E’ uno dei leader storici di Hamas nella Striscia di Gaza: Mussa Abu Marzuq è l’uomo che tiene i rapporti con le altre fazioni della “Resistenza” a Gaza. In questa intervista esclusiva concessa a Globalist, il leader di Hamas ribadisce che “il piano di annessione dei sionisti, in qualunque sua versione, è una dichiarazione di guerra al popolo palestinese. E la risposta della Resistenza sarà durissima”.
Oggi, 1° luglio, il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe dovuto annunciare l’avvio del piano di annessione di parte della Cisgiordania. Ma l’annuncio è slittato. Qual è la risposta di Hamas?
Netanyahu deve fare i conti con gli interessi del suo burattinaio americano, Donald Trump. Devono trovare il modo di neutralizzare le condanne internazionali, perché questo è l’unica cosa che interessa loro…”.
Si parla di una “mini annessione”…
I sionisti hanno già depredato una parte della Palestina, creando in ciò che resta un regime di apartheid. La resistenza palestinese non accetterà mai l’annessione israeliana, mini o maxi che sia. La nostra lotta è per la liberazione della Palestina e non cesserà fino al raggiungimento dell’obiettivo per il quale hanno versato il loro sangue migliaia di combattenti.
Lei è l’uomo che tiene le fila dei rapporti con le altre fazioni palestinesi che fanno parte della “Resistenza”. Ma da questo fronte è assente l’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Mahmoud Abbas. E’ una divisione di compiti?
Nessuna divisione di ruoli o compiti. Non c’è chi combatte e chi “governa”. Ciò che sta avvenendo è anche il frutto della strategia fallimentare portata avanti dall’Anp con gli accordi di Washington. Israele non conosce altro linguaggio che quello della forza. I sionisti non vogliono la pace ma la nostra resa. Per loro l’unico palestinese buono, è un palestinese morto o schiavizzato. Tutto ciò che abbiamo ottenuto è stato il prodotto della resistenza…
E cosa avreste ottenuto?
La liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi, ad esempio. E questo non è certo avvenuto per la bontà d’Israele o per l’intervento della comunità internazionale. I nostri fratelli sono stati liberati perché gli israeliani sono stati costretti a trattare per riavere indietro i soldati fatti prigionieri dalla resistenza. Se fosse stato per i cosiddetti negoziati di pace, non un palestinese sarebbe stato liberato da Israele.
Lei parla di resistenza. Anche armata?
La stessa Convenzione di Ginevra contempla il diritto alla resistenza da parte di un popolo sotto occupazione. La cosa più importante oggi è rafforzare l’unità palestinese, una unità che nasce dalla resistenza.
Insisto: questo esclude l’Anp?
E’ l’Anp che si sta chiamando fuori arrestando quanti in Cisgiordania intendono resistere all’annessione sionista. L’unità si fa contro il nemico, altrimenti è collaborazionismo.
Hamas chiama alla resistenza. Ma come pensate di poter sconfiggere uno degli eserciti più forti al mondo?
E quale sarebbe l’alternativa? Alzare le mani, arrendersi? Questo non avverrà mai, mai. Sappiamo meglio di chiunque altro contro chi combattiamo: sappiamo della loro potenza di fuoco e dei crimini di cui si sono macchiati contro la popolazione civile a Gaza e in Cisgiordania. Per Israele chiunque si oppone all’occupazione è un terrorista da eliminare. Non si fermano davanti a niente: guardate cosa hanno fatto solo qualche giorno fa a un giovane palestinese disabile: lo hanno ucciso come un cane.
Nel vocabolario di Hamas esiste la parola dialogo?
Un popolo in lotta non può dialogare con il suo carnefice, con chi vorrebbe cancellarci dalla faccia della terra. La propaganda sionista, che va molto anche in Europa, ci dipinge come belve assetate di sangue, come mostri che hanno in testa solo l’idea del martirio. Niente di più falso. Noi lottiamo per liberare la Palestina, per creare uno Stato di Palestina. Israele non accetterà mai uno Stato di Palestina, questo lo sanno tutti, anche in Europa. Non importa quanto tempo ci vorrà, fosse anche un secolo, ma alla fine la Palestina sarà liberata.
Intanto, però, nella Striscia di Gaza quasi due milioni di palestinesi, la maggioranza sotto i 18 anni, vivono in condizioni disumane. E a governare a Gaza è Hamas.
Da oltre dodici anni, Israele assedia Gaza. E l’assedio è iniziato dopo libere elezioni, certificate da centinaia di osservatori internazionali, vinte da Hamas. Quelli compiuti da Israele a Gaza sono crimini contro l’umanità, perché tali sono le punizioni collettive inflitte alla popolazione civile, la distruzione di scuole, strutture sanitarie, il razionamento dell’energia elettrica che impedisce il funzionamento degli ospedali…Israele ha fatto di Gaza una prigione a cielo aperto, isolata dal mondo. Noi lottiamo per rompere questa gabbia, contro i nostri carcerieri”.