Andare di fioretto e non di scimitarra: questa la strategia: ancora prima dell’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, il suo team di politica estera e sicurezza ha iniziato a valutare come rispettare la promessa elettorale di punire l’Arabia Saudita per l’omicidio di Jamal Khashoggi senza distruggere le solide relazioni con la monarchia saudita.
La risposta, arrivata venerdì scorso con la pubblicazione del rapporto di intelligence che indica nel principe ereditario Mohammed bin Salman il mandate dell’omicidio del 2018, e che era stato insabbiato da Donald Trump, è stata considerata insufficiente da esponenti bipartisan del Congresso e dai media americani.
Interpellate dal Washington Post, il giornale per cui scriveva Khashoggi che è stato in prima fila nel criticare il fatto che le sanzioni annunciate da Washington non toccano in alcun modo Mbs, fonti dell’amministrazione assicurano che di aver “valutato a lungo ed a fondo” la possibilità di colpire direttamente il principe ereditario, ricordando però come siano estremamente rare le sanzioni ad un leader di un Paese, tanto più di un Paese che è partner per la sicurezza nazionale.
“Dopo avere analizzato la cosa estremamente a fondo, nelle ultime cinque settimane, veramente la conclusione unanime è stata, che ci sono modi più efficaci di affrontare la questione”, spiegando le fonti, avvisando che l’obiettivo della revisione della politica con Riad è “ricalibrare non rompere” le relazioni.
Inserire il principe ereditario nella lista dei funzionari colpiti dal divieto di ingresso negli Usa, avrebbe significato dichiarare quelle che i diplomatici definiscono “relazioni ostili” con la monarchia che è la protettrice del sito più sacro del mondo islamico. Anche l’ipotesi di congelare i beni di Mbs, che sono indivisibili da quelli della monarchia, è stata considerata un’ipotesi impraticabile.
Quello che allora la squadra di funzionari del Consiglio di Sicurezza Nazionale, dei dipartimenti di Stato, Tesoro e Difesa ha deciso di fare è di inviare un messaggio molto chiaro, con le parole ed i fatti, a Riad: “siamo stati molto chiari con i sauditi ricordando che la nostra è una partnership storica, che dura da 75 anni – hanno detto – ma la realtà è che qui negli Stati Uniti e Washington i sauditi hanno perso entrambi i partiti ed è per questo che dobbiamo rifondare la nostra alleanza”.
Costretta a difendersi da giorni dalle critiche per non aver fatto abbastanza, l’amministrazione Biden, continuano le fonti del Post, affermano che questi appunti, forse inevitabili, non tengono conto di come rapidamente, in poche settimane, sia stata cambiata la posizione degli Usa nei confronti della monarchia.
“Non credo che nessuno che si candidi alla presidenza possa essere suscettibile alle critiche, credo che lui se le aspettasse completamente”, ha affermato la portavoce di Biden, Jen Pskai, ricordando che il compito del presidente è “agire nell’interesse nazionale degli Usa, ed è quello che ha fatto”. “La situazione è complicata”, ha poi concluso.
Tra i funzionari che stanno lavorando al piano per ricalibrare le relazioni con Riad, vi è Tim Lenderking, diplomatico che aveva tenuto in passato il rapporto con i sauditi, al quale è stato affidato il compito di inviato per aiutare a mettere fine al conflitto nello Yemen. A lui è toccato di comunicare a Riad la decisione dell’amministrazione di sospendere il sostegno alle operazioni militari in Yemen. E il fatto che Washington si aspetta che i sauditi cooperino in questa direzione.
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