La Birmania è pronta ad organizzare il ritorno di circa 410 mila membri della comunità minoritaria dei Rohingya che, per sfuggire alle operazioni di polizia, si sono rifugiati in Bangladesh. Aung San Suu Kyi, esponente birmana, sembra essersi accorta con colpevole ritardo delle sofferenze dei Rohingya, il cui dramma ha mobilitato la comunità internazionale a cominciare di molti premi Nobel – lo stesso ricooscimento andato a lei per la sua lotta per la democrazia nel suo Paese . che hanno sitgmatizzato il suo atteggiamento nella vicenda. Una presa di posizione che però non contiene una sola parola sul perché la minoranza sia vessata e, quindi, una critica all’operato dell’esercito che per settimane ha dato la caccia ai Rohingya dietro lo scudo di una operazione anti-terrorismo. Una presa d’atto tardiva da parte di Aung San Su Kyi che certo non placherà l’ondata di critiche che l’ha – giustamente – travolta.
La svolta è giunta poche ore prima dell’apertura, a New York, dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dove rischiava di vedere la Birmania sul banco degli imputati per la sua politica contro le minoranze.
Sostenendo che il suo Paese è pronto a riaccogliere la comunità musulmana perseguitata, Aung San Suu Kyi si è detta profondamentre desolata per quanto hanno subito dei civili condannando la ”violazione di diritti dell’Uomo” e anticipando che le strutture sono pronte alle operazioni di verifica delle identità di chi è fuggito, in vista del ritorno. La leader politica birmana ha anche spiegato che alle forze di sicurezza sono state date istruzioni affinchè siano adottare le misure necessarie per evitare i ripetersi di violenze ai danni dei rifugiati. Sino ad oggi, l’esponente birmana, in merito alla situazione della minoranza musulmana, non aveva condannato le violenze dell’esercito – che, nonostante la caduta della giunta militare al potere per molti anni, ha ancora un enorme perso nella vita del Paese – negando che, come denunciato e documentato da più parti, fosse in atto una campagna di pulizia etnica mascherata dietro la necessità di condurre una operazione contro il terrorismo islamico. Il suo silenzio era stato reso ancora più fragososo dal fatto che contro di lei avevano preso posizionieil Dalhai Lama e Malala, anch’essi insigniti del Nobel per la Pace, che l’avevano accusata di un silenzio che non aveva giustificazioni.
Da mesi i Rohingya stanno abbandonando lo stato di Rakhine, nella parte occidentale della Birmania, per raggiungere spesso percorrendo lunghissimi tratti a piedi, tra mille sofferenze ed in balia dei trafficanti di uomini, il Bangladesh, che, nonostante le sue difficoltà economiche, ha cercato di dare assistenza a tutti.
Dopo avere annunciato che non sarebbe andata a New York, per l’Assemblea generale dell’Onu, Aung San Suu Kyi è uscita dal suo imbarazzante silenzio parlando da Naypyidaw, capitale amministrativa birmana.
L’offensiva dell’esercito contro la minoranza è cominciata il 25 agosto, con la motivazione di dovere dare la caccia a terroristi musulmani. I Rohingya, in un Paese dove i buddisti rappresentano la quasi totalità della popolazione, da sempre lamentano di essere oggetto di discriminazioni, sia nella sfera privata che in quella amministrativa essendo sottoposti a limitazioni anche nei matrimoni e negli atti di vendita.
Aung San Suu Kyi parla finalmente: pronti a riaccogliere i Rohingya
Dopo settimane di silenzio davanti alle violenze dell'esercito, il premio Nobel per la Pace dice che il Paese riaccoglierà i profughi, ma non una parola sugli abusi dell'esercito
Diego Minuti Modifica articolo
19 Settembre 2017 - 07.28
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