Dal Congo all'Europa, l'ascesa della band degli africani in carrozzina
Top

Dal Congo all'Europa, l'ascesa della band degli africani in carrozzina

Una piccola band nata nella metropoli più invivibile dell'Africa: Kinshasa. I componenti, con disabilità, vivevano in un dormitorio nei pressi di uno zoo.

Dal Congo all'Europa, l'ascesa della band degli africani in carrozzina
Preroll

redazione Modifica articolo

30 Ottobre 2015 - 21.52


ATF

“Sa una cosa? Potrei suonare all’infinito, la musica mi dà un’energia incredibile, è come un fuoco che scorre”. Per arrivare nell’albergo a cinque stelle di Oslo in cui lo raggiungiamo, in una pausa della seconda tournée europea, Théo Nzonza Nsituvuidi ha fatto – letteralmente – anni di strada. Quella violenta, senza prospettive, di una delle città più grandi e invivibili del pianeta, la capitale congolese Kinshasa e quella, spesso sovrapposta alla prima, dei camerini e delle sale da concerto di mezza Europa. “E’ in strada che ho imparato molto, forse tutto”, racconta, “lì ho iniziato un’evoluzione che continua, fino a questo momento”. La band, fondata con Coco Yakala Ngambali e con il produttore Liam Farrell, si chiama Mbongwana Star, la “stella del cambiamento” in lingua lingala, ed è nata da meno di un anno, guadagnandosi gli apprezzamenti di The Guardian, Financial Times e di riviste musicali di tutto il mondo. In Italia, nelle scorse settimane, hanno suonato a Torino e Colle Val D’Elsa. In attesa di un’ultima data (stasera a Roma, all’interno del RomaEuropa Festival), Théo Nsituvuidi racconta la sua storia di arte, disabilità e problemi sociali. Nel segno, sempre, del cambiamento.

La band in sedia a rotelle. Quando “From Kinshasa” esce, a marzo 2015, i Mbongwana Star sono ancora gli “ex-Staff Benda Bilili”, il gruppo da cui provengono Nsituvuidi e Coco Ngambali, ospiti nel 2010 al festival del cinema di Cannes. Una piccola orchestra di strada, formata in buona parte da musicisti in sedia a rotelle a causa della poliomelite contratta da bambini. Look pittoresco e carrozzine motorizzate in modo artigianale, modificando delle motociclette, i membri dello Staff Benda Bilili fanno il giro del mondo grazie a un documentario e a due dischi. “Da lì è partito il cambiamento”, spiega il vocalist Théo, “e per la prima volta abbiamo potuto permetterci di dormire sotto un tetto”. La musica è un mix di ritmi soukous, la rumba congolese nata negli anni ’30, reggae e funk, cantati a più voci. “Eravamo acustici, mentre oggi ci siamo elettrizzati, siamo diventati più moderni senza tradire le nostre radici”.

Leggi anche:  La canzone “Never Too Late” anticipa l’uscita del documentario omonimo sulla vita di Elton John

Senza dimora nello zoo di Kinshasa. Nel 2013 Théo e Coco, scontenti della gestione economica, contattano l’irlandese Liam Farrell, bassista e produttore noto come Doctor L. Finisce lì l’esperienza di Staff Benda Bilili, mentre nasce il progetto Mbongwana Star, a cui presto si aggregheranno altri musicisti di Kinshasa, arrivati sempre dalla strada. Se chiediamo a Théo cosa significa vivere in strada in una metropoli di 12 milioni di abitanti, minimizza. “Beh, è difficile certo, però lo fai. Noi eravamo nati in un posto in periferia, molto lontano dalla città vera e propria, così per andare a guadagnarci qualcosa da vivere dovevamo andare in centro e, muovendoci in sedia a rotelle, era veramente complicato”. Finiscono per dormire in strada nei pressi dello zoo cittadino, creando una comunità di senza tetto, tanto eccentrici quanto disperati. “Coco però aveva una chitarra e io cantavo, così abbiamo iniziato a girare per esibirci, a sviluppare uno stile originale”.

Musica con un messaggio. “La musica”, racconta Théo, “ce l’ho nel sangue: mio padre, e così mio fratello maggiore, suonavano il likembe (o kalimba, il “piano a pollici” africano), mentre io fin da piccolo ero un percussionista e cantavo”. Mbongwana Star nasce dall’incontro fra i ritmi avvolgenti della rumba congolese, la strumentazione del rock e i bassi ipnotici della musica elettronica. “Nei Mbongwana c’è tutto, una mescolanza di generi che per noi è naturale, sia perché in Congo si ascoltano molti stili, sia perché, dopo anni che giriamo l’Europa, abbiamo assimilato anche altri suoni”. Un suono scuro e vibrante, pieno di ritmo, che, nelle parole di Théo, “vuole far ballare ma anche educare, le nostre sono canzoni che lanciano un messaggio”. Naturalmente, un messaggio di cambiamento. “Molti congolesi oggi vivono in strada, anche dei musicisti, a loro vogliamo dire che possono uscirne, non devono mai fermarsi”.

Leggi anche:  Levante torna con Opera Quotidiana: tra poesia, vita e rinascita

Da Kinshasa alla luna. Sulla disabilità, Nsituvuidi ha le idee chiare: “può essere un limite per alcune cose, ma penso che chi ha una disabilità fisica possa diventare ministro, professore o artista, insomma fare tutto quello che vuole”. Il lavoro è quindi centrale, tanto che, dice, “è vero che in Europa avete centri specifici e contributi per disabili, che sono importanti, ma poi bisogna che tutti possano lavorare”. Un sogno nel cassetto? “Ora che ci siamo sistemati, abbiamo una nostra casa e qualche soldo per vivere, vorremmo aprire un centro in cui far lavorare molte persone con handicap che vivono nelle strade di Kinshasa. ci sono parrucchieri, calzolai, sarti di grande qualità e anche per loro deve arrivare un cambiamento”. Inseguendo la stella del rumba-rock si può così arrivare “da Kinshasa alla luna”, come recita uno dei brani del disco, a cui seguirà presto un’altra fatica discografica. Qualche anticipazione? “La sentirete in concerto, per esempio c’è Bitumba, che significa ‘no alla guerra’ e dà un messaggio per i congolesi, sparsi in tutta l’Africa per un conflitto senza fine”.

Native

Articoli correlati