Turchia verso le elezioni: social bloccati e opposizione annichilita
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Turchia verso le elezioni: social bloccati e opposizione annichilita

Tramontata la prospettiva europea, il paese vive un momento delicatissimo. L'analisi del giornalista Marco Cesario, autore di "Sansür: censura.

Turchia verso le elezioni: social bloccati e opposizione annichilita
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12 Aprile 2015 - 10.37


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A due mesi dalle elezioni politiche del 7 giugno – leader dell’Akp, il Partito per la giustizia e lo sviluppo al governo in Turchia dal 2002, non sarà il presidente in carica Recep Tayyip Erdogan, ma l’attuale primo ministro Ahmet Davutoglu – lo Stato a cavallo tra Occidente e Oriente vive un complesso momento di instabilità politica: dall’assalto al quartier generale della polizia a Istanbul al sequestro del magistrato Mehmet Selim Kiraz da parte di due esponenti del Dhkp-C; dal più grande blackout degli ultimi 15 anni all’irruzione di un uomo armato nelle sedi dell’Akp; dalle polemiche per l’insabbiamento dell’inchiesta Balyoz alla ‘legge bavaglio’”.

“Diversi nodi stanno venendo al pettine – spiega Marco Cesario, giornalista, scrittore e autore di ‘Sansür: censura. Giornalismo in Turchia’, pubblicato nel 2013 –. Il Paese sta vivendo un momento di recrudescenza post Gezi Park, una vera e propria svolta autoritaria da leggere nell’ottica di una strategia della tensione. Anni di piombo”. Pochi giorni fa, il governo ha bloccato Facebook, Twitter e Youtube, dopo che i tre social avevano pubblicato le foto di Mehmet Selim Kiraz, sequestrato e poi ucciso durante il blitz delle teste di cuoio turche. Blocco rimosso, ma il quotidiano ‘Hürriyet’, online ha raccontato di avere visto un documento con l’ordine di bloccare 166 siti web che hanno pubblicato le foto del magistrato preso in ostaggio.

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“Oggi, in Turchia, la liberà d’espressione non è più garantita: certo, ci sono oltre 250 canali privati, 40 giornali, moltissimi canali radio, ma l’informazione non è libera. Lo è ancor meno dopo la pubblicazione della cosiddetta ‘legge bavaglio’ del 27 marzo: in base a questa riforma, non solo le forze di polizia hanno nuovi poteri in occasione di manifestazioni – facoltà di eseguire perquisizioni sui manifestanti, eseguire intercettazioni e detenzioni fino a 48 ore anche senza intervento del magistrato, utilizzare armi a fuoco per reprimere le contestazioni –. Ora possono anche perquisire improvvisamente le sedi dei giornali senza l’autorizzazione dei magistrati. Uno Stato poliziesco”.

Cesario parla di un’opposizione annichilita e di retate contro i giornalisti che, su Twitter avevano espresso perplessità sull’operato di ‘Anadolu’, l’agenzia di stampa governativa, durante le elezioni amministrative del 2014. Ricorda la condanna del pianista Fazil Say per i suoi tweet giudicati offensivi nei confronti dell’Islam e dei vignettisti della rivista satirica ‘Penguen’ per avere ritratto Erdogan in copertina. Le pene per chi offende il Presidente possono arrivare fino a 4 anni di carcere: “L’Afp, l’autorità per le telecomunicazioni, può chiudere siti a sua totale discrezione: solo l’anno scorso ne ha chiusi 60 mila”. In 4 mesi sono state condannate oltre 200 persone per presunte offese. “La Turchia resta al 149º posto – su 180 Paesi – per libertà di stampa, nella classifica redatta da Reporters senza frontières. Sembra che la prospettiva europea sia definitivamente tramontata: stiamo assistendo all’ascesa del partito islamista, mentre vediamo scardinati i principi di laicità che erano alla base dello Stato”.
“I prossimi 2 mesi per la Turchia si annunciano complessi: non è difficile immaginare altri fatti eclatanti, nuovi tentativi di destabilizzare il Paese dall’interno. Voci autorevoli hanno letto il sequestro del magistrato come una false flag”, come Emre Kizilkaya, redattore esteri di ‘Hürriyet’ che, intervistato da Cesario, ha raccontato che dietro azioni del genere, possono nascondersi i servizi segreti turchi, sebbene non esistano prove tangibili: “L’azione del Dhkp-C non fa che portare acqua al mulino dell’Akp, quasi a giustificare le sue misure draconiane. Non dimentichiamo che il 28 maggio, giusto pochi giorni prima del voto, cade anche il secondo anniversario di Gezi Park: aspettiamoci ulteriori misure restrittive”.
E la Turchia sarà una delle protagoniste del nuovo libro di Marco Cesario ‘Medin’, pubblicato da Rogiosi editore, in uscita in questi giorni: “30 storie dal Mediterraneo, il fil rouge. Un diario di viaggio in cui ho mescolato letteratura, storia, mémoire de voyage e reportage giornalistico”. Un viaggio da Napoli a Tangeri, passando per Barcellona, Istanbul e Gerusalemme: “Nelle pagine prenderanno vita storie e leggende di luoghi e di uomini speciali, come lo scrittore israeliano Amos Oz, che ho incontrato tra le mura sacre di Gerusalemme; il giornalista Gideon Levy, nella caotica Tel Aviv; Lina Ben Mhenni, la blogger tunisina della rivoluzione dei gelsomini; il fotografo catalano Francisco Boix i Campo; il fruttivendolo-eroe Mohammed Bouazizi, che con il suo gesto ha dato il via alle rivolte nel mondo arabo. Come la giornalista turca Füsun Erdogan. Come il maestro Rami Balawi, che a Gaza, sotto le bombe, continua a insegnare storia ai suoi bambini”. (Ambra Notari)

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