La pioggia è sempre torrenziale, il colpo d’occhio è sempre impressionante: il viaggio di papa Francesco nelle Filippine conferma i grandi numeri di un popolo capace di riversarsi in ogni luogo visitato dal pontefice (almeno tre milioni di persone a Manila, ma c’è chi parla anche del doppio). Dopo l’incontro con i superstiti del tifone Yolanda, ancora i poveri e gli emarginati rimangono al centro degli appuntamenti. Lo stesso Luis Tagle, il cardinale arcivescovo di Manila, saluta Francesco a nome di poveri, emarginati, orfani, vedove, senzatetto, abbandonati, ammalati, vittime di discriminazioni, di violenza, di abusi, di calamità naturali. E proprio gli abusi e la violenza, in particolare quella che ha come vittime i bambini, sono al centro di uno degli episodi più significativi dell’intero viaggio del Pontefice in Sri Lanka e Filippine.
Sono le parole di Glyzelle Palomar, 12 anni, chiamata a portare la sua testimonianza e a presentare una domanda al papa, che convincono il pontefice a mettere totalmente da parte, per l’ennesima volta, il discorso preparato, e a risponderle a braccio. Perchè, spiegherà poi lo stesso Francesco, “scusatemi se non ho detto quello che avevo preparato, ma la realtà è superiore all’idea e la vostra realtà è superiore all’idea di tutto quello che avevo preparato”.
E questa realtà sono le parole di Giselle: “Ci sono tanti bambini rifiutati dai loro stessi genitori, ce ne sono tanti che diventano vittime, accadono loro tante cose terribili come la droga o la prostituzione. Perché Dio permette che accadano queste cose, anche se non è colpa dei bambini? E perché ci sono così poche persone che ci aiutano?”. Parole pronunciate piangendo, che toccano i presenti come e più di quelle pronunciate poco prima da June, quattordici anni, a lungo ragazzo di strada.
C’è solo una piccola rappresentanza di donne tra voi. Troppo poche. Le donne hanno molto da dirci nella società di oggi. Talvolta siamo troppo maschilisti e non diamo spazio alle donne. Ma le donne sono capaci di vedere le cose con occhi diversi da noi uomini. Le donne sono capaci di porre domande che gli uomini non sono capaci di comprendere. Prestate attenzione. Lei (Taziel) oggi ha posto l’unica domanda che non ha una risposta. E non essendo in grado di esprimerla a parole lo ha fatto con le lacrime. Quindi, quando verrà il prossimo Papa a Manila fate in modo che ci siano più donne tra voi.
“Lei oggi ha posto l’unica domanda che non ha una risposta e non essendo in grado di esprimerla a parole lo ha fatto con le lacrime: perchè soffrono i bambini? Il fulcro della tua domanda non ha praticamente una risposta. Solo quando anche noi saremo capaci di piangere per le cose che hai detto allora saremo pronti a rispondere a questa domanda. Una grande domanda per tutti: perché soffrono i bambini? Quando il cuore è pronto ad interrogare se stesso e piangere, allora saremo in grado di comprendere qualcosa. Esiste una compassione ‘mondana’ che non serve a nulla. Tu hai detto qualcosa al riguardo. Una compassione che al massimo consiste nel mettere una mano in tasca ed allungare una moneta. Se Cristo avesse avuto questo tipo di compassione, sarebbe semplicemente passato, avrebbe curato tre o quattro persone e se ne sarebbe tornato dal Padre. Solamente quando Cristo pianse e fu capace di piangere, comprese ciò che accadeva nelle nostre vite”.
“Cari ragazzi e ragazze, nel mondo di oggi manca la capacità di piangere. Piangono gli emarginati, quelli che sono esclusi, quelli che vengono scartati, ma quelli che hanno una vita senza particolari necessità non sanno piangere. Alcune realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi lavati dalle lacrime. Così invito ciascuno di voi a chiedersi: ho imparato a piangere quando vedo un bambino che è affamato, un bambino drogato, un bambino che non ha casa, un bambino abbandonato, un bambino abusato, un bambino sfruttato dalla società? Ogni tanto qualcuno piange in maniera capricciosa perché vorrebbe di più. Questa è la prima cosa che volevo dirvi. Impariamo a piangere. Come lei ci ha mostrato oggi. Non dimentichiamoci di questa testimonianza. La grande domanda sul perché i bambini soffrono lei l’ha posta piangendo. E la risposta che noi diamo oggi è: impariamo a piangere. Gesù nel Vangelo pianse, pianse per un amico morto, pianse nel suo cuore per quella famiglia che ha perduto sua figlia, pianse nel cuore quando vide una povera vedova che ha dovuto seppellire il figlio, ma soprattutto pianse nel suo cuore e fu mosso a compassione quando vide una moltitudine di persone senza un pastore. Se non imparate come si piange non potrete essere buoni cristiani”.
“Questa è una sfida. June e Gisele, oggi ci hanno lanciato questa sfida. E quando ci chiedono perché soffrono i bambini? Perché capita questo o quest’altra tragedia nella vita? La nostra risposta può essere o il silenzio, o la parola che nasce dalle lacrime. Siate coraggiosi. Non temete di piangere. Non trasformatevi da giovani da museo”.
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