Si dice che alle volte il diavolo farebbe le pentole ma non i coperchi. Chissà se è il caso di quando va accadendo in Libano. Comunque sembra estremamente significativa la decisione che sarebbe stata annunciata in questi giorni dal vescovo greco cattolico di Beirut: in un incontro con il clero avrebbe detto che l’arcivescovo Isidore Battikha, già titolare della diocesi siriana di Homs, lascerà l’eremo dove vive in preghiera dal 2010 in Venezuela e arriverà in Libano, nel convento di Saint Saviour di Sarba, dove è egumeno suo fratello.
Nella gerarchia greca il titolo di egumeno corrisponde a quello di abate. Del caso si occupò tempo fa Gianluigi Nuzzi in Sua Santità, il libro dello scandalo cosiddetto del “corvo” scrivendo del prelato come di una vittima di cattiverie curiali, visto che secondo le sue fonti nulla di evidente c’era a suo carico.
Ma se così fosse, perché ora verrebbe fatto arrivare in Libano con divieto di celebrare o di presiedere cerimonie religiose pubbliche? Proibizioni del genere, in chi poco ne sa, evocano questioni molto gravi e così non può che balzare agli occhi che recentemente il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo nel quale si riferiscono tesi rilevanti: monsignor Battikha sarebbe stato indagato per casi di pedofilia.
Ufficialmente si sa che lui si è dimesso, ma la sua rinuncia, accettata da Benedetto XVI, non sarebbe stata accolta dal patriarca greco cattolico Gregorio III. Solo di questo, sebbene rilevante visto che riferito all’epoca che è stata chiamata l’inizio della “tolleranza zero”, si ha conferma: possibile che un uomo delicato come Benedetto XVI abbia proceduto senza elementi? Tutto può essere, ma si dubitare e può sembrare strano e allora bisogna tener conto che altro è noto di monsignor Battikha: a cominciare dal fatto che al tempo era un assiduo frequentatore della setta new age Anima Universale, come don Pierino Gelmini, altro grande estimatore in quegli anni di questo gruppo new age e del suo leader, Swami Roberto.
Il posto di monsignor Battikha è stato poi occupato in alcune occasioni dall’ex patriarca greco cattolico di Damasco, Gregorio III. Nota è anche la stima che il prelato siriano ha sempre dimostrato per il presidente del suo Paese, Bashar al Assad. Nel 2005, l’anno in cui fu ucciso a Beirut l’ex premier libanese Rafiq Hariri, secondo il tribunale internazionale per decisione del regime siriano, lui disse di Assad in un’intervista mentre la Siria era nel mirino del mondo e dei libanesi, insorti contro l’occupazione militare del loro Paese, contro la campagna di omicidi mirati che uno dopo l’altro fecero fuori cristiani di diversi riti e musulmani che si opponevano all’occupazione siriana, “noi sappiamo che lui ama la Siria e i siriani, vuole il cambiamento e sa come fare. Ha solo bisogno di tempo…” Sa come fare, detto nel 2005, impressiona.
Questo caso non è l’unico in Libano. Il quitidiano La Croix ha ricordato come un prete maronita ricercato in Francia sia considerato un eroe in patria.
Dopo le ombre sulla pedofilia l'arcivescovo Battikha va nel Libano
Il titolare della diocesi di Homs era in Venezuela. L'ala ecclesiale favorevole ad Assad segna un punto assai controverso
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Riccardo Cristiano Modifica articolo
30 Aprile 2019 - 09.49
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