Frontiere chiuse, i migranti ritornano in Grecia
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Frontiere chiuse, i migranti ritornano in Grecia

La chiusura delle frontiere balcaniche rimanda i migranti verso la Grecia: alcuni ritentano di passare clandestinamente, altri si convincono a rientrare in patria

Frontiere chiuse, i migranti ritornano in Grecia
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13 Gennaio 2016 - 15.45


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I sogni diventano realtà raramente, almeno non per molto. Per alcuni incredibili mesi, la prospettiva di una vita migliore in Europa sembrava alla portata di tutti, attirando un’ondata di oltre 1 milioni di migranti fuggiti dalle guerre in Medio Oriente e in Africa. Per arrivare, hanno rischiato la loro vita in mare, ma un inasprimento di controlli alle frontiere più vicina alle terre promesse di Germania e la Svezia ha lasciato migliaia loro intrappolati e bisognosi ed inoltre ha finanziariamente distrutto la Grecia.

Ayman Daher, 29, siriano arrivato dal Libano, aveva pagato ai contrabbandieri 1.500 dollari per spremersi su un gommone con 80 persone nella traversata breve e spesso mortale dalla Turchia verso l’isola greca di Chios. La sua destinazione era la Germania, dove vivono il padre e tre fratelli. “Lì la vita è buona e sicura, nel mio Paese non lo è”, dice. Per raggiungere la Germania, avrebbe dovuto attraversare i Balcani occidentali, a cominciare con la Macedonia sul confine settentrionale della Grecia, come centinaia di migliaia di migranti avevano fatto con relativa facilità per circa cinque mesi perché i paesi balcanici a giugno avevano hanno aperto le loro frontiere a tutti i richiedenti asilo in transito, facendo barcollare un’Europa divisa tra la pietà per i rifugiati e le preoccupazioni per la sicurezza e l’integrazione. Poi però a fine novembre le porte dei Balcani hanno cominciato a chiudersi, e funzionari greci temono possano farlo completamente nei prossimi mesi. Oggi, solo siriani, afghani e iracheni sono considerati rifugiati e vengono lasciati passare, mentre tutti gli altri vengono respinti come migranti economici.

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Questo sembra assurdo a Saleh Al Riyashy, 45 anni, un ex poliziotto venuto dallo Yemen dove la guerra civile è stata aggravata da 10 mesi di attacchi aerei condotti da una coalizione a guida saudita. “Perché la Macedonia consente accesso solo a persone provenienti da tre Paesi attraverso?La guerra è anche altrove?” dice lui. Al Riyashy e la sua famiglia hanno trascorso la scorsa settimana al campo migranti “Elaionas” di Atene, dove circa 560 persone provenienti da 14 paesi vivono in case prefabbricate. Vorrebbe raggiungere la Svezia. Al calar delle tenebre dinanzi al fuori “Hellenikon”, ricavato su un ex campo olimpico di hockey su prato e che attualmente ospita circa 280 persone, migranti iraniani giocano a pallavolo, mentre al suo interno cercano di venire a patti con un futuro tetro. “Non posso tornare in Somalia – dice l’insegnante di inglese Ali Heydar Aki, che sperava di stabilirsi in Europa e poi di portarvi la sua famiglia – ho venduto casa mia per finanziare il viaggio”.

Mentre è chiaro esattamente quante persone sono bloccate in Grecia, un confronto fra arrivi e ritorni dalla Macedonia dalla fine di novembre fa mancare all’appello 38.000 persone disperse. L’ipotesi migliore del ministro greco all’immigrazione Ioannis Mouzalas è di “alcune migliaia”.Syed Mohammad Jamil, capo della società culturale pakistano-ellenica dice che oggi circa 4.000 pakistani potrebbero essere bloccati in Grecia, per lo più ancora sulle isole, e circa altrettanti bengalesi. “Ogni giorno riceviamo telefonate da persone in lacrime che chiedono aiuto- racconta – ma dove potremmo mandarli? Germania, Spagna, Italia, Inghilterra? Non possiamo”.

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Alle migliaia di respinti non resta che affrontare due opzioni legali: chiedere asilo in Grecia, che ha il 25 per cento di disoccupazione e un sistema di welfare fatiscente o candidarsi per il rimpatrio. Karim Benazza, un operaio hotel marocchino ventenne, ha firmato per tornare a casa in 18 gennaio: “Tutto quello che faccio oggi è fumare, ma senza soldi, senza cibo – dice, accendendosi una sigaretta fuori dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – non c’è niente per noi in Grecia, e il confine con la Macedonia è chiuso.”. Daniel Esdras, della sede greca OIM, vede un forte aumento dei rimpatri volontari, su circa 800 persone registrate nel mese di dicembre 260 sono state rimandate a casa. “Una cosa è tornare in manette, un’altra come un passeggero normale e con qualche soldo in tasca, perché diamoa ciascuno di loro 400 euro “, spiega.

Anche se sarebbe in grado di continuare verso nord, l’afgano Masoud Aziz, 23 anni, chiederà asilo in Grecia. “Non voglio andare in un altro Paese, perché adesso è troppo difficile”. La deportazione attende invece coloro che non si qualificano per l’asilo e rifiutano il rimpatrio : circa 20.000 persone sono state rimpatriate o deportate l’anno scorso, ma per la maggior parte erano albanesi, e solo uno su 10 veniva da Medio Oriente e Africa. I funzionari greci aggiungono che alcuni Paesi resistono alle deportazioni: “Abbiamo grandi difficoltà con i ritorni in Pakistan – dice il ministro Mouzalas – se ogni giorno 3.000 persone arrivano dalla Turchia e la stessa Turchia ne acceta indietro solo 150 ogni 20 giorni, si capisce che il problema non può essere risolto.” Ma i migranti intrappolati si trovano di fronte anche ad una terza scelta: pagare per entrare illegalmente in Macedonia. Questo è quel che accadeva prima della fine di giugno e la polizia macedone dice essere ricominciato dalla fine di novembre, mentre quasi il 10 per cento degli immigrati che cercano di entrare legalmente fa uso di falsi documenti siriani.

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“I contrabbandieri chiedono 1.500-3.000 euro per far entrare qualcuno in Macedonia – continua Daher, il migrante libanese di Elaionas- ma io non ho quei soldi e non so che cosa faremo ora”. Ad Hellenikon, il laureato pakistano il sociologia Zahid Waqas dice di aver pagato ai contrabbandieri 4.000 euro presi in prestito da amici per raggiungere la Grecia. Aveva sperato di arrivare in Francia, ma salvo un miracolo e l’apertura del confine con la Macedonia, ora vede il rimpatrio volontario come la scelta migliore: “In Grecia, non riesco a guadagnare soldi, perché non c’è lavoro, in Pakistan è meglio, l’ almeno ho la mia famiglia che mi ama”.

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