La crisi legata al Covid-19 infiamma il Libano
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La crisi legata al Covid-19 infiamma il Libano

L'esercito spara sui manifestanti che prendono d'assalto le banche. Un morto negli scontri

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29 Aprile 2020 - 14.15


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Chi aveva immaginato che le proteste in Libano si fossero definitivamente arrestate con l’arrivo dell’emergenze Covid, si sarà dovuto ricredere in questi giorni. La tensione è infatti altissima nel Paese dei Cedri – racconta l’agenzia Nena News – soprattutto dopo l’uccisione da parte dell’esercito del 26enne Fawas Foud al-Samman nella città settentrionale di Tripoli.
Al-Samman è morto ieri mattina dopo che era stato gravemente ferito negli scontri tra manifestanti e militari lunedì sera (una sessantina i feriti). La rabbia era ancora tanta in piazza e così, dopo i funerali del ragazzo, nuovi tafferugli con le forze dell’ordine sono scoppiati in città.Le scene che si sono viste ieri sono quelle che si ripetono da mesi: diversi dimostranti hanno sfasciato e dato alle fiamme banche e Atm, bloccando le strade e bruciato copertoni. Durissima la risposta dell’esercito che ha usato proiettili veri (non di gomma), facendo ampio uso di lacrimogeni.
In seguito ai nuovi attacchi, l’associazione di banche libanesi ha fatto sapere che le loro filiali a Tripoli rimarranno chiuse finché non sarà assicurata la salvezza. Da ottobre le banche sono il principale obiettivo di chi manifesta: da mesi non si può disporre del proprio conto liberamente, i trasferimenti sono bloccati e i prelievi limitati al minimo.
Che la tensione sia particolarmente alta proprio nel nord non deve sorprendere: seconda città libanese in ordine di grandezza, Tripoli è anche una delle zone più povere del Libano e che di più sta pagando la devastante crisi economica che vive il Paese dei Cedri.
Ma si sbaglia a credere che il problema sia limitato alla sola città settentrionale. Ieri, ad esempio, a nord di Beirut si sono registrati scontri tra i manifestanti ed esercito per il blocco dell’autostrada, una replica di quanto già visto domenica nella centralissima Piazza dei Martiri della capitale e vicino al Ring, un importante svincolo cittadino. Blocchi e attacchi contro le banche sono avvenuti negli ultimi giorni anche a sud, nelle città di Saida e Tiro. “Sarà punito chi attenta alla sicurezza nazionale – ha detto il premier Diab commentando la morte di al-Samman – Gli attacchi alla proprietà privata e pubblica e all’esercito indicano che ci sono cattive intenzioni dietro le quinte per causare instabilità”. Parole prive di empatia, ma che sono una palese dimostrazione di quanto piazza e mondo politico locale siano due mondi distanti e non comunicanti.
Le tensioni di questi giorni mostrano come l’insediamento a gennaio del premier Diab (sostenuto anche dagli sciiti di Hezbollah) al posto del dimissionario Hariri non abbia di fatto portato a miglioramenti: il Paese vive una drammatica crisi economica – la più grave post guerra civile (1976-1990) – che ha causato a partire dallo scorso 17 ottobre proteste e occupazioni di piazze. I manifestanti – superando divisioni settarie, sociali e religiose – chiedono essenzialmente tre cose: la rimozione dell’intera classe politica corrotta e clientelare; un governo tecnico che risani le finanze e che prepari il terreno per le elezioni.
Il paese è in default: il dollaro americano (insieme alla lira libanese moneta ufficiale) si trova da mesi solo al mercato nero a prezzi esorbitanti (oltre le 4.200 lire locali). Ciò ha portato ad un considerevole aumento dei prezzi su cui gravano però anche la speculazione e la mancanza di controlli. Si aggiunga poi la crisi strutturale del Libano diretta conseguenza delle politiche neoliberiste che hanno di fatto distrutto lo stato sociale: dopo la guerra civile, il Paese dei Cedri ha privatizzato tutti i settori strategici e i servizi essenziali. In un quadro già di per sé critico è poi venuta l’emergenza Covid che ha portato alla chiusura delle attività con gli stessi effetti economici devastanti che si registrano in altre parti del mondo. Migliaia di persone hanno perso il proprio posto di lavoro, centinaia sono le attività commerciali che hanno dovuto chiudere i battenti.
E ora a fare pressioni sono sempre di più i partner dall’estero. È stato chiaro oggi David Schenker, assistente segretario Usa per gli Affari per il Medio Oriente: “Per poter ottenere assistenza dalle istituzioni internazionali finanziare, il Libano deve dimostrare che è pronto a compiere scelte difficili e prendere decisioni che dimostrino che si impegnerà al 100% a fare le riforme” ha detto intervistato dall’emittente panaraba al-Arabiya. Sul canale al-Hadath, Shenker ha poi specificato che le riforme dovranno riguardare il settore dell’energia, le dogane, le telecomunicazioni e la riscossione delle tasse. Tradotto: il premier Diab deve implementare riforme lacrime e sangue che metteranno sul lastrico migliaia di persone.

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