“Israele si muove come uno Stato che si sta disintegrando. Le decisioni vengono cambiate due volte al giorno. Non c’è gestione delle crisi, non c’è una strategia di uscita, non c’è un budget, non ci sono riunioni di gabinetto, non c’è un commissario di polizia, non c’è un pubblico ministero. C’è solo un primo ministro che pensa esclusivamente a come non essere giudicato da un tribunale per i gravi reati di cui è imputato”. E’ stato il soldato più decorato d’Israele e l’ultimo politico, allora era il leader dei laburisti, ad aver sconfitto alle elezioni il primo ministro più longevo nella storia d’Israele, Benjamin Netanyahu. A 78 anni, Ehud Barak torna in campo, in uno dei momenti più drammatici nella vita d’Israele, alle prese con una crisi pandemica che sta mettendo in ginocchio il Paese.
La protesta popolare contro Il governo guidato da Benjamin Netanyahu non si placa. Nonostante le durissime misure restrittive assunte dall’esecutivo, continuano le manifestazioni di piazza contro “il detenuto primo ministro” e la sua fallimentare conduzione della “guerra” al coronavirus. Come valuta l’azione del governo di fronte alla crisi pandemica?
Disastrosa, irresponsabile, ondivaga, e potrei continuare all’infinito nell’aggettivare un comportamento che sta mettendo in ginocchio il paese, sotto ogni punto di vista
Sei mesi fa, Netanyahu ha detto agli israeliani di ‘uscire e divertirsi’, e poi è scomparso. La gente ha fatto come gli era stato detto, solo per scoprire che chi li governa non si era preparato per una seconda ondata del coronavirus. La gestione della crisi non è stata consegnata agli ufficiali della difesa, e non c’è un sistema per spezzare le catene dell’infezione. Forse solo Donald Trump si è avvicinato a Netanyahu quanto a incapacità nel fronteggiare il Covid-19. Il prezzo che Israele rischia di pagare per il comportamento irresponsabile del governo è molto più alto di qualsiasi guerra che abbiamo combattuto.
Un’affermazione pesantissima.
No, è la realtà che è pesantissima. Un milione di israeliani, decine di migliaia di famiglie, sono abbandonati al loro destino e alla loro sofferenza. Il futuro delle giovani generazioni è ipotecato. I nostri nipoti pagheranno comunque il prezzo dell’inconcepibile danno, stimato in circa 100 miliardi di shekel (29 miliardi di dollari). Un blocco nazionale durante le più importanti festività porrà il sigillo finale sul colossale fallimento del governo e del primo ministro. Aggraverà enormemente i danni già causati e potrebbe determinare il destino del governo. La gestione dell’emergenza doveva essere affidata già da tempo alle Idf (le Forze di difesa israeliane,ndr) le uniche in grado di garantire l’attuazione delle misure adottate…
Ma questo significa militarizzare il paese
Ma Israele è in guerra. In guerra contro un virus che ha provocato più morti di tutte le intifade palestinesi! Le stesse misure alla fine adottate sono state il prodotto di un patteggiamento irresponsabile fatto da Netanyahu con i suoi più fedeli sostenitori al governo, gli haredim (“Timorati di Dio”, gli ebrei ultraortodossi,ndr). Un patto sulla vita degli israeliani. Aver lasciato aperte le yashivas (scuole talmudiche, ndr), non aver fatto rispettare il distanziamento sociale e le atre misure sanitarie nelle aree popolate dagli haredim (gli insediamenti israeliani più ampi nella Cisgiordania palestinese sono abitati da decine di migliaia di haredim, ndr), ha moltiplicato l’infezione. E adesso si è corso ai ripari, con un colpevole ritardo. Ma non basta…
Cos’altro ancora?
Sotto la copertura della pandemia e delle sofferenze, Netanyahu sta conducendo una sorta di colpo di stato da parte del regime. La campagna sta procedendo con notevole successo perché parte dell’opinione pubblica, compresi i funzionari pubblici ed eletti, soffre di una cecità collettiva, che li porta a rifiutare di riconoscere la grave minaccia che incombe su tutti noi a causa di un imputato che si sente perseguitato e spinto a un’imprudenza palesemente illegittima. Netanyahu ha trasformato la calunnia di qualcuno a suo modo in un’arte. Il suo durissimo attacco al pubblico ministero e ai giudici all’apertura del suo processo per corruzione avrebbe scosso le fondamenta dello Stato in passato, ma la gente ci ha fatto l’abitudine e non è più scioccata. Qui non c’è nulla di originale, né i metodi di Netanyahu né la cecità delle élite. Nemmeno il conformismo di alcuni media. Tutto è già accaduto in regimi oscuri in passato…
Detto dal soldato più decorato nella storia d’Israele…
Le fortezze cadono quando chi dovrebbe proteggerle non combatte. Ora è il momento di svegliarsi. Guardate Liat Ben Ari, il procuratore capo nel processo di Netanyahu, che è protetto al “livello 4”, come giudici e procuratori sono nei processi israeliani contro il crimine organizzato. Lei è l’equivalente dei giudici e dei procuratori. E chi è l’equivalente delle organizzazioni criminali? Chi non capisce? Anche i giudici nel processo di Netanyahu saranno minacciati. E chi ci può assicurare che di fronte alle minacce ai loro figli, alla famiglia, al futuro e alla reputazione, uno o più di loro non si dimetteranno? Tutto questo potrebbe essere diverso. La cinica crociata di Netanyahu contro le forze dell’ordine di Netanyahu costerà cara a Israele. Netanyahu dimostra ancora una volta che combattere il coronavirus non è la sua massima priorità…
E quale sarebbe la sua priorità?
Il suo obiettivo è chiaro: andare alle elezioni con tutto il mondo contro di lui. Dov’è il procuratore generale, che Netanyahu sta asfaltando e infangando? Cosa trattiene l’indagine sulle azioni che Netanyahu ha venduto con un enorme profitto, su suo cugino e sui falsi rapporti al controllore statale? E l’accordo sul conflitto di interessi che l’Alta Corte di Giustizia ha ordinato e che Netanyahu si rifiuta di firmare? Come dormono i giudici dell’Alta Corte? Dove sono Benny Gantz (ministro della Difesa, ndr) e Gabi Ashkenazi (ministro degli Esteri, ndr) di Kahol Lavan? Dove sono i giudici dell’ex Corte Suprema e i capi dei dipartimenti di diritto delle università? Nessuno di loro capisce cosa sta succedendo qui? All’ombra della pandemia e del disastro che ha colpito milioni di persone, Netanyahu sta facendo crollare l’intero tempio. In altre parole, sta conducendo trattative in stile mafioso per essere eletto presidente dal Parlamento, o per essere graziato prima che il suo processo inizi seriamente. Ognuna di queste opzioni, anche un patteggiamento, che lo tirerebbe fuori dalle accuse di corruzione e di turpitudine morale, imprimerebbe il marchio di Caino sulla fronte di una società e di un paese che si è arreso all’estorsione in stile mafioso. Questo è duro, ma è la verità.
Lei sta descrivendo un paese senza speranza..
No, Israele uscirà da questo pantano. Rimarrà ferito per anni, ma lo supererà. Come nazione, abbiamo già superato prove più dure. Ma oserei dire che coloro che hanno cercato di uccidere la democrazia, così come coloro che hanno taciuto, saranno ricordati con eterna vergogna.
Netanyahu può vantare gli accordi di pace sottoscritti con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein…
Nessuno disconosce l’importanza di queste intese, perché normalizzare le relazioni con i Paesi arabi è un bene per Israele, a prescindere da chi governa. Eppure questi accordi, nonostante la grancassa mediatica tentata da Netanyahu, sono scivolati via, perché la gente d’Israele ha altro a cui pensare, e non c’è accordo di pace che può lenire le responsabilità di chi governa oggi il paese per come ha affrontato la “guerra” al Covid-19. Sono ormai 14 settimane di fila che decine di migliaia di israeliani dimostrano davanti alla residenza del primo ministro a Gerusalemme e in tante altre città: non è una protesta organizzata da un partito, ma nasce dall’esasperazione di cittadini, molti dei quali hanno detto di aver votato per il Likud (il partito di Netanyahu, ndr) e per Kahol Lavan, e che oggi si ritrovano senza più un lavoro, senza assistenza. Sono imprenditori che hanno dovuto chiudere le loro attività, madri single che non ricevono più un sostegno economico, o anziani che non ricevono più le cure necessarie. Sono medici e infermieri, i veri eroi di questa “guerra”, che non ce la fanno più a far fronte a questa situazione, e chiedono più risorse, inutilmente. Si rivolgono a un primo ministro che dimostra di avere ben altro per la testa. La gente è esasperata e Netanyahu non trova di meglio che gridare al complotto, dipingendo i manifestanti come “comunisti” o “anarchici di sinistra” e fomentando la parte più estrema della destra a reagire in sua difesa. E come se non bastasse, ha l’ardire di scaricare sui manifestanti la tragedia del coronavirus. Non sono stato io ma il Commissario per la lotta al Covid a definire “miserabile” la decisione del primo ministro di imporre un lockdown totale. E faccio notare che a nominare il professor Gamzu per quell’importante incarico. è stato lo stesso Netanyahu
Anche in un momento come questo, in cui un paese dovrebbe essere unito, c’è chi lo divide, esasperando le tensioni. Netanyahu ha infettato il paese con il virus dell’odio, e tutto per non andare a processo.
Dal dibattito politico in Israele sembra essere scomparsa ormai da tempo la questione palestinese. Tornando indietro nel tempo, la memoria va a quell’agosto del 2000, quando a Camp David l’allora presidente degli Usa Bill Clinton riunì il leader dei Palestinesi, Yasser Arafat, e il primo ministro d’Israele. Quel primo ministro era Lei. Venti anni dopo, si può affermare che quella è stata un’occasione irripetibile?
Non so se sia irripetibile. Mi auguro di no, ma certamente quell’estate eravamo a un passo da un accordo che avrebbe cambiato la storia non solo di Israeliani e Palestinesi, ma dell’intero Medio Oriente. E proprio per questo in molti hanno lavorato per far fallire quella prova. Continuo a ritenere che c’è una maggioranza di israeliani che ci crede, che crede in una pace nella sicurezza. Il che significa uno Stato palestinese smilitarizzato, ma qual è l’alternativa che la destra propone: uno
Stato unico, che abbracci la Giudea e Samaria (i nomi biblici della Cisgiordania, ndr, ma in questa idea di Stato i palestinesi non sono contemplati, ma essi esistono, e con loro dovremmo imparare a convivere. So che non è facile, ma è una sfida che non possiamo mancare.
(ha collaborato Cesare Pavoncello)
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