L'Ucraina nell'Unione europea: diritti ma anche doveri
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L'Ucraina nell'Unione europea: diritti ma anche doveri

Kiev con la Ue. Non come risarcimento di guerra, ma come un investimento sul futuro. Il futuro di un Paese non solo in pace ma fortemente strutturato sul piano democratico.

L'Ucraina nell'Unione europea: diritti ma anche doveri
Ursula von der Leyen e Volodymyr Zelenskyy
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1 Luglio 2022 - 17.58


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Entrare nell’Unione europea dalla porta principale. Non come risarcimento di guerra, ma come un investimento sul futuro. Il futuro di un Paese non solo in pace ma fortemente strutturato sul piano democratico. E’ la doppia scommessa di Kiev e di Bruxelles. Diritti e doveri. Per ambedue i contraenti.

Una doppia scommessa

A delineare i tratti di questa doppia scommessa è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.  “C’è una lunga strada da percorrere ma l’Europa sarà al vostro fianco ogni passo del cammino, fino al momento che attraverserete la porta che conduce nella nostra Unione europea”, ha affermato  la presidente della Commissione Ue  parlando in video collegamento alla Rada ucraina, il Parlamento ucraino, dopo la concessione dello status di candidato a Kiev. Von der Leyen si è soffermata sulla necessità per Kiev di attuare delle riforme e ha invitato Ucraina “a concentrarsi sulla legge anti-oligarchi”. L’Ucraina è uno dei paesi con il più alto tasso di corruzione in Europa e carenze rispetto agli standard europei emergono anche in fatto di tutela dei diritti umani e rispetto dei diritti umani, in particolar modo per quanto riguarda le comunità Lgbtqi. Secondo i rapporti della stessa Commissione europea, manca una vera strategia per la lotta alla criminalità organizzata, mentre i principali media nazionali sono concentrati nelle mani di un ristretto gruppo di editori. 

“Intraprendete la lotta contro la corruzione. Prevenire e combattere la corruzione è stato particolarmente in cima alla vostra agenda dalla Rivoluzione della Dignità. Avete creato un’impressionante macchina anticorruzione. Ma ora queste istituzioni hanno bisogno di denti, e le persone giuste negli incarichi di alto livello. Il nuovo capo della Procura Specializzata Anticorruzione e il nuovo direttore dell’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina dovrebbero essere nominati appena possibile“, ha continuato la presidente della Commissione. “Le riforme richiedono sempre tempo. È così che tutta la nostrademocrazia funziona. Hanno bisogno di impegno e dedizione costanti. Per esempio, nessuno si aspetta che l’Ucraina riempia tutti i posti nelle nuove istituzioni mentre tanti della vostra generazione migliore e più brillante stanno combattendo al fronte. Ma la democrazia ucraina deve essere mantenuta sulla strada giusta. Avete già mostrato che potete approvare leggi importanti anche se la guerra infuria ancora, e fate contare ogni giorno”, ha aggiunto von der Leyen. “Oggi la comunità internazionale si sta mobilitando per sostenere i vostri sforzi per ricostruire il vostro bellissimo Paese. Lunedì prossimo, insieme al presidente Zelensky e al primo ministro Shmyhal, parteciperò alla conferenza di Lugano per la ricostruzione dell’Ucraina. Il vostro percorso europeo e la ricostruzione del Paese andranno di pari passo”, ha detto ancora von der Leyen concludendo che “Dovranno essere effettuati ingenti investimenti dovranno arrivare. Ma per massimizzare il loro impatto e per promuovere la fiducia delle imprese, investimenti dovranno essere accompagnati da una nuova ondata di riforme”, ha spiegato la numero uno dell’esecutivo europeo. “L’esercito di Putin sta ancora uccidendo i vostri fratelli e sorelle. Continua a occupare la vostra terra, a rubare il vostro grano e a bombardare le vostre città. Voi state reagendo con coraggio e l’Europa sarà al fianco dell’Ucraina fino a quando sarà necessario. Non ci fermeremo finché non prevarrete”, ha concluso la presidente.

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Quelle libertà amputate

A indicarle, nel Rapporto 2021-2022 sullo stato dei diritti nel mondo, è Amnesty International. Ne riportiamo di seguito alcuni capitoli. 

Tortura e altri maltrattamenti

Sono stati segnalati alcuni progressi nei procedimenti giudiziari relativi alle morti durante le proteste di EuroMaydan nel 2014, tra cui il processo di diversi tituški (agenti che lavorano per la polizia) e di una manciata di ex agenti di polizia (alcuni processati in contumacia). Tuttavia, la giustizia è rimasta un miraggio per la maggior parte delle vittime di abusi della polizia durante questi eventi. L’impunità per la tortura e altri maltrattamenti in generale ha continuato a essere endemica. Le indagini su denunce più recenti sono state lente e spesso inefficaci. La procura generale ha riferito di aver aperto, da gennaio a dicembre, 79 nuovi casi di presunta tortura e 1.918 di presunto abuso di autorità da parte di agenti delle forze di sicurezza, che hanno portato all’incriminazione di 51 persone.

A gennaio, due giovani sono stati aggrediti nella regione di Žytomyr da una folla che li ha accusati di aver rubato un’auto. Un agente di polizia arrivato sulla scena si è unito agli assalitori, sottoponendo una delle vittime a una finta esecuzione con la sua pistola. A luglio, la pubblica accusa ha presentato al tribunale imputazioni di tortura contro l’agente di polizia e altre tre persone; un altro agente di polizia è stato accusato di falsa testimonianza.

A marzo, la procura generale ha riferito che la Corte europea dei diritti umani si era finora pronunciata a favore dei ricorrenti e contro l’Ucraina in 115 dei casi riguardanti condizioni di detenzione equivalenti a tortura o altri maltrattamenti, di cui 71 sotto la supervisione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sono rimasti inaffrontati; 120 casi erano in attesa di decisione.

A maggio, nel caso Develi e altri vs. Ucraina, la Corte europea dei diritti umani ha rilevato che la polizia ucraina aveva sottoposto i tre ricorrenti, Andriy Develi, Roman Korolʹov e Oleksandr Rafalʹsʹkyy, a trattamenti disumani e degradanti.

Violenza di genere

La violenza e la discriminazione di genere, in particolare contro le donne, e la violenza domestica sono rimaste diffuse. I servizi di sostegno alle sopravvissute e le misure legislative e politiche volte a combattere la violenza domestica, sebbene migliorati negli ultimi anni, erano ancora insufficienti. Non sono stati compiuti progressi nella ratifica della Convenzione di Istanbul.

Da gennaio a dicembre, le autorità hanno aperto 2.432 indagini penali in casi di violenza domestica, individuato 2.176 persone come sospetti criminali e presentato 2.136 casi in tribunale. Da gennaio a giugno sono stati aperti procedimenti amministrativi per violenza domestica nei confronti di 54.890 persone.

A luglio è stata promulgata una nuova legge che ha rimosso gli ostacoli giuridici che avevano a tutti gli effetti esentato il personale militare e gli agenti di polizia dall’azione penale e amministrativa per violenza domestica; inoltre, la legge rafforzava le disposizioni alla base degli ordini di protezione d’emergenza. Ha esteso a sei mesi la prescrizione per la violenza domestica come reato amministrativo e ha introdotto nuove sanzioni, tra cui il lavoro obbligatorio e la detenzione fino a 10 giorni.

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Tuttavia, un’indagine sulle accuse della tenente Valeria Sikal (che nel 2018 fu la prima ex militare ucraina a denunciare molestie sessuali da parte di un ufficiale comandante delle forze armate) è stata inefficace e ulteriormente ritardata dal suo rinvio all’ufficio investigativo statale della regione di Chmel’nyc’kyj, dove non si sono svolte ulteriori attività investigative.

Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

A maggio, un progetto di legge presentato in parlamento ha proposto di espandere la definizione di crimini d’odio per coprire quelli motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Tuttavia, gli attacchi omofobi da parte di gruppi che promuovono discriminazione e violenza sono continuati per tutto l’anno e raramente i perpetratori sono stati chiamati a risponderne.

A marzo, quattro persone hanno imbrattato di fango il centro comunitario della Ong Sphere; ad agosto, la facciata del centro è stata vandalizzata con graffiti omofobi.

Almeno quattro attacchi hanno avuto luogo nel solo mese di maggio. Il 27 maggio, una folla ha rotto la finestra del luogo in cui il gruppo KyivPride aveva organizzato la proiezione di un film e ha lanciato all’interno un razzo per segnalazioni e un candelotto di gas lacrimogeno. La polizia ha aperto un’indagine penale per “teppismo”, ma non è riuscita a qualificare l’incidente come crimine d’odio.

Il 29 maggio, una folla ha attaccato il centro comunitario del gruppo Lbgti Insight, nella capitale Kiev. Lo stesso giorno a Odessa, una folla ha interrotto e messo fine a una conferenza femminista della leader di Insight, Olena Ševčenko; altrove in città, sette uomini mascherati e vestiti di nero hanno lanciato pietre contro l’ufficio dell’associazione Lgbti Liga e danneggiato una delle telecamere a circuito chiuso. La polizia si è rifiutata di aprire un’indagine penale su entrambi gli episodi, fino a quando gli attivisti non hanno presentato una denuncia per l’inazione della polizia.

I sei responsabili dell’aggressione del 2018 contro la difensora dei diritti umani Vitalina Koval (che fu cosparsa con una vernice rossa che le causò ustioni chimiche agli occhi) hanno continuato a godere dell’impunità. A marzo, un tribunale ha stabilito che il termine di prescrizione era scaduto per l’accusa di “danni fisici minori” contro due donne che l’avevano aggredita e ha chiuso il relativo procedimento. Un’indagine parallela su un crimine d’odio (“violazione dell’uguaglianza dei cittadini”) era in sospeso, ma apparentemente in stallo. Nessuna accusa è mai stata mossa contro gli aggressori maschi.

Libertà d’espressione

Gli organi d’informazione sono stati generalmente liberi e diversificati, anche se una manciata di media sono stati presi di mira in modo selettivo dalle autorità, per le politiche editoriali percepite come filorusse e accusati dal servizio di sicurezza ucraino (Služba Bezpeky Ukraïny – Sbu) di condurre una “guerra dell’informazione” contro l’Ucraina.

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Il consiglio di sicurezza e difesa nazionale (un organo consultivo dello stato) ha imposto cosiddette “sanzioni personali” contro il parlamentare Taras Kozak che hanno preso di mira i suoi beni commerciali, tra cui tre canali televisivi che sono stati privati delle licenze di trasmissione. La decisione, approvata dal presidente, ha attirato critiche per la sua natura extragiudiziale e l’attenzione arbitraria a imprese del mondo dell’informazione, nonché per l’applicazione contro un cittadino ucraino e le sue imprese, con sede in Ucraina, di una legge intesa a sanzionare entità commerciali straniere.

Erano in corso procedimenti penali infondati contro l’ex prigioniero di coscienza e giornalista Vasylʹ Muravytsʹkyy. Il rischio di essere arrestato e di subire danni fisici da parte di gruppi che promuovono discriminazioni e violenze lo ha costretto a lasciare l’Ucraina.

A novembre, il proprietario del giornale indipendente Kyiv Post ne ha sospeso le pubblicazioni con effetto immediato. Il personale ha annunciato di essere stato licenziato a causa del giornalismo indipendente della testata. Commentatori hanno affermato che il proprietario era stato spinto a chiudere dalla pressione esercitata dall’amministrazione presidenziale.

Le indagini sugli attacchi (comprese le uccisioni) ai danni di giornalisti e difensori dei diritti umani sono state lente e spesso inefficaci. Le udienze sono proseguite in un caso di alto profilo contro tre persone accusate di aver posizionato un’autobomba che, nel luglio 2016, uccise il giornalista bielorusso-russo-ucraino Pavlo Šeremet (Pavel Šaramet). Commentatori e giornalisti hanno sollevato dubbi sulla credibilità dell’inchiesta. Gli imputati hanno negato le accuse, insistendo sul fatto che erano politicamente motivate. A gennaio sono state pubblicate prove che suggerivano che l’uccisione era stata orchestrata dalle autorità bielorusse.

La mattina del 3 agosto, il noto esule bielorusso Vital’ Šyšoŭ, a capo della Ong Casa Bielorussa in Ucraina, è stato trovato impiccato in un parco di Kiev. In precedenza, aveva raccontato ai suoi colleghi di essere stato seguito e minacciato di ritorsioni dai servizi di sicurezza bielorussi1. Le autorità ucraine hanno indagato sulla sua morte come sospetta, anche se a fine anno non era stato segnalato alcun risultato.

Impunità

Numerose violazioni del diritto internazionale umanitario, commesse da entrambe le parti in conflitto e segnalate in precedenza, non sono state indagate. Non è stato compiuto alcun progresso nel conseguimento della giustizia per le vittime di sparizioni forzate, torture e detenzioni illegali da parte dell’Sbu nell’Ucraina orientale, tra il 2014 e il 2016, e la pratica di utilizzare prigioni segrete ha continuato a essere ufficialmente negata. È in corso un’indagine che non è ancora riuscita a identificare un singolo presunto colpevole.

Fin qui Amnesty.

La guerra rimanda ma non giustifica quelle libertà negate. L’ingresso dell’Ucraina in Europa passa anche da qui.

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