'Merde, dovete morire': le urla scomposte dell'insegnante ai poliziotti
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'Merde, dovete morire': le urla scomposte dell'insegnante ai poliziotti

Si è scagliata contro le forze dell'ordine a Torino, in occasione della manifestazione di estrema destra. Parole brutali, ma tali da giustificare il licenziamento, come qualcuno chiede?

L'insegnante che ha augurato la morte agli agenti di Torino
L'insegnante che ha augurato la morte agli agenti di Torino
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27 Febbraio 2018 - 20.52


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Il breve filmato che sta girando su alcuni siti e che tanto clamore ha creato mostra una donna che ricopre di insulti e minacce agenti e carabinieri che, a Torino, in occasione di una manifestazione della destra estrema, erano schierati in piazza. Pochi minuti che raccontano della rabbia, del furore che anima quella donna che, davanti ai rappresentanti dello Stato, li accusava di difendere i fascisti.

La donna, che precede di qualche metro lo schieramento degli antagonisti, si avvicina a quello delle forze dell’ordine, nella ”terra di nessuno” che li divide quando c’è una protesta di piazza. E’ lungo e colorito (nel senso di molto pesante e variegato) elenco delle contumelie che le escono dalla bocca, così come delle parole di sfida che lancia a tutti, colpevoli a suo dire, di difendere i fascisti.
“Ho augurato la morte ai poliziotti perché in questo momento stanno proteggendo il fascismo”, ha ribadito la docente ad un giornalista del programma tv ‘Matrix’, aggiugendo che il suo atteggiamento “non è sbagliato perché io mi potrei trovare, fucile in mano, a lottare contro questi individui”.
Nel nostro Paese, per fortuna, c’è (ancora) la libertà di parola e di espressione, quindi le immagini di qualcuno che grida, urla, strepita, sempre nell’ambito del rispetto formale dei ruoli, non deve scandalizzare. Chi ha sulle spalle qualche anno ricorderà che, negli anni ’70 ed ’80, si faceva di peggio e non era detto che, dietro la facciata di un semplice contestatore, non si nascondesse un futuro terrorista, rosso o nero non importa, che alla chiave inglese o alla catena avrebbe sostituito una pistola.
Ma questa volta a colpire, quando le tensioni politiche sembrano riprendere pericolosamente corpo in Italia, è che quella donna, per noi una perfetta sconosciuta, ha detto tranquillamente di essere un’insegnante. Vero o falso, non lo sappiamo. Certo è che c’è da augurarsi che abbia millantato un po’, perchè quello che le è uscito dalla bocca poco ha a che spartire con il ruolo di educatore. A parte qualche licenza grammaticale (ha urlato ”schifi” usandolo come aggettivo, ma questo è il meno), il linguaggio che ha usato ha catapultato indietro nel tempo, quando si sentiva gridare ”poliziotto basco nero, il tuo posto è al cimitero” e Pasolini cercava di spiegare che dietro e dentro quelle divise c’erano ragazzi come coloro che erano chiamati a fermare.

Qualcuno, guardando le immagini, sentendo quella donna sfidare gli agenti a lasciare da parte il manganello ed affrontarla in un improbabile duello, augurare loro la morte, etichettare come ”merde” chi, in fondo, era in strada per lavorare, ha chiesto che, se veramente è un’insegnante, deve essere licenziata. Una richiesta che dovrebbe tenere conto del suo ruolo e della delicatezza del ”materiale umano” che quotidianamente tratta, i nostri ragazzi, perché non si può pensare che in cattedra vada chi spera che muoiano quegli agenti, quei carabinieri che eseguono degli ordini e che sono assimiliati ad un nemico di cui si vuole l’eliminazione. 
Licenziare questa donna non solo sarebbe esagerato, ma non servirebbe a farle capire quel che ha fatto. Se chi deve formare il nostro domani, insegnando ai più giovani, agisce in questo modo non è il licenzianeto la soluzione perché c’è da sperare che, una volta entrata in classe, dimostri d’essere degna ed all’altezza del tesoro che le è stato affidato. Può anche protestare in piazza, può anche insultare, pur se questo è ben sopra le righe, ma di certo non può chiedere la testa di un servitore dello Stato.

Come lo è anche lei, in fondo.

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