Nato, a che serve il Montenegro?
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Nato, a che serve il Montenegro?

Podgorica si avvicina sempre più alla membership nell’Alleanza atlantica ma sono in molti a coltivare dei dubbi sulla valenza di tutto questo per il Paese.

Nato, a che serve il Montenegro?
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18 Dicembre 2015 - 10.41


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I festeggiamenti sono stati rovinati dalle proteste dell’opposizione e da migliaia di cittadini in piazza, che adesso vogliono persino un referendum per poter esprimere liberamente la propria contrarietà: la decisione della Nato, votata agli inizi di dicembre, di formulare un invito ufficiale per l’adesione del Montenegro non è passata liscia come sperava il premier Milo Djukanovic, stretto fra un’opinione pubblica sempre più inquieta ed un percorso che dovrebbe portare il Paese sempre più vicino alla piena membership nell’alleanza militare.

Se il primo ministro ha replicato alle critiche definendo quella di dicembre una decisione “storica”, c’è chi fra gli esperti si interroga sul reale interesse degli Stati occidentali ad avere come nuovo alleato un Paese di 670 mila abitanti e che conta non più di duemila unità fra le sue Forze Armate. Veljko Mladinovic sul settimanale “Nedeljnik” osserva come “fuori dai Balcani siano in ben pochi a vederci qualcosa di storico: perché tanto rumore e spesa di energie per uno staterello che non può certo fornire un apporto decisivo alle forze del Patto atlantico?”.

Secondo l’analista, quello che una volta era il fronte balcanico della Jugoslavia, posto “a difesa” dell’Europa occidentale dall’influenza sovietica, si è trasformato “nell’equivalente geopolitico di un club di gentlemen”. La citazione è tratta a sua volta da un altro esperto, Dag Bandeau del Keito Institute secondo il quale “tutti vogliono diventare soci del club perché è qualcosa che fanno tutti.

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”E’ difficile avercela veramente la classe dirigente montenegrina – prosegue – perché vuole entrare nella Nato. L’ambasciatore di Podgorica siederà a Bruxelles a pari livello  con i rappresentanti di Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Washington fornirà degli aiuti per sviluppare le forze militari, ed infine la membership aiuterà a stare un passo avanti rispetto alla vicina Serbia che rimarrà fuori dal circolo. Cosa riceve però l’America in cambio? L’America raccoglie alleati come la maggior parte delle persone nel mondo fa con gli amici su “Facebook”. Il Montenegro è un bel posto da visitare, non minaccia e non è minacciato da nessuno, e per l’America non è assolutamente importante”.

Dall’altra parte, il supporto dato a Podgorica crea invece delle reazioni proprio all’interno dell’opinione pubblica statunitense, già da tempo percorsa da polemiche per le ingenti spese di denaro a favore di Paesi piccoli e lontani, ma soprattutto per quella che viene chiamata la “difesa dell’Europa”. Il commentatore politico Miroslav Lazanski[7b] fa notare come l’ingresso del Montenegro nella Nato non porterà nessun tipo di cambiamento alla struttura, oltre che alla potenza, dell’Alleanza. “Non porterà dei cambiamenti sul piano geo-strategico, ma si tratta semplicemente del prodotto di quell’inerzia tipica della Nato che deve costantemente espandersi. E così, se Montecarlo non può entrare nell’Alleanza perché non possiede un esercito, allora perché non accogliere Podgorica. Il Montenegro non è un posto adatto neppure per mettere delle [b]basi militari, e tutto quello che serve nella regione alla Nato è già a disposizione in Croazia, in Albania e persino in Bosnia”.

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Secondo alcune fonti diplomatiche, non è stato facile arrivare al consenso fra i 28 Stati membri per la formulazione dell’invito a Podgorica. Se i più convinti propugnatori dell’ingresso montenegrino erano i “vicini di casa”, ovvero Croazia, Bulgaria e Turchia, più caute si sono invece mostrate Germania e Francia, poco inclini a “provocare senza ragione” la Russia. Già a metà del 2014, quando si stavano facendo sempre più insistenti le voci su un potenziale ingresso del Montenegro nella Nato, erano sorte delle riflessioni parallele sui legami, veri o presunti, delle strutture di sicurezza di Podgorica con i servizi di Mosca ed i suoi agenti. L’altro elemento di preoccupazione era il fortissimo legame economico, che vede i cittadini russi in testa nella classifica degli investitori stranieri. “Per questo – osserva Miladinovic per il ‘Nedeljnik’ – il Montenegro ha dovuto introdurre le sanzioni contro la Russia e mostrare così da che parte sta”. I commentatori balcanici si sono spesso soffermati, in queste settimane, sulla posizione della Serbia che, con la sua dichiarata posizione di neutralità, rischia di diventare “un’isola” all’interno di una regione che, in un futuro più o meno lontano, potrebbe fare tutta parte dell’alleanza Nato.

Belgrado è infatti l’unica ad avere più volte ribadito di non intendere fare richiesta di membership, nonostante si trovi attualmente al massimo grado di cooperazione previsto per uno Stato non membro attraverso il programma Ipap. L’analista Dmitrij Sedov osserva che la Serbia rischia di trovarsi “circondata da amici ben armati”, compreso forse, un giorno, lo stesso Kosovo da lei non riconosciuto. “Circondare la Serbia non è però l’obiettivo principale dell’Alleanza – dice ancora Sedov -. Raccogliere il maggior numero di alleati ha alla base anche un obiettivo politico. Tracciare una linea Nato-Russia rappresenta un fatto incontestabile ed è inutile provare a smentirlo.  (…) Uno dei progetti principali è l’allontanamento della Russia dai Balcani e, come è noto, Mosca ha già fatto sapere che l’ingresso del Montenegro nella Nato la spinge ad un’uscita da quel Paese”.

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Lazanski fa invece notare che la stessa Serbia non resterà isolata, come temono i critici più pessimisti: “La Macedonia, anche se vuole entrare nella Nato, non farà il suo ingresso fino a che non accetterà di modificare il proprio nome (al centro di una contesa con la Grecia, ndr), mentre la Bosnia non entrerà fino a che non avrà il via libera della Repubblica Srpska (entità della Bosnia Erzegovina a maggioranza serba, ndr). E questo non potrà accadere fino a che la stessa Serbia non dovesse accettare di farne parte”.

(Fonti: Nedeljnik – agenzie)  

 
 

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