Mixa la preghiera islamica con un brano house: Tunisi condanna un dj inglese
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Mixa la preghiera islamica con un brano house: Tunisi condanna un dj inglese

Il ministero degli affari religiosi: inaccettabile. Dax J ha subito minacce di morte ed è stato costretto a chiudere il profilo social

Dax J
Dax J
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7 Aprile 2017 - 18.17


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E’ stato condannato in contumacia, dal Tribunale di Hammamet, a un anno di reclusione il dj inglese Dax J per oltraggio ai valori religiosi. Non luogo a procedere invece per gli organizzatori della serata, il festival Orbit.

La sua colpa è quella di aver mixato durante il Festival l’appello alla preghiera islamica con un brano di house-music. Il governatore di Nabeul, subito dopo l’ondata di proteste per la diffusione del video in rete nel quale veniva ripreso l’episodio contestato, aveva disposto la chiusura della discoteca “El Guitoune” di Hammamet, le autorità hanno aperto un’inchiesta e il ministero degli Affari Religiosi si è pronunciato dichiarando “assolutamente inaccettabile deridere i sentimenti dei tunisini e loro principi religiosi”.

E non sono bastate le scuse di Dax J stesso sulla propria pagina Facebook “a tutti coloro che si sono sentiti offesi per la sua proposta”, e nemmeno la precisazione di “non aver avuto l’intenzione di provocare nessuno” per far calmare le acque, tanto che l’artista inglese è stato costretto a cancellare i suoi profili social a seguito della minacce di morte ricevute dopo la sua performance al festival. Gli organizzatori dell’Orbit Festival del resto avevano declinato fin da subito ogni responsabilità sull’accaduto dichiarando di non esercitare alcun diritto di censura preventiva sugli artisti invitati.

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Nessun tipo di accusa, invece, nei confronti degli organizzatori dell’Orbit Festival, che vedeva tra i protagonisti anche Radio Slave, DVS1 e La Fleur, oltre che diversi talenti locali.

La condanna in contumacia è dovuta al fatto che, nel frattempo, Dax J ha ovviamente abbandonato il Paese africano, non presentandosi quindi al cospetto del giudice per il processo. Non sappiamo come proseguiranno le cose, ma intanto il dj, che vive e lavora a Berlino, ha ricevuto la solidarietà di molti colleghi e “addetti ai lavori” che considerano tutto ciò vergognoso.

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