Rappresaglia della Cina contro il Regno Unito: emesse sanzioni contro parlamentari

A nove parlamentari e alle loro famiglie non sarà consentito entrare in Cina. Si tratta di una risposta alle sanzioni emesse dal Regno Unito insieme all'Ue, Usa e Canada

Xi Jinping
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26 Marzo 2021 - 09.32


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In rappresaglia alle sanzioni decise dall’Ue in accordo con gli Stati Uniti, Canada e Regno Unito, la Cina ha annunciato a sua volta sanzioni contro nove personalità, compresi parlamentari, e 4 entità del Regno Unito accusandoli di aver “maliziosamente diffuso bugie e disinformazione”.
Oggetto della rappresaglia cinese sono i parlamentari Tom Tugendhat, che presiede il Foreign Affairs Committee, Iain Duncan Smith, Neil O’Brien, Tim Loughton e Nusrat Ghani sono tra le personalità sanzionate. Nel mirino anche David Alton e Helena Kennedy, che siedono nella Camera dei Lord, così come l’avvocato esperto di diritti umani Geoffrey Nice, protagonista in passato del processo contro Slobodan Milosevic e capo dell’indipendente Uyghur Tribunal attivo dal settembre dello scorso anno, nonché il ricercatore Joanne Nicola Smith Finley. Per tutti, e per i loro familiari, scatta il divieto di ingresso in Cina e a Hong Kong e Macao. Sanzionati poi la Commissione diritti umani del Partito conservatore, lo stesso Uyghur Tribunal, il China Research Group e l’Essex Court Chambers. Le misure decise da Pechino prevedono anche restrizioni per gli affari. 
Duncan Smith su Twitter scrive che “irritare la Cina è un onore”. È nostro dovere” continua Smith, “denunciare gli abusi dei diritti umani da parte del Governi cinese a Hong Kong e il genocidio degli uiguri. Chi di noi vive libero, nello stato di diritto, deve alzare la voce al posto di chi non ha voce”. 
“La Cina – si legge nella nota della diplomazia cinese – si riserva il diritto di adottare ulteriori misure”. Per il ministero degli Esteri cinese, che nei giorni scorsi ha convocato l’ambasciatrice britannica a Pechino per una “protesta solenne”, le sanzioni del Regno Unito in relazione alla situazione nello Xinjiang si basano solo “menzogne e disinformazione”, costituiscono una “palese violazione del diritto internazionale e delle norme che regolano le relazioni internazionali” oltre a rappresentare una “grave interferenze negli affari interni della Cina” e a “intaccare” le relazioni tra i due Paesi.

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