Lui è l’ispiratore di suprematisti bianchi e razzisti, come il giubilo dell’estrema destra alle sue elezioni ha dimostrato.
E il suo principale nemico sono gli antifascisti, che lui detesta quasi quanto gli immigrati e i musulmani.
Così Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti inseriranno gli attivisti anti-fascisti di estrema sinistra liberamente affiliati al gruppo ‘Antifa’ tra le organizzazioni terroristiche.
L’annuncio non ha mancato di sollevare critiche da parte di chi fa notare non solo come gli Stati Uniti non siano dotati di una legge sul terrorismo interno ma anche come ‘antifa’ non sia un’organizzazione con un suo leader, una sua struttura definita o dei ruoli e dei mandati al suo interno.
A sottolinearlo è il New York Times che cerca di fare il punto su questi manifestanti ed i loro obiettivi.
Piuttosto, scrive il giornale, si tratta di un movimento di attivisti che condividono filosofia e tattiche. Si sono fatti notare con la loro presenza in occasione di varie proteste negli anni recenti, tra cui ‘Unite the Right’ a Charlottesville nel 2017.
E’ impossibile sapere quante persone si considerino suoi membri, scrive il giornale. I suoi seguaci ammettono che il movimento è circondato dal riserbo, non ha leader ufficiali ed è organizzato in cellule autonome. Inoltre si tratta di uno solo dei movimenti di attivisti all’interno di un’ampia costellazione di gruppi che negli ultimi anni si sono uniti per opporsi all’estrema destra.
I membri di antifa contestano le azioni che considerano autoritarie, omofobiche, razziste o xenofobe. Il movimento non è affiliato ad altri gruppi a sinistra ma i suoi attivisti a volte collaborano con altre reti locali che protestano sulle stesse tematiche, ad esempio Occupy o Black Lives Matter.
Gli obiettivi sono genericamente quelli di contrastare l’azione messa in atto da gruppi considerati fascisti, razzisti e di estrema destra per dotarsi di una piattaforma che consenta loro di promuovere il loro punto di vista. L’idea di partenza è che l’espressione di tali ideologie provochi azioni dirette contro gli emarginati, quali minoranze razziali, donne, membri della comunità L.G.B.T.Q. “La loro tesi è che la militanza antifascista sia intrinsecamente un’azione di autodifesa per via della violenza documentata rappresentata dai fascisti, soprattutto per la gente marginalizzata”, spiega Mark Bray, del Dartmouth College, interpellato dal quotidiano. (segue)
Molti organizzatori aderenti ad Antifa partecipano a molte forme pacifiche di organizzazione comunitaria ma ritengono che l’uso della violenza sia giustificato dal fatto che se i gruppi fascisti o razzisti sono autorizzati ad organizzarsi liberamente, “questo porterà inevitabilmente a violenze contro gli emarginati”, aggiunge.
Quanto alle origini del movimento si ritiene che molti si siano uniti ad esso negli Stati Uniti a seguito dell’elezione di Trump nel 2016 per contrastare la minaccia proveniente dall’alt-right, la destra alternativa. Il movimento ha acquistato maggiore visibilità nel 2017 dopo una serie di azioni, tra cui gli scontri con i nazionalisti bianchi a Charlottesville.
Il movimento è stato ampiamento criticato dalla politica mainstream, a destra come a sinistra. Dopo le proteste a Berkeley, California, nel 2017 Nancy pelosi aveva condannato “le azioni violente di gente che si fa chiamare antifa” ed aveva detto che dovevano essere arrestati.
Quanto ai conservatori, hanno ripetutamente condannato le loro azioni sostenendo che i militanti del movimento stanno cercando di impedire la libera espressione del loro pensiero politico.
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