Essere gay in Uganda, contro-ritratti al buio per denunciare la paura

L'omosessualità è ancora un reato e l’omofobia sempre più diffusa. Alcuni attivisti mobilitati contro la legge anti-gay, si sono lasciati fotografare posando in un set buio.

Essere gay in Uganda, contro-ritratti al buio per denunciare la paura
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7 Ottobre 2015 - 15.36


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In Uganda l’omofobia è molto diffusa e gli omosessuali sono spesso vittime di minacce e violenze. A febbraio del 2014 viene firmata dal presidente Yoweri Museveni una nuova legge che prevede l’ergastolo per il “reato di omosessualità” e fino a sette anni di detenzione per chi è accusato di favoreggiamento, compresi gli avvocati che difendono i gay. Dopo le forti pressioni della comunità internazionale la Corte Costituzionale ugandese ad agosto dello stesso anno annulla la legge a causa di un vizio procedurale, ma la realtà dei fatti nel paese non è cambiata: l’omosessualità è ancora un reato e l’omofobia sempre più diffusa mentre la comunità Lgbti è costretta a nascondersi per evitare aggressioni fisiche e verbali.
Subito dopo l’approvazione della legge anti omosessualità, nella primavera del 2014 il fotografo italiano Aldo Soligno parte per l’Uganda; non ha interesse a scattare immagini choc ma a raccontare la vita di queste persone, separate dal loro mondo, obbligate all’isolamento “a chiudersi dentro le loro case, a celarsi alla vista dietro pesanti tende”. Quando Soligno scopre che i principali tabloid del paese hanno sbattuto in prima pagina centinaia di ritratti di veri o presunti omosessuali sotto al titolo “Impiccateli” e comprende che il ritratto non serve più a dare dignità ma diviene uno strumento di persecuzione, decide di creare una serie di “contro-ritratti” chiedendo agli attivisti ugandesi, mobilitati contro la legge anti-gay, di posare in un set buio con una lampada alle spalle, in modo che il loro volto rimanga in ombra, per evitare il rischio della riconoscibilità e della denuncia, nasce così il report fotografico “Let them show their faces”.

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Le foto rappresentano un forte atto d’accusa contro la politica discriminatoria del regime ugandese ma al contempo “divengono simbolo di tutte quelle situazioni politiche e sociali che impediscono alle persone di mostrarsi come esse sono”. Ci parlano di “tutte quelle condizioni di costrizione che ci spingono a nascondere ‘diversità’, paure e sofferenze dietro maschere socialmente ‘vincenti”. L’autore si mette “emotivamente e visivamente dalla loro parte”, l’obiettivo è mostrare “la solitudine e lo sconforto di vite trascorse nella paura, nell’ansia di essere denunciati, incarcerati per un semplice sospetto, o magari fatti sparire nel nulla”. Tutte le persone che vi sono ritratte sono costrette a nascondersi, tuttavia chiedono “di poter tornare alla luce”. Nell’ambito del progetto “Al fianco dei difensori dei diritti umani in Uganda”, l’organizzazione umanitaria Soleterre in collaborazione con la galleria Spazio Aperto San Fedele e il patrocinio della Città Metropolitana e del Centro Astalli, propone a Milano la mostra di Soligno. L’esposizione a cura di Gigliola Foschi e Andrea Dall’Asta SJ sarà inaugurata oggi alle ore 18.15 in via Hoepli 3 A e sarà visitabile fino al 4 novembre 2015.

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In risposta alle campagne informative anti-gay segnaliamo anche il progetto dell’associazione culturale Cantiere Nuovo di Nico Malvaldi e Luca Serasini che nel febbraio 2014 hanno dato vita a Uganda Art-Icle: “l’idea è nata ascoltando al Tg la notizia che un giornale in Uganda aveva pubblicato i nomi di circa 200 presunti omosessuali” spiega Serasini “poi come troppo spesso avviene, così come era venuta, la notizia è scomparsa dalle cronache, ma mi è sempre rimasta in testa. Ho cercato questa pagina, trovata, ricomposta e stampata e ci ho disegnato sopra e col mio compare Nico Malvaldi abbiamo pensato di estendere l’iniziativa ad altri artisti”. L’invito a ridisegnare la pagina del giornale, emblema di “ogni campagna ignobile contro l’omosessualità” è esteso a tutti. Ad oggi sono 66 le opere che vi hanno aderito. (Slup)

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