I migranti salveranno i paesi che si oppongono al loro arrivo
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I migranti salveranno i paesi che si oppongono al loro arrivo

Ungheria, Slovacchia e Polonia, i Paesi europei che più si oppongono al’ingresso dei migranti, hanno carenze di medici, infermieri e tecnici e dovrebbero aprir loro le braccia.

I migranti salveranno i paesi che si oppongono al loro arrivo
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25 Settembre 2015 - 16.51


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Con le sue camere incontaminate ed il verde cortile, la nuova clinica psichiatrica cui si affiancano reparti geriatrici e dermatologici costerà 18 milioni di euro, ma l’ ospedale di Bydgoszcz , nella Polonia nordoccidentale ,non ha abbastanza infermieri e assistenti e quindi come risultato si può riempire soltant la metà dei suoi 236 letti. Tali carenze di manodopera sono comuni in Europa orientale, nelle costruzioni, nella produzione e nellavtecnologia le imprese stanno lottando per trovare abbastanza lavoratori. E la carenza è destinata a peggiorare visto che le popolazioni invecchiano rapidamente.

Nello stesso tempo, però, i governi dell’Europa orientale sono tra gli oppositori più accesi dei piani per trasferire i rifugiati in tutta l’Unione europea, polacchi e cechi si sono uniti gli ungheresi nel rifiutare di accogliere i migranti, che spesso sono giovani e istruiti. E questo semplicemente ignora la logica economica. Un sondaggio condotto dal “ManpowerGroup”, una società di consulenza, ha scoperto che in Polonia due aziende su cinque hanno difficoltà a coprire i posti vacanti, in Ungheria, quasi la metà non ha potuto ottenere il personale di cui avrebbe bisogno e nella Repubblica ceca ed in Slovacchia un minor numero di datori di lavoro segnalano difficoltà (fra il 18% ed il 28%) ma la quota sta salendo costantemente nel corso degli ultimi anni.

Le aziende della “information techonology”, che si affacciano sulla crisi europea in tutta Europa, lottano ancora più duramente, i loro migliori dipendenti sono attirati verso l’Europa occidentale o l’ America dai salari più alti. La Polonia può essere utile come “back office” per le imprese europee, ma nel 2014 avrebbe avuto bisogno di 50.000 lavoratori IT in più di quelli che è riuscita a trovare. In Slovacchia, il settore IT già forte di 50.000 addetti potrebbe espandersi immediatamente di altri 10.000 se ci fossero persone disponibili. “Il sistema educativo sforna esperti di produzione ma non programmatori”, spiega Radovan Durana, economista presso l’Istituto di Studi economici e sociali a Bratislava. In Ungheria, scarseggiano anche gli ingegneri , anche se vivere fra i magiari costa meno che a Berlino molti laureati si trasferiscono in Germania, dove paga è superiore del 150%.

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Eppure la carenza di competenze specifiche non ha fermato la crescita delle economie nazionali, Polonia e Ungheria si espanderanno di circa il 2,8-3,3% quest’anno, ma potrebbero fare molto meglio. Il PIL pro capite nel 2014 era inferiore al 68% della media UE e le carenze del lavoro aumentano anche i deficit pensionistici e lasciano buchi nelle finanze pubbliche.

Molti Paesi orientali non riescono a raggiungere il loro notevole potenziale: la Slovacchia produce quasi 1 milione di auto all’anno ( il tasso più pro capite più alto del mondo), nel mese di agosto, Jaguar- Land Rover ha annunciato l’intenzione di aprire entro il 2018 il suo primo impianto europeo continentale nei pressi della città di Nitra, con un costo che si aggirerà fra i 16 ed i 18 milioni. I fornitori locali dovrebbero esserne tra i principali beneficiari, ma un sondaggio svolto da “PwC”, una società di consulenza , ha rilevato che quasi l’80% di essi già manca di manodopera qualificata.

Il settore pubblico non è in condizioni migliori: la Polonia ha cinque infermiere ogni 1.000 abitanti contro le 13 della Germania, e fra queste solo l’1% ha meno di 25 anni di età ed il 29% andrà in pensione entro il 2022. L’età media tra i medici specialisti è di 55 anni eèb] Maciej Hamankiewicz[/b], presidente del Supremo consiglio medico della Polonia, avverte che i pazienti ormai non possono ricevere cure adeguate.

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In Ungheria la crisi del sistema sanitario è ancora peggiore: circa il 40% dei medici hanno più di 60 anni, e più di 200 studi non hanno nessun medico, soprattutto nelle regioni orientali e settentrionali che sono le più povere. All’ospedale “Almasi Balogh Pal” di Ozd, 55 medici lavorano senza sosta per servire una città di 80.000 persone, ed un direttore dice che le inserzioni per trovare nuov personale non ottengono alcuna risposta.

Sarebbe perfino scontato aspettarsi che rifugiati giunti da lontano possano colmare rapidamente simili lacune. E’ vero ch mancano dati affidabili su ciò che gli immigrati sanno fare, tuttavia ci sono ampie prove del fatto che i siriani, il più grande fra i gruppi in arrivo, sono relativamente ben istruiti. Molti medici siriani sono stati formati in Unione Sovietica e parlano fluentemente il russo, in pochi minuti in una stazione di Budapest un corrispondente dell’ “Economist” si è imbattuto in un avvocato siriano, un ingegnere meccanico, un ingegnere agricolo e un insegnante di fisica, e tutti parlavano inglese.

/Anche i rifugiati meno capaci rpotrebbero avere un sacco di posti di lavoro tra cui scegliere: il ministero polacco del lavoro ha individuato grandi carenze di operai in agricoltura e nel settore delle costruzioni, il ministero dell’economia ungherese chiede carpentieri, commessi, giardinieri e panettieri. La Polonia già importa decine di migliaia di lavoratori stagionali dalla vicina Ucraina.

Man mano che aumenterà l’invecchiamento della popolazione, la forza lavoro continuerà a contrarsi in tutta Europa. In Ungheria i tassi di natalità sono in declino mentre la durata della vita si allunga, dunque molti dei giovani emigrano e la popolazione è prevista ridursi dell’8% entro il 2035, mentre la Polonia si trova di fronte una contrazione del 6%). Queste cifre per giunta sottostimano il problema, dal momento che le previsioni ufficiali prendono persone registrate in un censimento come popolazione di riferimento, anche se molti vivono all’estero e non hanno intenzione di ritornare.
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Alcuni funzionari dell’Est europeo insistono nel dire che si possono colmare le lacune di competenze attingendo alla manodopera proveniente da Paesi confinanti con culture più simili , come Bulgaria e la Romania, che sono membri dell’Unione europea ma non ancora parte della zona Schengen. Anche questo però può essere un pio desiderio: bulgari e rumeni possono già muoversi liberamente in Europa se presentano i loro passaporti, e nel frattempo le popolazioni di entrambi i Paesi stanno invecchiando rapidamente.

Nei Balcani i salari sono spesso inferiori a quelli che vengono pagati più a nord, e l’occupazione in Polonia o Ungheria può sembrare attraente, na anche le popolazioni della ex Jugoslavia sono vecchie ed in contrazione perché molti d giovani hanno già lasciato. In Bosnia-Erzegovina la popolazione era di 4.4 milioni nel 1991 ma oggi è di 3.8, e nel 2050 l’ONU prevede che diminuirà di un ulteriore quinto, fino a toccare 3,1 milioni.

I critici hanno ragione nel sostenere che è difficile l’integrazione di stranieri che parlano linguaggi difficili in Paesi con servizi pubblici particolarmente fragili, ma i vantaggi sarebbero comunque evidenti. “La Polonia non può mettersi al passo con l’Occidente senza aprire a lavoratori stranieri”, spiega Marcin Piatkowski, economista presso la Banca Mondiale.

Fonte: The Economist

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