#ErdoganNotWelcome: tensioni e proteste contro il Sultano a Roma

Il Sultano ha in agenda gli incontri con il Papa e con Mattarella e Gentiloni. Sit in degli oppositori del Sultano a Castel Sant'Angelo

Proteste contro la visita di Erdogan a Roma
Proteste contro la visita di Erdogan a Roma
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5 Febbraio 2018 - 08.31


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Una repressione verso il suo popolo che aumenta sempre di giorno in giorno e adesso la guerra ad Afrin, nel Rojava, sconfinando nel territorio siriano: oggi contro Erdogan è stata organizzata una manifestazione ai giardini di Castel Sant’Angelo, con striscioni con le scritte “Stato turco assassino”, “Boia Erdogan! Giù le mani dal Kurdistan”, “Erdogan Turchia autostrada per i terroristi”. A organizzare il sit-in è stata la Rete Kurdistan Italia, e i partecipanti hanno intonato cori urlando “Assassino Erdogan”. Al termine della manifestazione, un gruppo di partecipanti, dietro lo striscione “Erdogan boia”, ha cercato di partire con un corteo non autorizzato verso San Pietro: la polizia, in assetto antisommossa, li ha caricati, e ne sono nati scontri tra agenti e dimostranti.

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La giornata

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Proteste e misure di sicurezza ai massimi livelli in Vaticano per l’atteso incontro tra Papa Francesco e il presidente turco Recep Tayyp Erdogan.
L’area antistante piazza San Pietro e tutta via della Conciliazione sono chiuse anche ai pedoni non autorizzati. Molte le pattuglie di polizia dislocate in tutta la zona. Vicino, ossia nei giardini di Castel Sant’Angelo, molti gruppi darabbo vita a una kermesse, #ErdoganNotWelcome, con molte organizzazioni politiche, professionali e la comunità curda, attualmente sotto attacco miliytare ad Afrin,
La visita di Erdogan orevede l’incontro con papa Francesco, Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni.
Con Francesco, Erdogan ha parlato dello status di Gerusalemme, riconosciuto dagli Usa di Trump come capitale di Israele, oltre che delle condizioni dei cattolici in Turchia e dell’impegno dell’accoglienza, in relazione alla questione dei migranti.

Una visita di sole 24 ore assieme alla moglie e ad alcuni ministri – Erdogan è atterrato poco dopo le 19 di domenica a Fiumicino e ripartirà in serata -, ma la capitale è mobilitata come nei giorni del 60esimo anniversario dei Trattati di Roma nel marzo scorso quando, però, i leader a Roma erano una trentina.
“Le nostre relazioni bilaterali con l’Italia sono eccellenti, è un Paese amico con cui abbiamo una visione comune rispetto ai problemi regionali”, ha detto Erdogan parlando all’aeroporto di Istanbul prima di partire per Roma. “Lavoriamo insieme per la pace e la stabilità nel Mediterraneo. Come alleati Nato, contribuiamo alla sicurezza reciproca. Nei colloqui di Roma – città per l’occasione blindatissima – discuteremo delle relazioni bilaterali. Lo scorso anno il volume dei nostri scambi è stato di quasi 20 miliardi di dollari, ma il potenziale è doppio. Nel 2020 puntiamo a 30 miliardi di dollari”, ha aggiunto.
Le proteste
Nonostante il divieto, è previsto un sit-in di protesta organizzato dall’Associazione dei curdi in Italia a Castel Sant’Angelo, a cui parteciperà anche una delegazione di giornalisti e di rappresentanti di Articolo 21, Federazione nazionale della stampa e Rete No Bavaglio.

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“Siamo feriti e amareggiati che un paese democratico come l’Italia stia accogliendo un dittatore come Erdogan, che sta trucidando civili, donne e bambini curdi nel silenzio della comunità internazionale. Erdogan è un dittatore, un assassino, è il nuovo Hitler. E se non facciamo qualcosa, ne pagheremo tutti le conseguenze”.

Questo il tono degli interventi che si sono susseguiti nel corso del sit-in di protesta, tra bandiere curde e slogan e fotografie che testimoniano il massacro di Afrin, in corso da 17 giorni. 
Articolo 21 e Fnsi hanno scritto una lettera aperta rivolta a Papa Francesco, al presidente Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, sottoscritta dall’European Centre for Press and Media Freedom, Reporter senza frontiere, International press institute e molte altre organizzazioni per la liberà di informazione, in cui si denuncia che “sotto le spoglie dello stato di emergenza e della lotta al terrorismo, decine di migliaia di persone sono state vittime di una repressione arbitraria che continua a peggiorare e colpisce tutte le categorie della popolazione, tra cui i giornalisti, ben 170 sono attualmente detenuti. Ci auguriamo che abbiate modo di discutere durante l`incontro con il presidente di un paese che ancora chiede l’adesione all’Unione europea ed è membro del Consiglio d’Europa, di quanto pregiudizievole sia il venir meno allo stato di diritto in Turchia determinando così l’incompatibilità con i valori democratici dell’Europa”.

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