Magi sui soldi alla guardia costiera libica: "Il Parlamento dica no al rifinanziamento della vergogna"
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Magi sui soldi alla guardia costiera libica: "Il Parlamento dica no al rifinanziamento della vergogna"

Il parlamentare di Più Europa è uno dei (pochi) parlamentari che si è sempre battuto contro quel “finanziamento della vergogna”: soldi che l’Italia ha riversato, a milioni, nelle tasche degli aguzzini in divisa.

Riccardo Magi
Riccardo Magi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

13 Luglio 2021 - 18.44


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E’ uno dei (pochi) parlamentari che si è sempre battuto contro quel “finanziamento della vergogna”: soldi che l’Italia ha riversato, a milioni, nelle tasche degli aguzzini in divisa. La divisa della cosiddetta Guardia costiera libica. Una vergogna che sta per essere reiterata. Riccardo Magi, parlamentare di +Europa Radicali, non ci sta. E a Globalist ne spiega le ragioni.

“Non è accettabile che il nostro Paese continui a sostenere con risorse economiche e logistiche quella che a tutti gli effetti è una attività criminale, come dimostrano le innumerevoli denunce e video sull’operato della cosiddetta guardia costiera libica”, rimarca Magi, deputato di Più Europa Radicali. “Il rinnovo di questa missione costituirebbe un a gravissima violazione di principi fondamentali del diritto internazionale e la nostra Costituzione. Per questo bisogna opporsi con forza dentro in parlamento e nel paese”. Un messaggio rivolto soprattutto ai parlamentari del Partito democratico. 

Tra i festeggiamenti per la vittoria della nostra nazionale di calcio agli Europei e il rischio della variante Delta, sta passando sotto silenzio il rifinanziamento delle missioni all’estero, in particolare alla Guardia costiera libica.

Tra poche ore alla Camera, probabilmente entro quarantott’ore, e al Senato forse la settimana prossima, sarà approvata formalmente dal Parlamento la delibera sulle missioni già approvata dal Consiglio dei ministri. Un documento importantissimo, che contiene tutte le schede relative alle missioni del nostro paese nei vari quadranti sensibili del mondo, quelli che hanno una particolare valenza geopolitica. Nonostante l’importanza di questo documento, l’esame rischia di passare in maniera un po’ burocratica, con poca attenzione non solo dell’opinione pubblica e del dibattito politico ma anche del parlamento stesso. 

Perché avviene questo?

Un po’ perché, come al solito, il Governo trasmette in ritardo, un ritardo di almeno 6 mesi, la relazione sulle missioni, la delibera sulle missioni in corso, sulla loro prosecuzione o su quelle nuove. E così avviene che quando il Parlamento finalmente è messo in condizione di discuterne, sono già passati diversi mesi e quelle missioni di fatto sono già state prorogate. E poi c’è la nota dolente, particolarmente grave per quanto riguarda i diritti umani, che riguarda la Libia e il finanziamento surrettizio della cosiddetta Guardia costiera libica. Un fatto grave non solo per quanto riguarda i diritti umani di cui si fa scempio, ma anche perché stiamo rifinanziando missioni che appaiono contrarie ai principi della nostra Costituzione. Questo è il punto.  Su queste missioni di supporto alle autorità libiche, e qui ci sarebbe già qualcosa da evidenziare sul piano semantico…

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Vale a dire?

Con un certo falso pudore e un po’ di furbizia nella delibera non viene mai citata la Guardia costiera libica. Si parla delle autorità libiche in modo alquanto generico, o della Marina libica. Ma noi sappiamo che in Libia la Guardia costiera è parte integrante della Marina. Su queste cose ci sarebbe da presentare, ma non è possibile, delle pregiudiziali di costituzionalità. Per affermare che su questa cosa non bisogna andare oltre, perché è ormai è provato, conclamato, che siamo in presenza di atti, reiterati, contrari a tutto il Diritto internazionale e umanitario e alla nostra Costituzione. Pochi giorni fa abbiamo avuto un video, che come tutti i video è potentissimo. Un video che la rappresentante di Sea Watch, Giorgia Leonardi, ha fatto vedere oggi in conferenza stampa alla Camera. E lo abbiamo voluto far vedere perché non si potesse dire che quel video non era entrato anche nella Camera dei deputati. Quel video mostra una motovedetta, una di quelle da noi fornite con il famigerato decreto motovedette dell’estate 2018, che spara sui migranti, ammassati su una imbarcazione di fortuna, e dopo aver aperto il fuoco cercano di speronare l’imbarcazione. Non è un caso isolato. Sappiamo che quelle sono le regole d’ingaggio della Guardia costiera. La domanda che viene subito dopo, quella più inquietante dal punto di vista delle responsabilità politiche, è la seguente: siccome questa strategia, che nasce con il Memorandum Italia-Libia del 2017, governo Gentiloni, con Minniti ministro degli Interni; un Memorandum che passa per il riconoscimento di una zona Sar libica. Questo riconoscimento presuppone che la Libia abbia un centro di coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio. Poiché oggi, a distanza di quattro anni da quei provvedimenti che hanno dato il via a quella strategia, sappiamo che la Libia non ha questo centro di coordinamento delle operazioni – lo dice chiaramente la Commissione europea rispondendo ad interrogazioni del Parlamento europeo – allora ci chiediamo: chi è che coordina quelle operazioni nel modo che è visibile in quel video? 

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La domanda è chiara. Qual è la risposta?

La risposta è drammatica. A coordinare quelle operazioni sono anche le forze della Marina militare italiana che sono nel porto di Tripoli. Non solo. Quelle operazioni sono coordinate anche dalle forze di Frontex che sono con i loro velivoli sullo scenario del Mediterraneo centrale. Tant’è vero che diversi ufficiali della Guardia costiera libica hanno più volte detto che loro ricevono direttamente sui loro telefonini le foto delle imbarcazioni di migranti che devono andare a rintracciare e a respingere. Questo è quello che dovrebbe bloccare, dal punto di vista parlamentare, l’approvazione di queste missioni.

Tu hai fatto riferimento al governo Gentiloni-Minniti. Cambiano i governi, cambiano le maggioranze, cambiano i premier, ma resta un filo conduttore inquietante: l’esternalizzazione delle frontiere e il finanziamento ai “gendarmi” del mare che fanno il lavoro sporco a posto nostro…

E’ esattamente così. La strategia  è partita da quel Memorandum del 2017, ed è una strategia, è bene ricordarlo, che è finanziata anche dall’Unione Europea. I fondi con cui viene finanziata questa politica e vengono di fatto armate queste milizie, provengono anche da Bruxelles. E’ una strategia che è stata raccolta, accettata, fatta propria da diversi governi. SI sono pure accusati l’uno con gli altri. Ricordo quando c’era il Governo gialloverde, il Partito democratico sosteneva che in realtà la strategia era diversa e in qualche modo era stato Salvini, che di quel Governo era vice presidente assieme a Di Maio e ministro degli Interni, a sovvertirla, cambiandone il segno politico.  In realtà la strategia è rimasta sempre la stessa. A un certo punto, anche sotto la pressione del Parlamento e di chi fra noi fin dall’inizio aveva contestato questa strategia, la ministra Lamorgese, circa un anno e mezzo fa, prese un impegno solenne di fronte al Parlamento, di chiedere una revisione del Memorandum Italia-Libia, che garantisse dei passi in avanti in materia di rispetto e salvaguardia dei diritti umani. Purtroppo non se ne è saputo più nulla. La ministra Lamorgese è ancora titolare del Viminale, e quindi ci rivolgiamo ancora a lei, ma anche il titolare della Farnesina è oggi lo stesso che c’era all’epoca. E lo stesso vale per il ministro della Difesa. Questo per dire come poi le responsabilità politiche vanno avanti. Ora è venuto il momento di dirci chiaro e tondo che quella strategia ha fallito e che non ha contribuito a stabilizzare la Libia, ha semplicemente rappresentato una forma di cooperazione con dei poteri anche militari, paramilitari e mafiosi che ci sono in quel paese. Se si vuol dare un segnale , anche di azione di Governo, che aiuti davvero la transizione della Libia, che si avvia a elezioni che si dovrebbero tenere entro il prossimo Natale, si dovrebbe quanto meno ritirare questa missione di supporto alla Guardia costiera libica. Poi ci sono anche altri aspetti da segnalare non solo su quella scheda lì ma anche, ad esempio, su “Mare sicuro”. Una missione che ha un nome che è tutto un programma…Se non parlassimo di vite umane, sarebbe una barzelletta. Mare “sicuro”, ma “sicuro” per chi? Lì dentro c’è scritto, cito testualmente, “protezione delle unità navali nazionali impegnate in operazioni di ricerca e soccorso Sar”. Ma quali sono oggi unità navali nazionali impegnati in operazioni Sar? Non ci sono, non esistono. Le uniche che fanno queste operazioni, sono le navi delle Ong bloccate da decreti amministrativi fatti dal Governo e dal ministero guidato dal ministro Giovannini. Poi si dice: “attività di collegamento e consulenza a favore della Marina libica”. Che vuol dire? Vuol dire darle quel supporto radio per andare intercettare i migranti? E ancora. “Collaborazione per la costituzione di un centro operativo marittimo in territorio libico per la sorveglianza, la cooperazione marittima e il coordinamento delle attività…”. Ora, questa roba qui non può più andare avanti. E spero che saremo in tanti a far valere la centralità del Parlamento opponendoci a questo rifinanziamento della vergogna. 

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