Le lacrime per la neonata affogata non nascondono le vergogne della Libia
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Le lacrime per la neonata affogata non nascondono le vergogne della Libia

Il ritrovamento del corpicino senza vita riaccenderà per qualche ora i riflettori sulla strage di innocenti del Mediterraneo ma sono lacrime di coccodrillo.

La tutina della bambina migrante annegata
La tutina della bambina migrante annegata
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Giugno 2020 - 12.18


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Ora, verseranno fiumi di lacrime. Lacrime di coccodrillo, impregnate di ipocrisia, versate per una esposizione mediatica Statene certi: le lacrime inonderanno le prime pagine dei giornali, e quel corpicino senza vita riaccenderà, per qualche ora, i riflettori sulla strage di innocenti, una strage senza fine, che si consuma nel Mediterraneo e nei lager libici. Queste lacrime non possono nascondere la vergogna di quanti hanno permesso questo scempio di vite umane. Di quanti sanno e non agiscono per impedire questa mattanza. Anzi, ne sono complici.

Lacrime di coccodrillo

Il corpicino di una bambina di appena 5 mesi è stato trovato questa mattina sulla spiaggia di Sourman in Libia, restituito dal mare dopo il naufragio di alcuni giorni fa a poche miglia da Zawija in cui avevano perso la vita 12 persone. Tra cui, appunto, due bambini. Ne dà notizia Alarm Phone, la piattaforma che offre assistenza telefonica ai migranti nel Mediterraneo: “Tre giorni dopo il naufragio del 13 giugno davanti alle coste di Zawiya, il corpo di una neonata è stato ritrovato sulla spiaggia di Sorman. Mandiamo tanta forza e solidarietà alla famiglia e condanniamo queste infinite uccisioni ai confini d’Europa. Black Lives Matter, anche nel Mediterraneo”, scrivono gli attivisti su Twitter.

Al Hadaf News ha pubblicato la foto del corpicino, ancora avvolto in una tutina con disegnato un coniglietto, condividendo il comunicato della Mezzaluna Rossa, la Croce Rossa dei Paesi arabi, che ricorda come nel naufragio siano morte 12 persone su 30 presenti a bordo del gommone, rovesciatosi a poche miglia dalla costa. 

Ora assisteremo alla solita gara a. chi si duole di più. A chi twitta più forte: mai più. Ipocrisia al potere. Perché molti dei falsi dolenti fanno finta di dimenticare che c’’erano anche molti bambini piccoli tra i circa 200 migranti intercettati il 9 giugno scorso in mare dalle motovedette della Guardia costiera libica e riportati a Tripoli. Ad assistere ai respingimenti dall’alto anche l’aereo Moonbird della Ong Sea Watch arrivata in quelle ore in zona Sar, che aveva avvistato tre imbarcazioni in difficoltà poi soccorse dai libici che hanno preso a bordo i migranti riportandoli indietro.

Vergogna italiana

La Guardia Costiera libica: quella in cui si sono riciclati banditi, trafficanti di esseri umani, responsabile di trattamenti disumani nei confronti dei migranti intercettati in mare e riportati nei lager libici. Invece di chiudere i cordoni della borsa, l’Italia ha in programma di continuare ad aumentare gli stanziamenti alla Guardia Costiera libica: 3 milioni in più nel 2020, per un totale di 58,28 milioni di euro diretti alle autorità libiche, che portano il costo sostenuto dai contribuenti italiani a sostegno dell’accordo Italia-Libia, siglato nel 2017, a 213 milioni di euro. Tutto ciò, nonostante si continui a morire lungo la rotta del Mediterraneo centrale – con oltre 230 vittime dall’inizio dell’anno- e nonostante numerose inchieste e testimonianze abbiano confermato il coinvolgimento della Guardia Costiera libica nel traffico di esseri umani. Mentre proseguono i “rimpatri” forzati verso i “lager” libici, dove uomini, donne e bambini in fuga da guerre e persecuzioni, sono ancora oggi vittime di torture e abusi inimmaginabili. 

È l’allarme lanciato da Oxfam, alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato e in occasione dell’inizio del dibattito sul rinnovo delle missioni militari italiane all’estero in Commissione Esteri alla Camera, che approderà presto in aula per il voto.

“Siamo al paradosso. – sottolinea Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia –  Mentre al largo delle coste libiche si continua a morire, come dimostra l’ennesima tragedia di pochi giorni fa, proprio il Governo che doveva segnare una discontinuità sulle politiche migratorie, con un “copia e incolla” della descrizione delle missioni nel dossier presentato al Parlamento negli anni precedenti, aumenta gli stanziamenti alle autorità libiche e alla Guardia Costiera. Non si ha notizia poi delle modifiche richieste al governo libico che a novembre hanno giustificato il rinnovo dell’accordo. In sostanza si va avanti nella stessa direzione, in un paese dove “l’industria del contrabbando e tratta” è stata in parte convertita in “industria della detenzione” con abusi e violenze oramai note a tutti, anche grazie a questo considerevole flusso di denaro”.

L’impatto dell’emergenza Covid nei centri di detenzione

Al momento si contano oltre 2 mila migranti bloccati nei centri di detenzione ufficiali libici e un numero imprecisato in quelli non ufficiali, controllati dalle diverse bande armate e fazioni in lotta, con oltre 400 mila gli sfollati interni a causa della guerra civile. “Con oltre 480 contagi da coronavirus registrati ufficialmente nel paese, e molti altri che potrebbero non essere stati rilevati, in questo momento a preoccupare sempre di più è proprio la situazione sanitaria nei centri di detenzione dove si vive ammassati, in condizione di vera disumanità. – continua Pezzati – Un allarme rilanciato pochi giorni fa anche da Papa Francesco, a cui ci uniamo nel fare appello alla comunità internazionale, perché venga trovata il prima possibile una soluzione concreta per porre fine a violenze e abusi.”

 Oltre 4.200 migranti riportati in Libia dall’inizio dell’anno

A pochi giorni dal voto parlamentare sul rinnovo delle missioni militari italiane all’estero, chiediamo al Governo e ai partiti di maggioranza di congelare immediatamente gli stanziamenti per il 2020 diretti alle autorità e alla Guardia costiera libica, che solo quest’anno ha intercettato e riportato in un Paese in guerra oltre 4.200 migranti, quasi 1.400 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – conclude Pezzati – Il fragile cessate il fuoco appena raggiunto può essere l’occasione per definire un Piano di evacuazione, coordinato a livello europeo, di tutti i migranti e rifugiati detenuti arbitrariamente, proponendo inoltre un piano di riforme che metta fine alla loro detenzione obbligatoria e automatica. Finché l’Italia e l’Europa continueranno a girarsi dall’altra parte, avremo sulla nostra coscienza orrori indicibili che abbiamo contribuito a generare”.

 Libia, i bambini intrappolati nella guerra

Le prime vittime di questa guerra senza fine sono i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. A denunciarlo è l’Unicef, l’Agenzia dele Nazioni Unite per l’infanzia. 

Anche se alcune agenzie umanitarie cominciano ad avere accesso alla Libia orientale, in particolare ad Ajdabiya e Bengasi, la situazione di insicurezza continua a impedire l’afflusso di aiuti massicci. Inoltre, preoccupa fortemente l’Unicef l’aggravarsi della situazione a Misurata. 

Al 27 marzo erano 381.888 le persone fuggite dalla Libia nei paesi confinanti, di cui soltanto circa 60.000 di nazionalità libica; a queste vanno aggiunti i primi 1.484 migranti africani partiti da Tripoli e Misurata, sbarcati a Linosa o Lampedusa e trasferiti in Sicilia (dato Unhcr 29 marzo), fra i quali molte madri con bambini e molti adolescenti. 

Nell’area di Salloum, in Egitto, sono approdate 2.100 persone, fra le quali l’Unicef  ha censito (26 marzo) 205 bambini, 123 dei quali minori di 5 anni. 

In Tunisia, il campo profughi di Shousha, al confine, ospita (27 marzo) 7.300 persone fuggite dalla Libia, dove si trovavano per motivi di lavoro. Per lo più si tratta di cittadini del Sudan (3.000), della Somalia (oltre 1.000), del Bangladesh (oltre 800). Nel campo ci sono 420 nuclei familiari con oltre 150 bambini, 300 di queste famiglie sono richiedenti asilo. 

 “Chiediamo che si apra un corridoio umanitario per assistere la popolazione in Libia: questo l’appello lanciato la settimana scorsa dal campo di Shousha dalla rappresentante dell’Unicef in Tunisia, Maria Luisa Fornara.  “Nonostante la risoluzione dell’Onu , il cessate il fuoco non è stato rispettato, insieme alle altre agenzie ci stiamo preparando per l’eventualità che si possa aprire il corridoio umanitario. E stiamo lavorando in particolare dalla parte sia dell’Egitto sia della frontiera con la Tunisia”, aggiunge Fornara.

Gli attacchi contro le scuole e le minacce di violenza hanno portato a chiusure e lasciato circa 200.000 bambini fuori da scuola. Il sistema idrico è stato attaccato e il sistema di gestione dei rifiuti è praticamente collassato, aumentando notevolmente il rischio di malattie legate all’acqua, fra cui il colera.

Anche i 60.000 bambini rifugiati e migranti attualmente nelle aree urbane sono estremamente vulnerabili, soprattutto i 15.000 non accompagnati e coloro che sono trattenuti nei centri di detenzione. Questi bambini avevano già accesso limitato a servizi essenziali e di protezione, quindi l’intensificazione dei conflitti ha solo amplificato i rischi che corrono.

Molti bambini e bambine hanno dovuto abbandonare le loro case, spesso rimanendo in prossimità di zone di guerra, dove l’approvvigionamento di cibo, medicine e carburante è difficile e i servizi pubblici, come quelli per la salute e l’educazione, sono severamente colpiti, rimarca in un recente rapporto Save the Children.

Nel conflitto rimangono intrappolati poi numerosi migranti e rifugiati, compresi minori, talvolta rinchiusi nei centri di detenzione, dove subiscono orrori inimmaginabili. 

Dal momento in cui entrano nel Paese, infatti, i migranti rischiano di perdere la vita, di subire torture e altri tipi di abusi, di essere imprigionati e arbitrariamente privati della libertà, di subire violenze sessuali e stupri, discriminazioni di genere, di essere ridotti in schiavitù e di essere vittime di estorsioni e sfruttamento, sottolinea il report. 

Secondo la United Nations Support Mission in Libya (Unsmil) e l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Ohchr)), sono molte le persone che sono morte dopo esser state colpite da armi da fuoco, torturate fino alla morte, o semplicemente lasciate morire di fame o a causa di malattie gravi.  Se intercettati dalla Guardia Costiera libica – rileva ancora Save the Children –  inoltre, i migranti sono riportati in un Paese in guerra e nel quale si compiono violazioni gravi dei diritti umani. Un Paese, quindi, non sicuro. I trasferimenti o i rimpatri in Libia, condotti dalla Guardia Costiera libica o da qualsiasi altra autorità, sono inaccettabili”.

E l’Italia aumenta il sostegno a costoro. Le lacrime per la bimba di 5 mesi sottratta alla vita, non coprono questa vergogna. 

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