli “estremisti” con i quali si rifiuteranno di far parte di una futura coalizione di governo, sottintendono che, rispetto al Sionismo Religioso e a Otzma Yehudit, le fila di Yesh Atid, Kahol Lavan, Nuova Speranza e naturalmente Yamina, insieme ad altri partiti “legittimi”, sono libere dalla macchia del razzismo. Ma questo paragone è distorto e mendace. Il razzismo non è relativo. Un “piccolo razzismo” è razzismo. Dopo tutto, la stessa coalizione incontaminata di cui fanno parte ha alzato le mani per votare la legge discriminatoria sullo Stato-nazione. I suoi ministri danno la caccia ai richiedenti asilo e non si sono opposti alle decisioni del suo ministro degli Interni, Ayelet Shaked. È stata la Shaked, e non Smotrich o Ben-Gvir, a riportare in vita il termine “Pale of Settlement” quando ha stabilito che i richiedenti asilo provenienti dall’Ucraina potranno svolgere solo un numero limitato di lavori in 17 città israeliane. Questo regolamento si applicherà a tutti gli altri richiedenti asilo a partire da ottobre. Secondo i termini del regolamento, coloro che violeranno la regola osando impiegare lavoratori stranieri in lavori che non raschino il fondo del barile dovranno affrontare pesanti sanzioni. E qual è la prossima tappa? Forse la marcatura delle imprese che impiegano lavoratori stranieri in violazione della legge, o il ripristino del centro di detenzione di Holot?

La tranquillità con cui è stata accolta questa “procedura” distorta – presentata dalla Shaked per ingannare l’Alta Corte di Giustizia – dimostra quanto si sia diffusa la metastasi del razzismo. Nessun membro della Knesset ha avuto paura di essere contagiato dallo smotrichismo. Dopo tutto, è stata la Shaked – una delle nostre fila – a concepire e a far nascere il mostro. E non è la sola.

La legge sulla cittadinanza presentata da Shaked e dalla parlamentare Simcha Rothman (Sionismo religioso), che impedisce il ricongiungimento di 1.680 famiglie palestinesi e israeliane, è stata sostenuta da 45 MK, ovvero più di sette volte il numero di seggi conquistati da Yamina alle ultime elezioni. Per inciso, agli occhi del suo partner ideologico, Shaked non è degna di una medaglia al razzismo. In un’intervista rilasciata al sito web sionista religioso Srugim circa tre settimane fa, Rothman ha chiarito che “chi ha votato per un partito guidato da qualcuno che ha fatto affari con Mansour Abbas e che in una fase successiva farà affari con la Lista Araba Congiunta è già nel blocco di sinistra. Non credo che nessuna persona di destra che si rispetti voterà per Ayelet Shaked”. Il sionismo religioso sa come rintracciare questi impostori razzisti e lanciare avvertimenti contro di loro. Dopotutto, il razzismo è una risorsa elettorale e non si può permettere che i razzisti di destra o i liberali di sinistra dal cuore tenero rubino il marchio.

Quando Viktor Orban è stato eletto presidente del suo partito, Fidesz, nel 1993, era un classico partito liberale che si posizionava a destra del centro. Nel giro di pochi anni, sotto la sua guida, di Orban si è trasformato in un partito di destra radicale e razzista che si oppone ai diritti LGBTQ e alla “tendenza di genere”, nonché ai lavoratori e ai residenti stranieri. Questo processo non è avvenuto nell’ombra né ha richiesto ricerche approfondite per essere svelato. Tutto era alla luce del sole.

Le impressionanti vittorie politiche di Orban hanno dimostrato che il razzismo è una potente leva politica. In Israele, il processo è stato ancora più rapido. Per sopravvivere, i partiti di sinistra devono fare i conti con il centro. I partiti di centro devono indossare un velo di destra e i partiti di destra sono già in competizione con i partiti della “nazione pura” per il trofeo del razzismo. Estremisti? Non tra noi”.

Così Bar’el

“Come Goebbels”

Il controverso discorso Viktor Orban sul “miscuglio di razze” continua a generare polemiche e reazioni. L’ultima degna di nota è quella di Zsuzsa Hegedus, una dei consiglieri da più tempo a fianco del premier ungherese, amica del primo ministro dal 2002 nonché sua fedelissima. Hegedus si è dimessa dall’incarico di consigliere del premier per protestare contro “il discorso puramente nazista” pronunciato da Orban che era, a detta dell’ex fedelissima, “degno di Goebbels”. Nella sua lettera di dimissioni, l’ex consigliere ha affermato di essersi sentita sempre più a disagio a causa della “svolta illiberale” del politico magiaro negli ultimi anni. Il leader di Fidesz ha fatto della retorica contro i migranti e le minoranze una parte fondamentale del suo programma di governo da oltre cinque anni, con toni che richiamano spesso a quelli usati dall’estrema destra. Ma il suo discorso di sabato – in cui si è espresso contro il “miscuglio razziale” – ha fatto infuriare anche il membro del suo staff. Nel suo discorso, pronunciato in Romania, Orban ha dichiarato che “noi [ungheresi] non siamo una razza mista, e non vogliamo diventare una razza mista”, aggiungendo che i Paesi in cui si mescolano le razze “non sono più nazioni”. Orban ha quindi affermato che l’Occidente sta combattendo contro l’Europa centrale insieme a Bruxelles e alle “truppe” del finanziere George Soros per “costringerci ad accogliere i migranti”. Il premier ha affermato che la sfida più grande per il Paese magiaro è rappresentata dal fatto che i decessi continuano a superare le nascite, senza che si intraveda un ritorno alla crescita demografica. “La nostra situazione è migliorata ma non c’è ancora un’inversione di tendenza senza la quale l’Ungheria e il bacino dei Carpazi saranno prima o poi ‘ripopolati’ lontano da noi”, ha affermato. “Siamo disposti a mescolarci gli uni con gli altri, ma non vogliamo diventare popoli di razza mista”, è stata la frase più controversa. “Mi dispiace sinceramente – ha affermato Hegedus – che una posizione così vergognosa mi abbia costretto a interrompere la nostra relazione”. L’ufficio di Orban ha quindi pubblicato la risposta del premier a Hegedus in cui ha accettato le sue dimissioni, ma ha negato le accuse rivolte. “Non puoi essere seria nell’accusarmi di razzismo dopo vent’anni di lavoro insieme. Sai meglio di chiunque altro che in Ungheria il mio governo segue una politica di tolleranza zero sia sull’antisemitismo che sul razzismo”, ha scritto Orban nel tentativo di rispondere agli attacchi.

Una “democratura” nel cuore dell’Europa

Dal Rapporto 2021-2022 di Amnesty International sullo stato dei diritti umani nel mondo. Capitolo ungherese.

Persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

A giugno, l’Ungheria ha adottato una legge omofobica e transfobica, che ha vietato l’accesso ai minori di 18 anni a materiale che promuove o ritrae “la divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita… o l’omosessualità”. La nuova legge violava i diritti alla libertà d’espressione, alla non discriminazione e all’istruzione1. A luglio, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Ungheria.

Donne

Il governo era ancora riluttante a ratificare la Convenzione di Istanbul, che aveva sottoscritto nel 2014, sostenendo che la Convenzione promuoveva “l’ideologia di genere” e la “migrazione illegale”2.

Le donne hanno continuato a subire una diffusa discriminazione di genere. Molte politiche e comunicazioni governative hanno attivamente rafforzato gli stereotipi di genere, promuovendo i ruoli domestici delle donne e minimizzando l’importanza dell’uguaglianza di genere.

La riluttanza dei datori di lavoro a fornire modalità di lavoro flessibili, combinata con la tradizionale assegnazione di compiti di cura all’interno della famiglia alle donne, ha esacerbato l’impatto negativo della pandemia da Covid-19 sulla parità di genere.

Rom

È perdurata la discriminazione nei confronti dei rom. I bambini provenienti da famiglie rom che vivono in povertà hanno continuato a essere separati dalle loro famiglie e affidati a cure statali a lungo termine, anche se questa pratica è vietata dalla legge ungherese sulla protezione dei minori.

Il Gruppo di lavoro del Consiglio per i diritti umani, che si è riunito dal 1° al 12 novembre, si è detto preoccupato per la diffusione di discorsi di odio razzista contro i rom e altre minoranze e per i crimini d’odio.

Diritti di rifugiati e migranti

A gennaio, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) ha sospeso le operazioni in Ungheria, dopo che il governo non ha tenuto conto di una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del dicembre 2020, sfavorevole alla sua legislazione e alle sue pratiche in materia di asilo. La Corte aveva stabilito che i respingimenti su larga scala introdotti dalla legge nel 2016 violavano l’obbligo dell’Ungheria di garantire ai richiedenti asilo un accesso effettivo alla protezione internazionale. Nel 2021 si sono verificati oltre 71.000 respingimenti al confine serbo-ungherese.

A marzo, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che trattenere i richiedenti asilo in aree note come “zone di transito” corrispondeva a detenzione illegale. Il caso riguardava una famiglia iraniano-afgana di cinque persone (tra cui una madre incinta e tre minori), detenute nella zona di transito della città di Röszke in condizioni inadatte, senza cibo o cure mediche adeguate, circostanza che equivaleva a un trattamento disumano e degradante. Questa situazione, combinata con la mancanza di una base legale per la detenzione e con la sua durata, equivaleva anche a detenzione illegale. Dopo un primo rigetto della loro domanda di asilo, ai richiedenti era stata concessa la protezione sussidiaria.

A luglio, la Corte europea dei diritti umani si è pronunciata per la prima volta sui respingimenti nel caso Shahzad vs. Ungheria, relativo al diniego di accesso alla procedura di asilo e all’espulsione violenta di un cittadino pakistano da parte di agenti di polizia ungheresi nel 2016. La Corte ha ritenuto che l’Ungheria avesse violato il divieto di espulsione di massa e il diritto a un rimedio effettivo. Tale pratica tuttavia è continuata.

Libertà d’espressione, associazione e riunione

La legge sulla “trasparenza delle organizzazioni della società civile in grado di influenzare la vita pubblica” (la nuova LexNgo) è entrata in vigore il 1° luglio, portando a un ulteriore controllo e stigmatizzazione delle Ong. La nuova legge era necessaria per una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del giugno 2020, secondo cui la legge del 2017 sulla trasparenza delle Ong introduceva restrizioni discriminatorie e ingiustificate alla libertà di associazione. Tuttavia, pur abrogando la legge precedente, il parlamento ha introdotto nuovi regolamenti che ancora una volta hanno indebitamente limitato il diritto alla libertà di associazione. La legge ha prescritto audit annuali delle Ong, il cui patrimonio totale superava i 20 milioni di fiorini ungheresi (55.000 euro). Le Ong hanno espresso preoccupazione per il fatto che queste nuove disposizioni potrebbero portare ad audit arbitrariamente selettivi e intimidatori da parte delle autorità.

Nella sua decisione del 16 novembre 2021 sulla LexNGO 2018 (“Stop Soros”), la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che l’Ungheria aveva violato sia le direttive Ue sulle procedure che quelle sull’accoglienza, introducendo un motivo di inammissibilità per respingere quasi automaticamente le domande di asilo di coloro che arrivano in Ungheria attraverso un “paese di transito sicuro”. La Corte ha anche rilevato che l’Ungheria ha illegalmente criminalizzato le attività di coloro che hanno fornito assistenza ai richiedenti asilo.

 Orban non è isolato. Non lo è in Europa e neanche in Israele. L’autocrate magiaro era considerato un punto di riferimento in Europa da Donald Trump. E a Orban guardano con dichiarata ammirazione Giorgia Meloni e Matteo Salvini. C’è da tremare.

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