Ucraina sotto attacco: si svuotano le ambasciate, si riempiono gli arsenali
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Ucraina sotto attacco: si svuotano le ambasciate, si riempiono gli arsenali

La tensione tra Russia e Ucraina aumenta, mentre il mondo assiste con angoscia a un'escalation che potrebbe sfociare in una guerra

Ucraina sotto attacco: si svuotano le ambasciate, si riempiono gli arsenali
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24 Gennaio 2022 - 14.09


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Una traduzione tragica della famosa favola di Pierino e il lupo. Tragica perché reale. Perché stavolta il grido “c’è la guerra” a Est non è l’invenzione di un piccolo bugiardo ma un drammatico work in progress.

Diplomazia ed armi

La crisi ucraina peggiora nonostante i colloqui tra il segretario di Stato Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Washington ha ordinato ‘consigliato’ alle famiglie dei propri diplomatici di lasciare l’Ucraina “a causa della persistente minaccia di un’operazione militare russa”.  Il personale non essenziale, scrive il Dipartimento di stato, può lasciare l’ambasciata e i cittadini americani residenti in Ucraina “dovrebbero considerare ora” di lasciare il Paese. “La situazione della sicurezza, in particolare lungo i confini dell’Ucraina, nella Crimea occupata dalla Russia e nella Donetsk controllata dalla Russia, è imprevedibile e potrebbe deteriorarsi in qualsiasi momento” si legge nel comunicato del Dipartimento di Stato. L’ambasciata a Kiev resterà comunque aperta, hanno sottolineato al Dipartimento di Stato, e gli Stati uniti non vogliono disimpegnarsi dall’Ucraina. Il governo degli Stati Uniti teme anche che in Russia possano esserci ritorsioni verso i cittadini americani, per cui consiglia loro di evitare viaggi citando, in particolare, il rischio di “applicazione arbitraria delle leggi locali” da parte della polizia russa. 

La decisione non è stata condivisa dagli europei: “Il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ci spiegherà le ragioni dell’annuncio del ritiro del personale americano. Noi non faremo lo stesso perché non ne vediamo il motivo”, ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio Affari esteri che si tiene oggi e al quale dovrebbe partecipare anche il segretario di Stati Usa, Antony Blinken. “I negoziati vanno avanti, non vedo perché ce ne dobbiamo andare. Il personale Ue resterà in Ucraina a meno che Blinken non ci dia ragioni per una scelta diversa”, ha aggiunto.

Intanto il presidente Joe Biden ha esaminato la possibilità di inviare fino a cinquemila soldati nel Baltico e nell’est Europa. Lo riportano vari media americani. Biden ne ha parlato a Camp David con i suoi consiglieri. Al vertice hanno partecipato, in remoto, oltre a vari alti ufficiali, il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il capo di Stato maggiore generale Mark Milley. Una delle ipotesi prevede l’invio tra mille e cinquemila soldati. Una decisione in merito verrò presa da Biden forse già oggi, lunedì. L’Ucraina “continuerà” a smantellare ogni struttura o gruppo filo-Russia: lo ha detto la presidenza a Kiev dopo le accuse britanniche a Mosca, che starebbe pianificando di installare un governo filorusso al posto dell’attuale dirigenza ucraina.  “Il nostro Stato continuerà nella sua politica di smantellamento di qualsiasi struttura oligarchica e politica che possa aprire la strada alla destabilizzazione dell’Ucraina e sia complice con gli occupanti russi”, ha dichiarato Mykhailo Podoliak, consigliere della presidenza ucraina. Il Foreign Office britannico in un comunicato ha anche additato come futuro “potenziale candidato” premier di Mosca nella vicina repubblica ex sovietica “l’ex deputato ucraino Yevhen Murayev”. Lo stesso Murayev ha scritto in un post su Facebook: “Il tempo dei politici filo-occidentali e filo-russi in Ucraina è finito per sempre”. Il partito Nashi di Murayev, il cui nome riecheggia l’ex vasto movimento giovanile russo che ha sostenuto il presidente Vladimir Putin, è considerato vicino a Mosca, ma il leader ha respinto questa affermazione. Poco prima che la dichiarazione britannica fosse resa pubblica, Murayev ha pubblicato la sua faccia sovrapposta alla locandina di un film di James Bond e il commento “Dettagli domani”. E ad Associated press bolla come “ridicole” le accuse della Gran Bretagna, sottolineando che gli è “vietato l’ingresso in Russia”.

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Mosca ha respinto con forza le accuse di Londra: “Chiediamo al ministero degli Esteri di smetterla di diffondere assurdità”, ha twittato il ministero degli Esteri russo.

Gli Stati Uniti valutano le accuse britanniche “profondamente preoccupanti”, ha affermato sabato la Casa Bianca. “Il popolo ucraino ha il diritto sovrano di determinare il proprio futuro e noi siamo con i nostri partner democraticamente eletti in Ucraina”, ha affermato la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Emily Horn. Quanto all’eventualità di un’invasione militare, il segretario di stato americanoAnthony Blinken, intervenendo alla Cnn, ha oggi ribadito che “se la Russia aggredirà l’Ucraina ci sarà una risposta dura degli Stati Uniti e di tutti i suoi alleati europei. Qui in gioco c’è la difesa dei principi che sono alla base del diritto internazionale e non possiamo transigere”. Rispondendo a una domanda sul rifiuto di Berlino di sostenere Kiev con la fornitura di armi, Blinken ha anche assicurato che non c’è alcun dubbio “sulla determinazione della Germania contro la Russia e nel tenere unito il fronte della Nato nell’affrontare la crisi ai confini dell’Ucraina”.

I negoziati a Ginevra tra Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavorv non hanno portato ad alcun punto di svolta.

Mosca ha chiesto, oltre al divieto di ingresso di Kiev nella Nato, anche il ritiro delle truppe dell’Alleanza atlantica dalla Bulgaria e dalla Romania. Richiesta che è stata successivamente respinta sia dalla Nato che da Sofia e Bucarest. Nei negoziati diplomatici si sta inserendo anche Londra. Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha accettato l’invito a incontrare il segretario della Difesa britannico Ben Wallace per un confronto sulle tensioni. Wallace aveva chiesto all’omologo di incontrarsi a Londra all’inizio della settimana. Ma Shoigu gli ha proposto di vedersi Mosca, poiché l’ultimo bilaterale sulla difesa tra i due Paesi si è svolto nella capitale britannica nel 2013.

Nuova strategia

Le tensioni con la Russia ai confini orientali e nord orientali dell’Europa, spingono Biden  a valutare un ridisegno strategico della presenza militare Usa nel vecchio continente. Nel corso di un incontro a Camp David, la residenza presidenziale nel Maryland, Biden ha esaminato con i suoi consiglieri la possibilità di inviare fino a cinquemila soldati nel Baltico e nell’est Europa, come confermano diversi media americani.  Al vertice hanno partecipato, in remoto, oltre a vari alti ufficiali, il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il capo di Stato maggiore generale Mark Milley. Una delle ipotesi prevede l’invio tra mille e cinquemila soldati. Una decisione in merito verrà presa da Biden forse già oggi, lunedì. Un rafforzamento del coinvolgimento militare americano in Europa di fronte ai timori di un’incursione russa in Ucraina rappresenterebbe un importante cambio di passo per l’amministrazione Biden, che fino a poco tempo fa aveva preso una posizione moderata sul dossier per non provocare reazioni scomposte del Cremlino. Ma l’atteggiamento aggressivo della Russia, che ha ammassato circa 100mila soldati al confine con l’Ucraina, ha spinto Biden a considerare anche altre opzioni.  Quelle che gli alti comandi militari hanno presentato al presidente includono l’invio da 1.000 a 5.000 soldati nei Paesi dell’Europa orientale, con la possibilità di aumentare di dieci volte quel numero se le cose dovessero deteriorarsi.

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Nel frattempo gli alleati hanno già cominciato a muovere le loro pedine: la Gran Bretagna ha inviato uomini e mezzi militari in Ucraina, mettendo in guardia dal fatto che Putin sarebbe pronto a fomentare una sorta di rovesciamento politico interno per posizionare al governo di Kiev un uomo di fiducia del Cremlino. Altri Paesi europei come l’Olanda si sono detti pronti ad inviare aiuti militari all’Ucraina. Contraria invece a questa opzione è la Germania. 

Alleati divisi

Capire cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni non è per nulla facile, e da settimane osservatori e analisti cercano di indovinare cosa voglia fare Putin. Quello che si sa – come Globalist a rimarcato nei giorni scorsi – è che l’espansione a est della Nato, organizzazione che all’inizio degli anni Novanta non includeva molti paesi dell’Europa orientale che oggi sono Stati membri, è considerata una questione di enorme importanza per la Russia: una minaccia alla propria sicurezza nazionale, che va contrastata soprattutto evitando che il prossimo paese a farne parte sia l’Ucraina. I paesi Nato comunque hanno fatto capire piuttosto chiaramente che non ci sono progetti attivi di inclusione dell’Ucraina nell’alleanza.

La situazione si è ulteriormente complicata negli ultimi giorni a causa di alcune dichiarazioni di Macron e del suo omologo statunitense che sono state percepite come dimostrazione della debolezza della Nato e interpretate come una vittoria per Putin.

La dichiarazione più controversa è stata quella di Biden, che mercoledì aveva detto che una «piccola incursione» della Russia in Ucraina avrebbe portato ad “avere litigi” con gli alleati europei sulla risposta da adottare.

La frase di Biden, nonostante sottolineasse una cosa che diversi diplomatici europei hanno giudicato «ovvia», aveva provocato un bel po’ di proteste. Molti governi, tra cui quello ucraino, si erano detti preoccupati del fatto che il presidente americano parlasse apertamente delle divisioni interne alla Nato, un tema da sempre sfruttato da Putin per indebolire i suoi avversari. Queste divisioni, hanno scritto Michael Crowley e Steven Erlanger sul New York Times “potrebbero incoraggiare il leader russo a lanciare un attacco limitato ma comunque assai dannoso per l’Ucraina”, senza subire grosse ritorsioni.

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Diversi funzionari della Nato, tra cui il segretario generale Jens Stoltenberg, avevano in seguito minimizzato le differenze di vedute interne all’organizzazione e avevano rifiutato l’idea che Biden avesse dato una specie di «via libera» a Putin per attaccare l’Ucraina con forze ridotte.

Il giorno dopo Biden aveva cercato di rimediare, ripetendo che qualsiasi movimento di truppe russe al confine ucraino sarebbe stato considerato un’invasione, e aggiungendo di avere avvisato Putin che una nuova incursione in Ucraina avrebbe provocato «una risposta economica dura e coordinata» con gli alleati.

Oltre alle dichiarazioni controverse di Biden, mercoledì anche alcune frasi di Macron avevano provocato diverse agitazioni.

In un discorso di fronte al Parlamento Europeo, Macron aveva parlato della necessità europea di creare un sistema di sicurezza proprio, sganciato da quello della Nato: «Dobbiamo costruirlo tra noi europei, e dopo condividerlo con i nostri alleati all’interno della cornice della Nato”. Nonostante non fosse certo la prima volta che si citava la possibilità di creare un sistema di difesa all’interno dell’Unione Europea, il giorno dopo funzionari del governo francese erano dovuti intervenire per sottolineare come Macron con le sue parole non avesse voluto minare l’unità della Nato.

Al di là delle intenzioni, comunque, il problema è che negli ultimi anni la risposta della Nato, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti di fronte all’aggressività russa era stata assai blanda, e la storia potrebbe ripetersi nuovamente. Dopo l’annessione della Crimea, ad esempio, l’Unione ci mise quasi un anno per adottare sanzioni davvero rilevanti ed efficaci contro il governo russo. Per moltissimo tempo, inoltre, il governo tedesco difese e sostenne senza esitazioni il progetto Nord Stream 2, il nuovo gasdotto costruito per portare il gas russo in Europa e che potrebbe aumentare ancora di più la dipendenza europea verso l’energia russa. Solo di recente il nuovo governo di Berlino ha legato le due.

Questioni, sostenendo  che i ritardi nell’attivazione del gasdotto, a cui sono assai contrari gli Stati Uniti, erano legati anche alla situazione in Ucraina.

Negli ultimi giorni i paesi membri della Nato hanno detto e ripetuto che un’eventuale invasione russa in Ucraina comporterebbe per la Russia «costi enormi», ma non hanno specificato esattamente cosa prevedano di fare a seconda dell’attacco. Pubblicamente hanno giustificato la loro decisione dicendo che fare discussioni aperte sulle “linee rosse” darebbe ulteriori strumenti a Putin per trovare il modo più efficace di attaccare l’Ucraina senza subire ritorsioni gravi. La preoccupazione però è che la mancanza di maggiore chiarezza dipenda effettivamente da divisioni profonde tra alleati membri della Nato.

E su queste divisioni lo “zar” del Cremlino lavora, nella traduzione russa del sempre attuale motto latino “divide et impera”.

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