L'annessione: così nasce una Grande Israele razzista e illiberale
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L'annessione: così nasce una Grande Israele razzista e illiberale

Con l’avvicinarsi del fatidico 1° luglio, lo scontro si fa sempre più rovente. Qualsiasi annessione dei Territori palestinesi da parte di Israele sarebbe "un crimine". 

Israele- Cisgiordania
Israele- Cisgiordania
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Giugno 2020 - 15.24


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Il conto alla rovescia è iniziato. E con l’avvicinarsi del fatidico 1° luglio, lo scontro si fa sempre più rovente. Qualsiasi annessione dei Territori palestinesi da parte di Israele sarebbe “un crimine”. 

Lo ha detto il ministro degli Esteri dell’Anp, Riad Al-Malki, durante la riunione virtuale del Consiglio di Sicurezza Onu, avvertendo che ci saranno “ripercussioni immediate” se questo piano andrà avanti. Tutto il mondo parla di un “bivio”, ma il problema è che Israele è “purtroppo l’autista” e si rifiuta di fermarsi al “semaforo rosso”, ha aggiunto Al-Malki. 

Dura la replica di Israele: “Nessuna propaganda palestinese cambierà il legame forte e innegabile tra il popolo ebraico e la nostra storica patria di Giudea e Samaria”, ribatte l’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, nel corso della riunione virtuale del Consiglio di Sicurezza sul Medio Oriente. “Alcuni membri della comunità internazionale scelgono di premiare il rifiuto dei palestinesi e ignorano la realtà – ha aggiunto – l’approccio di accettare ciecamente la narrativa e le richieste palestinesi non ha portato e non porterà ad una fine duratura e sostenibile del conflitto”. 

Scontro rovente

I palestinesi respingono l’annessione da parte di Israele “anche di un solo pollice delle terre palestinesi occupate” così come si oppongono al cosiddetto ‘Accordo del secolo’ e ad altri piani israelo-americani ad esso collegati: lo ha ribadito ieri il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, citato dalla agenzia di stampa ufficiale Wafa. Se Israele procedesse comunque con la annessione, ha aggiunto, dovrebbe allora accollarsi tutte le responsabilità nei confronti dei territori occupati, come stipulato dalla quarta Convenzione di Ginevra. In una videoconferenza del Parlamento arabo, Abu Mazen ha ribadito che la decisione dell’Anp di sganciarsi da tutti gli accordi con Israele “non significa che non vogliamo la pace, bensì che noi estendiamo la nostra mano di pace e siamo pronti a partecipare ad una conferenza internazionale e a lavorare attraverso un meccanismo multinazionale, ossia il Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu, ndr), per procedere in negoziati basati sul diritto internazionale e sull’iniziativa di pace araba” dei primi anni Duemila.

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 L’appello di Guterres

Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si è augurato che Israele rinunci ai suoi disegni di annettere parti della Cisgiordania denunciandone la “gravissima violazione della legge internazionale”. Lo riferiscono i media israeliani secondo cui per Guterres l’annessione sarebbe “devastante” per una ripresa dei negoziati e per la Soluzione a “2 Stati”. “Faccio appello ad Israele perché abbandoni i suoi piani di annessione” ha detto spiegando che la mossa “minaccia gli sforzi per far progredire la pace regionale”.

 Onu e Lega Araba, infatti, hanno lanciato un appello congiunto ad Israele affinché abbandoni i piani per annettere parti della Cisgiordania occupata, nel corso di una riunione in video conferenza del Consiglio di Sicurezza. “Chiedo al governo israeliano di abbandonare i piani di annessione”, ha detto ancora Guterres, ribadendo l’obiettivo di una soluzione dei due Stati.

Il segretario generale della Lega araba Ahmed Aboul Gheit ha sottolineato che l’annessione “distruggerà ogni prospettiva di pace in futuro”. “La possibile mossa da parte del governo israeliano costituirebbe, se attuata, una seria minaccia alla stabilità regionale”, ha aggiunto. La riunione del Consiglio è’ stata l’ultima prima della prevista data di annessione del 1 luglio.

 L’annessione di parti della Cisgiordania “è una decisione che spetta a Israele” dichiara invece il segretario di Stato americano Mike Pompeo.

Il coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov, ha parlato di “immensi rischi che dovremo affrontare nelle prossime settimane e mesi con la reale possibilità di annessione e le sue conseguenze”. “Poiché la prospettiva della soluzione di due Stati è ridotta, emerge lo spettro della rabbia, della radicalizzazione e della violenza – ha detto nel corso della riunione virtuale del Consiglio di Sicurezza. Al di là delle implicazioni legali, di sicurezza ed economiche, la minaccia dell’annessione unilaterale di parti della Cisgiordania invierà un messaggio solo, ossia che i negoziati bilaterali non possono portare una pace giusta. Non possiamo permettere che ciò accada”, ha aggiunto: “La diplomazia deve avere una possibilità”. “Questo è il motivo per cui vi chiedo di unirvi al segretario generale nella sua richiesta di un reimpegno immediato, senza condizioni preliminari, tra il Quartetto, la leadership palestinese, Israele e i Paesi della regione al fine di trovare una via d’uscita dalla crisi”, ha detto Mladenov, ribadendo che “solo lavorando insieme possiamo ripristinare un dialogo significativo e migliorare la stabilità e le condizioni della gente”.

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La rivolta continua

In migliaia sono scesi in piazza oggi a Fasayel per manifestare, ancora una volta, contro il governo Netanyahu – Gantz che prevede di cominciare l’annessione della Valle del Giordano a inizio luglio. I palestinesi manifestano da giorni contro Israele per difendere la Valle del Giordano e i suoi residenti: “Non esiste uno stato palestinese senza la Valle del Giordano” hanno scandito  i dimostranti.

L’Israele del dialogo non si arrende

“Dobbiamo parlare con i palestinesi, avviare delle trattative, cambiare la situazione, altrimenti rimarremo intrappolati in questa guerra infinita per sempre”, è l’appello che lancia lo scrittore israeliano vincitore del Premio Hemingway 2020 per la letteratura David Grossman.

“Sono estremamente preoccupato dal persistente stallo dei negoziati di pace in Medio Oriente e dall’annuncio delle autorità israeliane del piano per annettere dal primo luglio parti estese delle terre palestinesi in Cisgiordania e nella Valle del Giordano”, commenta Rik Deams, presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, in cui siedono anche israeliani e palestinesi.

Resistenza non violenta

Due terzi dei palestinesi sono convinti che Israele estenderà la propria sovranità su parti della Cisgiordania, nel contesto del Piano Trump. La reazione adeguata ad uno sviluppo del genere – secondo il 71% – è di cessare l’applicazione degli accordi di Oslo (1993) e di rompere ogni relazione con Israele. Il 61% è favorevole a una “resistenza pacifica” per sventare i piani israeliani. Questi alcuni dei dati emersi in un sondaggio fatto in Cisgiordania e a Gaza dal Centro Psr di studi politici a cura di Khalil Shkaki. Il sondaggio ha rilevato che la quasi totalità dei palestinesi (88%.) si oppone al Piano Trump e due terzi pensano che la Soluzione dei Due Stati non sia più raggiungibile “a causa degli insediamenti israeliani”.

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Dove vai, Israele?

Così Gideon Levy, icona del giornalismo radical israeliano, conclude un suo articolo su Haaretz “Forse è giunto anche il momento di cancellare ciò che è scritto sulla statua del leone ruggente di Tel Hai. Basta con ‘È bello morire’. Golda Meir e Moshe Dayan meritano davvero commemorazione e onore? I terroristi i cui nomi abbelliscono le strade di Ramat Aviv Gimmel a Tel Aviv meritano questo? Shlomo Ben Yosef ha lanciato una granata contro un autobus pieno di passeggeri; Eliyahu Hakim ed Eliyahu Beit-Zuri hanno ucciso Lord Moyne. Le strade dovrebbero prendere il loro nome? L’occupazione è degna di essere immortalata? C’è ancora un kibbutz e un nome di strada che lo glorifica. Ramat Hakovesh può commemorare la conquista del movimento operaio, ma anche l’espropriazione dei palestinesi dei loro mezzi di sussistenza non merita di essere onorata. L’America sembra aver trovato la strada per una soluzione”. Una strada insanguinata per una soluzione devastante. Non solo per i Palestinesi, ma anche per Israele, che allargherà i propri confini, ma sancirà il suo essere diventata un etnocrazia che fonda se stessa sul razzismo e l’oppressione.

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