Le Pen vince perché ha capito Gramsci

Alle elezioni regionali francesci l'ultra-destra di Marine Le Pen ha sorpreso tutti. Ecco i motivi della sua vittoria nel commento di Nicolò Migheli.

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8 Dicembre 2015 - 13.11


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di Nicolò Migheli

Secondo alcune letture del giorno dopo, i jihadisti di Al Baghdadi con gli attentati del 13 di novembre avrebbero fatto campagna elettorale per l’Fn. È indubbio che l’emozione sia stata importante nel far diventare l’estrema destra francese il primo partito di Francia. La paura, la rabbia e il risentimento sono cattivi consiglieri e le Le Pen li hanno utilizzati fino in fondo. Una lettura consolatoria per le sinistre di governo e per la destre costituzionali d’Europa. Un auto convincimento che diventa verità. In realtà la vittoria di Marie e Marion Le Pen viene da lontano.

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Viene, in parte, da quella Francia profonda che da sempre si è considerata vittima della Rivoluzione, che rimpiange Vichy e il maresciallo Petain, che non ha mai digerito l’abbandono dell’Algerie Francaise. Aspirazioni politiche non sufficienti per diventare maggioranza. Font National è diventato altro, il partito dei perdenti della globalizzazione; ha raccolto il malessere delle classi medie impoverite, degli operai espulsi dalle fabbriche. È diventato altro perché quelle paure e contraddizioni sociali le ha canalizzate in una prospettiva, incettabile per i democratici, ma tale. Una politica che ha conquistato elettori giorno per giorno. «È la vittoria del popolo contro le èlite» ha dichiarato Marion Le Pen.

Alain Soral, uno dei pensatori della nuova destra la definisce come: “Sinistra del lavoro e destra dei valori.” Difesa dello stato sociale, dell’intervento pubblico in economia, del posto fisso. Tutti temi della sinistra di un tempo. Con in più Dio, Patria e Famiglia. Una visione del mondo da cui sono esclusi i migranti visti insieme alla politica degli sprechi, alle diseguaglianze crescenti, come causa dei mali francesi.

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Il politologo francese Dominique Reynié ritiene che oggi Front National sia la punta di lancia dei movimenti europei definiti populismo patrimoniale. La messa insieme della difesa dei propri redditi e l’identitarismo esclusivista. Per realizzare ciò FN propone l’uscita dall’euro, la reintroduzione dei controlli frontalieri, il protezionismo. Se non dovesse bastare, l’uscita dalla Ue. Un ritorno alla Francia grande potenza senza diritto d’asilo.Un pensiero politico che per diventare egemonico ha bisogno di assumere caratteri trasversali, seducendo persone che votavano a sinistra.

Le Monde diplomatique, già nel 2013 la definì “confusione rosso-bruna” visto che l’FN ha contato sull’ingresso nelle sue file di militanti del Front de gauche. Memorie tragiche, ricordi di politiche nazional-socialiste. La paura dell’Islam ha fatto il resto, sono arrivati filosofi come Alain Finkielkraut, lo scrittore Michel Houellebeq, ed altri come Eric Zemmour e Renaud Camus. Tutti intellettuali che teorizzano l’identità piuttosto che l’eguaglianza, i locali contro gli immigrati. Pensatori ossessionati dal declino, vivono nel culto del risentimento, agitano fantasmi di guerre interne.

Una controrivoluzione che seduce sempre di più la Francia profonda e che oramai rischia di diventare egemonia imponendo valori politici, intellettuali e morali, a gran parte della società. I teorici del Front National hanno studiato Antonio Gramsci e lo hanno capito. Luciano Gallino disse le medesime cose dei neoliberisti. Il centro sinistra europeo di governo invece ha ignorato il pensatore sardo, ed è caduto nella trappola della egemonia altrui. Basta vedere come siano stati abbandonati i valori del lavoro, la difesa dei ceti deboli, l’eguaglianza delle opportunità considerata un residuo ideologico.

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Quei politici si sono adagiati in un potere considerato inamovibile, favorendo le èlite estrattive per il semplice desiderio di essere accettati colà ove si puote. Il personaggio simbolo di questo tradimento dei chierici è Tony Blair.

Il premier inglese è quello che ha reso il neoliberismo la droga che ha sedotto ceti popolari che smaltita la sbornia si sono ritrovati più poveri di prima. Deregolazioni del lavoro e dei diritti. Il ritorno a società semi schiavili. La politica ridotta a mera amministrazione delle scelte fatte dai potentati economici. Il successo del FN si aggiunge all’Ungheria di Orbán, alla Polonia della signora Beata Szidlo. Si annunciano tempi foschi per l’Europa. L’anno scorso l’ex ministro degli esteri tedesco Joska Fischer, a proposito del ritorno della geopolitica nel confronto tra Paesi, ebbe a dire che gli europei dovevano rassegnarsi, il mondo non funziona secondo i dettami dello stato di diritto ma secondo logiche di bruto potere. Le destre europee sono le formazioni politiche ideali per un mondo regolato così.

L’assenza di un pensiero critico a questo punto diventa delittuosa. Oggi in Francia in molti si chiedono come reagire. Che misure mettere in atto per impedire queste derive? Domanda che riguarda tutti, anche noi in Sardegna. Anche noi coviamo l’Orbán in vellutino, manca solo l’occasione scatenante. Ritornare a Gramsci, quindi. Al suo pensiero, alla sua capacità di leggere il presente e le tendenze, come costruire pensiero condiviso.

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Noi di Sardegnasoprattutto lo stiamo facendo. Incontri nel paese di Antonio Gramsci in collaborazione e col patrocinio del FAI e del Comune di Ghilarza. Una serie di interventi pubblicati da questa rivista. Intellettuali che ragionano sul pensiero del Grande Sardo.

Però non possiamo essere i soli. Abbiamo bisogno di una sinistra che ridiventi se stessa e che faccia il suo lavoro. Il tempo è breve e l’ombra sta per sommergerci.

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