Unhcr e Medici Senza Frontiere sospendono le attività a Lesbo

Anche Save the children valuta l'uscita. Le organizzazioni denunciano: non vogliamo essere complici di un sistema ingiusto

Unhcr e Medici Senza Frontiere sospendono le attività a Lesbo
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23 Marzo 2016 - 22.32


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A pochi giorni dall’entrata in vigore degli accordi tra l’Unione europea e la Turchia, L’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) e Medici senza frontiere (Msf) hanno deciso di non supportare più le attività all’interno degli hotspot in Grecia. Un’uscita motivata in segno di protesta dal fatto che, secondo le nuove disposizioni, questi centri sono diventati strutture di detenzione. “In linea con la nostra politica, che si oppone alla detenzione obbligatoria – spiega l’Unhcr – l’Agenzia ha sospeso alcune delle sue attività nei centri chiusi sulle isole. Tra le attività sospese è incluso il servizio di trasporto da e per questi siti.” Sulla stessa scia anche Msf : “Abbiamo preso con estrema difficoltà la decisione di cessare le nostre attività nel centro di Moria, a Lesvo, perché non vogliamo essere complici di un sistema che consideriamo ingiusto e inumano- sottolinea Marie Elisabeth Ingres, Capo missione di Msf in Grecia – Non permetteremo che la nostra assistenza sia strumentalizzata per un’operazione di espulsione in massa, ci rifiutiamo di essere parte di un sistema che non tiene conto dei bisogni umanitari o di protezione dei richiedenti asilo e dei migranti”.

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Alla luce delle nuove disposizioni, anche Save the children sta valutando in queste ore di lasciare i centri dell’isola. “Fino ad ora abbiamo scelto di operare anche nei centri per cercare di tutelare nonostante tutto i bambini, ed in particolare i minori non accompagnati che costituiscono il gruppo più vulnerabile – sottolinea Valerio Neri, direttore generale di StC – stiamo considerando di rivedere nelle prossime ore la nostra posizione. Nel frattempo abbiamo deciso di sospendere il trasporto dei migranti da alcune aree di sbarco agli hotspot.” L’organizzazione, inoltre, esprime apprezzamento per la posizione appena assunta da Unhcr. “L’accordo Ue-Turchia che sarà implementato a partire dalle prossime settimane, si inserisce in un contesto non dotato delle procedure e struttura necessarie, così come non sembrano essere state predisposte le adeguate condizioni di informazione, accoglienza e sicurezza per i migranti in arrivo sulle isole – aggiunge Neri. Inoltre, siamo particolarmente preoccupati per le migliaia di persone bloccate da mesi alla frontiera con la ex Repubblica Yugoslava di Macedonia, ad Idomeni, in condizioni ambientali, sanitarie e di protezione inaccettabili, che non sono ancora state adeguatamente informate di quello che accadrà e che in questo momento vivono nella confusione dell’incertezza e della paura. In tale contesto, temiamo che le proteste in corso nel campo possano aggravarsi ulteriormente per la convinzione di queste persone di non avere più niente da perdere, coinvolgendo i più di 4000 bambini, anche piccolissimi presenti nel campo”.

Le nuove disposizione hanno preso il via domenica. Già da sabato, le autorità greche hanno accelerato il trasferimento sulla terraferma di circa 8 mila rifugiati e migranti arrivati sulle isole prima del 20 marzo, al fine di separarli dalle persone che sarebbero arrivate dopo tale data e che saranno soggette alle nuove politiche di ritorno. Gli arrivi a Lesbo sono nel frattempo proseguiti. Da domenica fino a ieri sono arrivate 934 persone, che sono trattenute a Moria a est dell’isola, in un centro chiuso per la registrazione e l’accoglienza temporanea. Le restanti 880 persone, arrivate prima di domenica, sono ospitate a circa un chilometro di distanza, presso il centro di Kara Tepe, gestito dal Comune locale, che rimane una struttura aperta.

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Sia l’Unhcr che Medici senza frontiere continueranno però ad assistere migranti e rifugiati nel paese. L’Alto commissariato proseguirà le attività di monitoraggio della protezione per garantire che gli standard in materia di diritti dei rifugiati e di diritti umani siano rispettati, e fornire informazioni sui diritti e le procedure per chiedere asilo. Il personale continuerà, inoltre, ad essere presente nella zona costiera e presso il porto per fornire l’assistenza necessaria (compreso il trasporto verso gli ospedali laddove necessario). Anche Msf continuerà a operare nel suo centro di transito a Mantamados con servizi di prima assistenza, e con le attività di salvataggio in mare sulle spiagge settentrionali di Lesbo . Restano attive anche le cliniche mobili sull’isola di Lesbo per le persone fuori dagli hotspot.

Intanto a Idomeni, sulla terraferma greca, circa 10-12mila persone, di cui circa 4mila bambini, vivono in condizioni “disastrose” in un insediamento informale vicino al confine, nei pressi di una linea ferroviaria. “La maggior parte sono famiglie, molte delle quali con bambini piccoli. Le condizioni igieniche rappresentano una delle maggiori preoccupazioni per l’impatto negativo che possono avere sulla salute delle persone. Si bruciano plastica e rifiuti per tenersi al caldo – denuncia l’Unhcr -. Le condizioni generali sono drammatiche e pongono molte sfide. Sono state allestite latrine mobili, ma non sono sufficienti. Sono state fornite tende per le famiglie e gli individui vulnerabili, tra cui 30 minori non accompagnati”.

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