Il dolore per quei bimbi senza vita. E lo schifo per una politica che sa solo versare lacrime di coccodrillo
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Il dolore per quei bimbi senza vita. E lo schifo per una politica che sa solo versare lacrime di coccodrillo

Guardate quelle immagini. E se c’è in voi ancora un briciolo di umanità, manifestate non solo dolore ma rabbia. Tanta rabbia. E indignazione

Bambino morto sulla spiaggia di Zuwara, Libia
Bambino morto sulla spiaggia di Zuwara, Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Maggio 2021 - 14.29


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Guardate quelle immagini. E se c’è in voi ancora un briciolo di umanità, manifestate non solo dolore ma rabbia. Tanta rabbia. E indignazione. Rabbia e indignazione per coloro che non hanno alzato un dito per evitare questo scempio di vite umane. Quelli dalle lacrime facili. Lacrime da coccodrillo. 

“Sono ancora sotto shock per l’orrore della situazione, bambini piccoli e donne che avevano solo sogni e ambizioni di vita. Sono stati abbandonati su una spiaggia a Zuwara in Libia per più di 3 giorni. A nessuno importa di loro”. A scriverlo su Twitter è Oscar Camps, il fondatore della Ong spagnola Open Arms, postando le foto choc di corpi senza vita di bimbi riversi su una spiaggia del Paese nordafricano, vittime probabilmente dell’ennesimo naufragio. “Corpi abbandonati. Vite dimenticate. L’orrore tenuto lontano perché scompaia. Vergogna Europa“, scrive l’ong.

Todavía estoy en shock por el horror de la situación, niños pequeños y mujeres que solo tenían sueños y ambiciones por vivir. Llevan más de 3 días abandonados en una playa de #Zuwara #Libia. No le importan a nadie. #CadaVidaCuenta

Qualche ora dopo la pubblicazione Oscar Camps ha detto  alla Stampa: “I governi europei, e anche molta informazione, dicono spesso che queste persone “sono morte”. In realtà, sono state “fatte morire”. Non si tratta di “incidenti” o di “disgrazie” imprevedibili. L’Europa ne dovrà rispondere. Perché queste tragedie si ripetono sotto lo sguardo delle autorità nel Mediterraneo». Secondo Camps, «queste persone non sono state “fatte morire” solo dai trafficanti, ma da quei governi che con la mafia libica hanno negoziato. Così hanno legittimato le organizzazioni criminali, in cambio di qualche barile di petrolio in più e di qualche migrante in meno. Senza chiedere in cambio neanche il minimo rispetto dei diritti umani fondamentali nei campi di prigionia. E ora i clan mafiosi libici alzano di nuovo il prezzo e ricattano i nostri governi». «Ogni volta che uno di questi migranti viene torturato o lasciato morire in mare nell’interesse dei nostri Paesi – conclude Camps – ritorna in mente una domanda a cui prima o poi dovremo rispondere: “chi siederà alla corte dell’Aia?”. 

La ricostruzione 

Chi sono? Sono vittime di un naufragio di migranti? E quale? Quando può essere accaduto? Sta cercando di saperne di più anche l’Oim, l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni unite. ‘Sono immagini drammatiche, difficile capire cosa sia accaduto – dice il portavoce Oim per il Mediterraneo, Flavio Di Giacomo – a quale partenza corrispondano, di quale naufragio si tratti; e sempre che sia un naufragio di cui si è avuta notizia. Dalla Libia i colleghi ci dicono che molto probabilmente sono corpi portati dal mare ma altro per ora non si sa”.

Altre fonti, tra cui la giornalista Nancy Porsia, hanno spiegato che appena rinvenuti sulla spiaggia i cadaveri sono stati presi in consegna dalle autorità che si occuperanno della sepoltura e di conservarne i dati essenziali per una eventuale identificazione.

Comunque siano andate le cose dopo il naufragio, quei corpi sono una prova di reato. «I governi europei, e anche molta informazione, dicono spesso che queste persone “sono morte”. In realtà, sono state “fatte morire”. Non si tratta di “incidenti” o di “disgrazie” imprevedibili. L’Europa ne dovrà rispondere. Perché queste tragedie si ripetono sotto lo sguardo delle autorità nel Mediterraneo».

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Per il fondatore dell’organizzazione di salvataggio spagnola questa ennesima tragedia è il frutto delle politiche “che hanno indotto i governi a negoziare con la mafia libica e così facendo hanno legittimato le organizzazioni criminali, in cambio di qualche barile di petrolio in più e di qualche migrante in meno. Senza chiedere in cambio neanche il minimo rispetto dei diritti umani». E ora l’aumento delle partenze è anche il frutto di quella “trattativa”, con i trafficanti “che alzano il prezzo”, conclude alludendo alle iniziative intavolate per frenare le partenze.

Scrive Nello Scavo su Avvenire: “Nelle ultime settimane si sono intensificate le partenze nell’area tra Zawyah e Zuara, un distretto in teoria sottoposto a una unica guardia costiera, che pur avendo ricevuto motovedette, addestramento ed equipaggiamento dall’Italia, non riesce a prevenire le partenze e neanche a far rispettare i diritti fondamentali nei centri di detenzione governativi. In passato proprio a Zuara c’era stato un momentaneo freno al traffico via mare.  Nello stesso periodo l’Italia aveva versato le prime rate di diversi milioni alle ‘municipalità’ libiche il cui governo locale è espressione diretta dei clan che controllano il territorio”.

Vergogna Europa

“Le foto dei cadaveri di bambini e neonati naufragati su una spiaggia libica e abbandonati lì da giorni dovrebbero risvegliare le nostre coscienze e quella di tutta l’Europa. Come accade nel 2015 per la foto shock del piccolo Alan Kurdi riverso senza vita su una spiaggia turca. Invece l’Unione europea, nonostante le pressioni del l’Italia e degli altri Paesi mediterranei, si rifiuta perfino di affrontare il tema come è accaduto al Consiglio europeo straordinario ancora in corso. Il disinteresse e il silenzio dell’Europa sono indecenti e inaccettabili”. Lo dichiarano i senatori cinquestelle delle commissioni Politiche europee e Affari Esteri di Palazzo Madama. “E’ urgente – proseguono – un nuovo patto europeo sull’immigrazione che non solo preveda meccanismi obbligatori di redistribuzione dei richiedenti asilo ma un approccio europeo coordinato verso i Paesi di origine e transito dei flussi migratori, Libia compresa, per contrastare i trafficanti e fermare le partenze, garantire canali legali e sicuri e gestire il rimpatrio dei migranti economici. Gli egoismi nazionali europei non possono più impedire una soluzione”. “L’Europa – concludono – ha il dovere di agire subito per fermare questa disumana tratta di esseri umani che, oltre a mettere sotto ingestibile pressione i Paesi di sbarco, provoca continue stragi di innocenti che nessun essere umano può accettare”.

Un dovere che non sarà mai portato a compimento. Perché i leader europei hanno solo e sempre un’unica ossessione: quella di blindare le frontiere esterne. Di respingere migranti. E di finanziare lautamente chi fa questo lavoro sporco a posto nostro.

I migranti in Libia

 Si stima che circa 1,3 milioni di persone abbiano bisogno di assistenza umanitaria in Libia. Le famiglie sfollate, le persone rifugiate e migranti sono tra le più vulnerabili e a rischio sicurezza in un paese che è diviso internamente da fazioni contrastanti e differenze inter-tribali. Di questi 1,3 milioni, 348 mila sono minori, bambini e bambine che hanno urgente bisogno di ogni genere di sostegno per poter vivere dignitosamente. Circa 393 mila sono sfollati interni e più di 43 mila sono rifugiati e richiedenti asilo che provengono principalmente dall’Africa sub-sahariana. Persone, spesso anche minori soli non accompagnati, che affrontano viaggi estenuanti, dove il rischio di non arrivare a destinazione, che non è la Libia bensì l’Europa, è altissimo.

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Scrive Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera:Nel suo rapporto sui diritti umani, Amnesty International scrive che nel 2020 la guardia costiera libica ha «intercettato in mare 11.891 rifugiati e migranti, riportandoli indietro sulle spiagge libiche, dove sono stati sottoposti a detenzione arbitraria e indefinita, tortura, lavoro forzato ed estorsione». Ma neppure questi conti vergognosi tornano. Il capo missione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Federico Soda, osserva che se gli ospiti dei campi ufficiali sono circa quattromila, mancano all’appello ottomila dei migranti catturati solo lo scorso anno. Alcuni vengono assistiti nei programmi dell’Unhcr o dell’Oim. Ma ne risultano svaniti ancora troppi. «Dobbiamo pensare che vengano trasferiti in campi non ufficiali, di cui nessuno conosce il numero», dice Soda. Di recente la Brigata 444 ha fatto irruzione nei centri clandestini di Bani Walid, liberando profughi torturati e stuprati, per ricondurli nel circuito formaleMa la differenza tra strutture legali e illegali in Libia spesso è solo burocratica. E talvolta il percorso è inverso. Scrive Amnesty: «A migliaia sono sottoposti a sparizione forzata, dopo essere stati trasferiti in luoghi di detenzione non ufficiali, compresa la ‘Fabbrica del Tabacco’ di Tripoli, sotto il comando di una milizia affiliata al Gna (il governo nazionale). Di loro non s’è saputo più nulla». 

Già dai rapporti Onu del 2018 era noto come profughi e migranti fossero catturati, seviziati e ricattati da gang spesso «parastatali», nelle quali confluivano banditi e funzionari governativi. Già da allora la famosa guardia costiera libica veniva definita alla stregua di una confraternita di pirati. A settembre dell’anno scorso l’Unhcr ha rilasciato una nota formale in cui si rigetta la nozione della Libia come posto sicuro di sbarco e «si invitano gli Stati a trattenersi dal rimandare in Libia qualsiasi persona salvata in mare». Nella mappa dei luoghi più mortali per i migranti in Africa, subito dopo il deserto tra Niger e Libia c’è la costa libica, con Bani Walid, Sabratha, Zuwara e TripoliE, appena venerdì scorso, l’Alto commissario Filippo Grandi è tornato a sollecitare «la fine delle detenzioni abusive», auspicando che «la nuova amministrazione libica dia segnali più forti di voler bloccare lo sfruttamento di migranti e rifugiati» (non va certo in questo senso la recente scarcerazione e promozione a maggiore della guardia costiera del trafficante Bija)”.

Parole senza costrutto

Ora, guardate ancora quelle immagini strazianti. E con i sentimenti che esse suscitano, leggete quanto segue. Dispacci di agenzia. “I lPresidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, e il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, hanno avuto questa mattina un colloquio a Bruxelles ai margini del Consiglio Europeo.    Nel corso dell’incontro, sono stati affrontati i temi dell’agenda europea, e in particolare la gestione dei flussi migratori e le prospettive di stabilizzazione in Libia e nel centro-Africa, all’insegna di una rafforzata cooperazione tra Italia e Francia.    Nella prospettiva delle decisioni in materia migratoria che saranno sottoposte al prossimo Consiglio Europeo, i due leader hanno condiviso la necessità di uno stretto e costante coordinamento tra Roma e Parigi mirato ad un ruolo più incisivo dell’Unione Europea in Africa”. 

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Dichiarazioni fotocopia. Impegni che resteranno come al solito inevasi. Parole senza costrutto. La realtà sono quei corpi senza vita abbandonati per giorni su una spiaggia libica. 

La “nuova Libia”

In Libia continuano le violazioni all’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite e non prosegue il ritiro di mercenari e militari stranieri. Fattori questi che minacciano di interrompere i successi duramente conquistati nel processo di transizione del Paese in vista delle imminenti elezioni.

È questo il quadro tracciato nell’ultimo rapporto presentato da Jan Kubis, inviato speciale del Segretario generale e responsabile della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Libia, ad Antonio Guterres, Segretario generale Onu.

“I progressi e i risultati significativi degli ultimi mesi devono essere consolidati, i processi devono riprendere slancio”, ha affermato Kubis, sottolineando che “le autorità e le istituzioni della Libia devono essere all’altezza delle loro responsabilità” e la comunità internazionale deve fornire un sostegno significativo per aiutare a far avanzare la riconciliazione e l’unificazione nazionale.

Parlando della situazione della situazione della sicurezza, Kubis ha detto: “Il cessate-il-fuoco continua a reggere” e il rafforzamento della fiducia tra le due parti prosegue. Tuttavia, i progressi su questioni chiave – come la riapertura della strada costiera tra Sirte e Misurata e il ritiro dei mercenari stranieri – si sono arrestati.

Inoltre, un recente rapporto delle Nazioni Unite “ha dipinto un quadro desolante” del mancato rispetto dell’embargo sulle armi, in violazione delle risoluzioni del Consiglio 2.570 (2021) e 2.571 (2021).

 “L’uso continuato, la presenza e le attività di migliaia di mercenari, combattenti stranieri e gruppi armati è una minaccia significativa non solo per la sicurezza della Libia, ma per l’intera regione”, ha detto, sottolineando che gli eventi recenti e inquietanti in Ciad servono per ricordare il legame tra la situazione della sicurezza in Libia e la stabilità nella regione.

Mercenari al soldo di potenze straniere. Trafficanti di esseri umani “riciclati” nella cosiddetta Guardia costiera libica. Lager in cui vengono rinchiusi e seviziati i disperati respinti in mare e ricacciati nell’inferno a terra da quella Guardia costiera che di recente, nella sua missione a Tripoli, il presidente del Consiglio Mario Draghi, accompagnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha ringraziato per gli sforzi compiuti nel mettere in sicurezza il Mediterraneo. 

Riguardate per l’ultima volta quelle immagini. E poi dite se riuscite a non provare schifo per i dispensatori di chiacchere e di lacrime di coccodrillo. 

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