Yemen, vergogna infinita. I paesi del G20 hanno esportato armamenti per 17 miliardi di dollari verso l’Arabia Saudita, alla guida della coalizione di paesi responsabile di tutti i raid aerei nel paese negli ultimi 5 anni. Una cifra tre volte superiore agli aiuti umanitari stanziati dalle stesse nazioni del G20, per alleviare le sofferenze indicibili di un popolo allo stremo. Se invece si considera la vendita di armi verso tutti gli 8 paesi che compongono la coalizione a guida saudita, il valore delle esportazioni sale addirittura a 31,7 miliardi di dollari, ossia 5 volte il volume degli aiuti.
È la denuncia di Oxfam a pochi giorni dal G20 dei capi di stato e di governo del 21 e 22 novembre che sarà ospitato proprio dall’Arabia Saudita. Un summit da cui ci si attende un’inversione di rotta, alla luce dell’impegno assunto di recente dal presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden, riguardo la volontà di sospendere la vendita di armi che alimentano il conflitto in Yemen.
Yemen tra epidemie e guerra
Dopo oltre 5 anni e mezzo di guerra lo Yemen è un paese distrutto, mentre gli scontri continuano nei governatorati di Marib, al-Jawf e Nihm, la popolazione sta affrontando quella che già oltre un anno fa le Nazioni Unite definivano la più grave emergenza umanitaria al mondo. Lo scoppio pressoché “incontrollato” del contagio da coronavirus, va ad aggiungersi alla più grave epidemia di colera di sempre in un paese dove metà degli ospedali sono stati distrutti e i pochi in funzione non hanno mezzi e personale per rispondere ai crescenti bisogni di cure. Il risultato è che 10 milioni di yemeniti soffrono la fame, 20 milioni non hanno accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari, 18 milioni non ricevono cure di base. Nonostante questo però il piano di risposta delle Nazioni Unite per il 2020 – cruciale per alleviare le sofferenze di una popolazione che per l’80% dipende dagli aiuti internazionali – al momento è finanziato solo al 44%.
Un raid areo ogni 10 giorni ha colpito ospedali e infrastrutture idriche essenziali
Nel contesto di un conflitto che ha già causato oltre 100 mila vittime tra cui più di 12 mila civili, solo lo scorso agosto si è verificato un raid aereo ogni dieci giorni che ha colpito ospedali e infrastrutture idriche essenziali. Raid di cui è responsabile la coalizione di paesi a guida saudita che sostiene il Governo dello Yemen riconosciuto a livello internazionale.
“Dopo anni di anni di morte, sfollamenti forzati e epidemie la popolazione dello Yemen è allo stremo – rimarca Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Perciò oggi più che mai è cruciale che i Paesi del G20 intervengano subito per riunire tutte le parti in conflitto intorno ad un tavolo negoziale per raggiungere un cessate il fuoco immediato e una pace duratura. Allo stesso tempo si deve mettere fine alla vendita di armi diretta e indiretta verso le parti in conflitto. Solo l’Italia dal 2015 al 2019 ha autorizzato l’export di armamenti per un valore di circa 845 milioni di euro verso l’Arabia Saudita che si aggiungono agli oltre 704 verso gli Emirati Arabi. Tutto questo deve finire al più presto. La comunità internazionale deve abbandonare del tutto una logica fondata sul “profitto di guerra”, per sposare un dovere umanitario che, se non altro, questa pandemia dovrebbe aver reso più evidente in tutto il mondo”.
I combattimenti continuano in tutto il paese, nonostante il cessate il fuoco unilaterale dichiarato in aprile dalla coalizione saudita: i governatorati di Marib e Al-Jawf a nord sono i più colpiti da attacchi aerei, mentre Taiz nello Yemen centrale è attraversato da sanguinosi combattimenti di terra; gli scontri si sono inaspriti a Hodeidah principale porto del paese per l’ingresso di cibo, carburante e medicine, beni essenziali per 20 milioni di persone nel nord colpite da carestia e colera.
“Ho perso mio marito, ucciso da un attacco aereo nel 2015. – racconta Ibtisam Sageer Al Razehi, 35 anni, ex insegnante e madre di 3 figli – Non ho più un lavoro a causa della guerra e viviamo in una casa semidistrutta dai missili e dal fuoco dell’artiglieria. Gli aiuti arrivano solo ogni due mesi. Rivolgo un appello a tutto il mondo, perché abbia pietà dei figli dello Yemen, ponendo fine a questa guerra. Dopo anni di violenza abbiamo perso forse anche la speranza della pace.”
Come sostenere risposta di Oxfam in Yemen
Dal luglio 2015 Oxfam ha soccorso oltre 3 milioni di yemeniti in nove governatorati. Dalla conferma dei primi casi di coronavirus ha rafforzato inoltre il proprio intervento per rispondere alla pandemia, distribuendo kit igienico-sanitari alle famiglie più vulnerabili e portando acqua pulita nei campi profughi, realizzando inoltre campagne di sensibilizzazione sulle norme di prevenzione del contagio tra la popolazione. Per rispondere all’emergenza alimentare in corso, sta soccorrendo circa 280 mila persone fornendo aiuti per l’acquisto di cibo, e offrendo lavoro per la riabilitazione di infrastrutture idriche e stradali, rimaste distrutte nel conflitto.
Fino al 5 dicembre si può sostenere l’intervento di Oxfam a fianco della popolazione yemenita, soprattutto delle donne che per prime sono vittime dell’emergenza umanitaria in corso, sostenendo la campagna “DONA ACQUA, SALVA UNA VITA”, con un SMS al 45584.
Tragedia senza fine
Quella che si sta consumando in Yemen è “la peggiore crisi umanitaria del mondo”. A definirla così sono Fao, Unicef e World Food Programme (Wfp), nell’ultima analisi della Classificazione integrata delle Fasi di sicurezza alimentare (Ipc) sulla malnutrizione acuta, secondo la quale i tassi tra i bambini sotto i cinque anni sono i più alti mai registrati in alcune zone dello Yemen, con oltre 500.000 casi nei distretti meridionali. In particolare, a causa del conflitto e del declino economico, nelle area più colpite dello Yemen – pianure di Abyan (23%), pianure di Lahj (21%), pianure di Taiz (22%) – circa 1 bambino su 5 soffre di malnutrizione acuta. Nelle pianure di Hodeidah, più di 1 bambino su 4, o il 27% dei bambini, soffre di malnutrizione acuta.
L’analisi, che riguarda solo 133 distretti nelle zone meridionali dello Yemen, dove vivono 1,4 milioni di bambini sotto ai cinque anni, rivela un aumento di quasi il 10% dei casi di malnutrizione acuta nel 2020. L’aumento maggiore si registra nei casi di bambini piccoli che soffrono di malnutrizione acuta grave (Sam), con un aumento del 15,5% nel 2020. Almeno 98mila bambini sotto ai cinque anni sono quindi esposti ad alto rischio di morire, senza cure urgenti, per la malnutrizione acuta grave. Inoltre, almeno 250mila donne in stato di gravidanza o di allattamento hanno bisogno di cure per la malnutrizione. I numeri reali però, avvertono gli esperti Onu, sono probabilmente più alti perché “le cause della malnutrizione nello Yemen sono peggiorate nel 2020”.
A ribadirlo è la coordinatrice umanitaria per lo Yemen Lise Grande. “È da luglio che avvertiamo che lo Yemen è sull’orlo di una catastrofica crisi di sicurezza alimentare – ricorda -. Se la guerra non finisce adesso, ci avviciniamo verso una situazione irreversibile e al rischio di perdere un’intera generazione di giovani». Al momento nel Paese «quasi l’80% della popolazione – oltre 24 milioni di persone – ha bisogno di una qualche forma di assistenza e protezione umanitaria – si legge nell’analisi -. A metà ottobre, sono stati ricevuti solo 1,43 miliardi di dollari dei 3,2 necessari nel 2020»” Francesco Samengo, presidente di Unicef Italia, riferisce che “oltre 12 milioni di bambini in Yemen hanno bisogno di assistenza umanitaria. Sempre più bambini piccoli rischiano di diventare gravemente malnutriti e di richiedere cure urgenti. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questa terribile crisi umanitaria”.
E invece i grandi della Terra gli occhi gli hanno chiusi da tempo. Chiusi a tutto, meno che alla vendita di armi. Yemen, la vergogna continua.