Mi permetta di ricordare, prima di tutto, che l’Azerbaigian è un paese la cui vocazione industriale nasce già a metà ’800, e che nel 1901 eravamo i primi al mondo nell’industria petrolifera, con il 51% della produzione mondiale. E’ in Azerbaigian che si è costruito il primo oleodotto e la prima piattaforma offshore; siamo stati al centro di uno sviluppo intenso che ha avvicinato esperti e tecnici di altri paesi, è stato un processo che ha contribuito a rendere il nostro un paese aperto, con una società multiculturale e multi confessionale, ricettiva. Ora a questo si è aggiunto anche il processo di estrazione del gas; quindi la nostra attività industriale di base deriva senz’altro dalle fonti di energia.
Ma ho particolare piacere a spiegare che mentre il settore energetico ha permesso una crescita economica, le attività non-oil sono oggi quelle che più stanno a cuore al governo. I principali obiettivi sono quelli dello sviluppo delle regioni, delle aree rurali, e riguardano ammodernamento delle infrastrutture, agricoltura, lavorazioni di generi alimentari, turismo, creare le condizioni che permettano il fiorire delle presenti potenzialità. Baku non ha in questo momento bisogno di ulteriore sviluppo, la maggior parte del denaro viene ora impiegato nella periferia del paese.
Lo sviluppo industriale non-oil è una priorità, non desideriamo essere legati soltanto all’energia.
Quali sono i nostri futuri piani di sviluppo?
Vanno tutti nella direzione dei settori non-oil. A dirla in poche parole, il settore energetico è quello che ci procura le risorse, una macchina generatrice di soldi, da lì li prendiamo, per mantenere e migliorare la produzione energetica, ma gli investimenti vanno tutti nello sviluppo degli altri settori.
Siamo il paese più avanzato dell’area caucasica: lo scorso marzo abbiamo lanciato il nostro primo satellite di comunicazioni che serve non solo le nostre necessità, affittiamo frequenze anche ad altri paesi, quest’anno avverrà il lancio del secondo satellite. Teniamo in gran conto il progetto di sviluppo tecnologico, vogliamo diventare una nazione pienamente sviluppata per l’informazione e la tecnologia, e siamo sulla buona strada.
I trasporti rivestono per noi grande importanza, abbiamo investito negli ultimi anni 5 miliardi di euro solo in questo settore ripartito tra strade, ferrovie, trasporto aereo e marittimo.
Subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica non potevamo permettercelo, ma ora possiamo spendere denaro nel sociale, nell’istruzione, nella cultura, dove converge finalmente tutta la nostra attenzione, e il Ministero della Cultura è uno dei maggiori fruitori degli aiuti del governo. Abbiamo potuto restaurare musei, teatri, centri culturali e gli italiani hanno largamente partecipato a questo processo. Così come per i lavori nei siti archeologici dove scienziati italiani affiancano quelli azerbaigiani.
L’istruzione è per noi un punto focale: in Azerbaigian abbiamo grande attenzione per la formazione dei giovani, la scuola è obbligatoria fino al livello del diploma superiore, abbiamo un tasso di alfabetizzazione del 99.8%. Esiste un programma di supporto per i giovani che si recano a studiare
all’estero per cui il governo ha stanziato milioni di dollari.
Il reddito medio è di 7.000 euro annui, certamente inferiore a quello di molti paesi europei, ma in crescita costante. Il nostro sistema pensionistico provvede ad un buon sostegno che si rivaluta nel tempo, teniamo molto in considerazione il benessere della popolazione, la soddisfazione dei cittadini.
Nel 2013 il PIL è stato di 75 miliardi di dollari. Vorrei sottolineare come di questa cifra 31 miliardi sono generati nei settori non-oil, e questa proporzione cresce stabilmente.
Molto interessante questo dato, evidentemente la percezione di un paese essenzialmente petrolifero, fatta dall’esterno, si fonda su una conoscenza solo parziale. Può darci altre cifre?
Il 48% del nostro PIL deriva da settori diversi da quelli energetici. L’anno scorso abbiamo avuto una crescita industriale del 6%; poco rispetto al 2009 quando fu del 29%, ma accontentiamoci di questo 6%, al cui interno possiamo leggere che i settori non-oil sono cresciuti del 9.7%. Il settore energia si è sviluppato dopo l’indipendenza, nel ’93-’94, ed è cresciuto soprattutto grazie agli investimenti stranieri, ma il non-oil è frutto degli investimenti interni. Guardando le cifre notiamo che alcuni settori sono cresciuti molto di più della media, IT e telecomunicazioni 11.8%, costruzioni 20%. Nel 2013 sono stati investiti capitali per 28 miliardi di dollari, di cui 17.5 capitali nazionali, 10.5 stranieri. Abbiamo il Fondo Statale Petrolifero, un Fondo Sovrano, completamente trasparente, sottoposto a controlli e verifiche di società internazionali di rating, soggetto al controllo del Parlamento ed il cui presidente è nominato congiuntamente dal Presidente e dal Parlamento del nostro paese. Questo fondo accumula i proventi delle vendite energetiche e questo denaro viene reimpiegato nel paese per grandi progetti sociali e di strategia nazionale. Ad esempio si è attinto a questo fondo per la costruzione di villaggi per i rifugiati vittime della guerra con l’Armenia, persone che hanno vissuto a lungo in campi di fortuna. Si sono costruiti ospedali, scuole, intere cittadine, tutto grazie al fondo petrolifero. Un altro esempio è l’utilizzo di questo denaro per finanziare gli studi all’estero dei nostri ragazzi. Usiamo questi soldi anche nella costruzione della linea ferroviaria che connette l’Azerbaigian alla Turchia attraverso la Georgia, e che ci metterà in collegamento con le linee ferroviarie europee ed asiatiche. La porzione che attraversa il nostro territorio è un progetto di strategia nazionale, e quindi pagato dal Fondo. Al momento abbiamo disponibili in questo fondo 50 miliardi di dollari.
Le fornisco anche le cifre dell’inflazione, al 2.4%, e della disoccupazione; siamo fieri di mostrare che in 10 anni, dal 2003 al 2013, siamo passati dal 47% al 5.2% di tasso di disoccupazione. Tutto questo grazie alla creazione dei posti di lavoro dei settori del non-oil. Il settore energetico può generare profitti ma un numero limitato di posti di lavoro, la vera forza di crescita del paese passa attraverso il non-oil. La nostra economia reale è in tumultuosa crescita, continuamente vengono inaugurate fattorie, industrie, imprese e progetti locali.
Sono iniziative pubbliche o private?
Essenzialmente private. Del settore pubblico fanno parte diverse grandi entità, come Azerbaigian Airlines; State Oil Company; Ferrovie Azerbaigiani; Shipping Company, la nostra maggiore compagnia marittima; Azerbaigiani Telecom; la tendenza nel futuro per molte aziende pubbliche sarà la loro graduale privatizzazione, alcune già sono compartecipate; per il resto l’economia è privata, comprese grandi realtà industriali.
Quali sono le occasioni per gli investitori italiani in Azerbaigian?
Molte imprese italiane sono già presenti in Azerbaigian, come grandi industrie, famosi marchi del lusso, l’Italia è sicuramente ben nota e rappresentata. Dirò però francamente che mentre le grandi imprese già ci sono, le medie hanno tardato a venire, lasciando spazio a quelle di altri paesi come Francia, Germania, Regno Unito etc. Ma ci sono ancora ampi spazi di investimento in diversi settori: infrastrutture, strade, ferrovie; protezione e cura dell’ambiente, agricoltura e filiera alimentare, turismo, it e telecomunicazioni, banche e assicurazioni.
Il lavoro c’è, ma non vogliamo solo contractors, ora abbiamo bisogno di investitori, nel medio e lungo termine, di chi voglia anche sviluppare produzioni locali, e c’è da comprendere che ciò che si produce in Azerbaigian non è solo per il consumo locale, il paese è al centro di una regione che comprende la Georgia, la Russia meridionale, l’Iran, l’Asia Centrale, una vastissima area. L’Azerbaigian è il posto migliore dove stabilire un business con uno sguardo internazionale, è un HUB naturale. Inoltre le procedure sono snelle, in 72 ore si apre un’impresa, bastano 3-4 passaggi per ottenere le licenze, il paese è molto accogliente verso l’imprenditorialità.
Vorrei sottolineare che l’Azerbaigian punta soltanto ai prodotti della migliore qualità. Sappiate pure che chi arriva non incontrerà una strada priva di ostacoli ma un mercato molto competitivo: nel paese troverà agguerriti concorrenti provenienti dagli USA, Germania, Olanda, Turchia, Francia, etc. Anche i costi sono in crescita, con le migliorate condizioni economiche del paese, anche se siamo ancora lontani dagli standard europei. Tuttavia c’è ancora molto spazio per le imprese italiane, che troveranno ottime condizioni, come l’Ambasciata italiana di Baku e l’Ice possono confermare, e il momento è adesso.
Aggiungo che oggi le compagnie azere sono pronte a fare investimenti all’estero, non solo invitiamo a venire in Azerbaigian ma anche parallelamente a valutare investimenti da fare insieme in joint venture. Ad oggi siamo presenti in Georgia, Russia meridionale, Kazakhstan, Turchia, Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro, Svizzera. Siamo pronti a lavorare con imprese italiane, fare progetti insieme in Italia e altrove, come America del Sud, Sud Est Asiatico, Africa. Cinque anni fa non avrei potuto dire una cosa del genere, ma ora le condizioni ci sono.
Per ora nel settore energia. In Georgia nel sistema di distribuzione del gas, in Bulgaria in quello del carburante, in Ucraina, Serbia e Montenegro siamo presenti in diversi progetti infrastrutturali; in Svizzera la rete di distribuzione del gas, già della americana Esso, ora è della State Oil Company azera, a Malta abbiamo partecipato ad una holding internazionale per la fornitura di gas e di elettricità generata dal gas.
Parliamo ora di gasdotti, e in particolare del progetto TANAP TAP
Dal giacimento Shah Deniz nel Mar Caspio origina il gasdotto BTE, in funzione dal 2006, che va in Georgia e poi in Turchia, lungo 700 chilometri con una capacità di 20 miliardi di metri cubi. La seconda fase di sfruttamento del giacimento prevede la costruzione del gasdotto TANAP – Trans Anatolian Pipeline – che correndo in parallelo al primo gasdotto fino alla Turchia continuerà il percorso, in totale 1800 chilometri, per arrivare poi in Grecia; avrà una capacità iniziale di 16 miliardi di metri cubi per arrivare fino a 60. Il TANAP è un progetto congiunto di Azerbaigian (che partecipa all’80%) e Turchia (20%). Shah Deniz è un giacimento immenso, capace di offrire forniture maggiori, per questo motivo è stato progettato il proseguimento del percorso Tanap; è stato così approvato il gasdotto TAP, Trans Adriatic Pipeline, vincendo la competizione con Nabucco; attraverserà Grecia e Albania per proseguire fino in Italia. L’accordo è stato siglato lo scorso anno: i 16 miliardi di metri cubi di
portata iniziali saranno ripartiti in 8 per l’Italia, in gran parte per Enel ed Hera; 1 per la Grecia; 1 per la Bulgaria, dove il gas arriverà grazie ad una breve ramificazione dal confine greco, e 6 per la Turchia. Subito dopo si passerà alla fase Shah Deniz III, dove si incrementeranno le quantità per ciascun paese, fino ad arrivare ad una portata di 60 miliardi di metri cubi. Il TANAP sarà terminato nel 2018, il TAP nel 2019, quindi tra 5 anni il gas azero arriverà in Italia. E’ un progetto importante per ragioni economiche e politiche: stiamo parlando dell’unico progetto realistico per fornire gas all’Europa in parallelo e parziale alternativa alla Russia. Non siamo in competizione con nessuno, ma crediamo che avere un’opzione in più sarà utile nelle negoziazioni con i paesi fornitori, specie quando presto l’Europa si riprenderà e la domanda di energia tornerà a crescere.
In Puglia, dove il TAP terminerà, ci sono state alcune controversie, ma il governo italiano può sicuramente spiegare quali saranno i vantaggi, non solo per il territorio locale, dove si creeranno 10 mila nuovi posti di lavoro. Il gasdotto sarà costruito con tutti i criteri di qualità e sicurezza, e soprattutto rispetto ambientale, sarà quindi utile fugare i dubbi degli ambientalisti con informazioni aperte e circostanziate.
I giovani sono la nostra priorità: su 9 milioni di abitanti 5 sono al di sotto dei 29 anni, dobbiamo provvedere alla loro educazione, creare i futuri posti di lavoro, evitare di trasformarli in manifestanti arrabbiati come purtroppo accade sovente nel mondo. Forniamo supporto alle loro necessità attraverso un programma di Politiche Giovanili che prevede aiuti materiali per l’educazione, la professionalizzazione, il lavoro. L’educazione secondaria è obbligatoria, per 11 anni di frequenza scolastica totale, il sistema universitario è compatibile con il sistema europeo. Le scuole e le numerose università sono prevalentemente statali. Il governo destina grandi somme per lo studio all’estero di studenti universitari, individua quali specializzazioni siano ritenute prioritarie; tutte le spese vengono rimborsate, con l’obbligo per gli studenti che ne usufruiscono di tornare a fine laurea in Azerbaigian e rimanervi a lavorare per 3 anni, impiegati in lavori individuati e pagati dallo Stato. Abbiamo una fondazione che premia i giovani ricercatori, dà denaro alle start up di giovani imprenditori, fornisce prestiti agevolati; anche le banche sostengono le start up e le giovani famiglie con mutui ad interessi speciali. Abbiamo recentemente aperto nel paese 23 centri di aggregazione giovanile, clubs dove incontrarsi e organizzarsi, aperti alle iniziative sociali giovanili, conferenze, attività sociali. Organizziamo per i giovani incontri internazionali, ad esempio l’anno scorso a Roma si sono ritrovati, ospiti del governo, 500 giovani azeri che frequentano università all’estero in un forum interattivo. La fondazione per il giovani nel 2013 ha ricevuto un sostegno finanziario di 5.5 milioni di euro, ha approvato 137 progetti, vagliati da una commissione.
Mancano meno di 500 giorni alla prima edizione dei Giochi Olimpici Europei che si terranno a Baku nel 2015. Una occasione di ulteriore avvicinamento e maggiore conoscenza tra Azerbaigian e l’Europa attraverso lo sport. Ma anche il turismo veicola scambi e conoscenze; ci sono potenzialità in Azerbaigian per sviluppare un’afflusso turistico?
Il turismo è un’altra area promettente, in veloce crescita. Nel Nord del paese vi è un grandissimo territorio ad enorme potenzialità turistica: le montagne che ci separano dalla Russia, potremmo
paragonarle alle vostre Alpi, dove già sono state aperte due prime grandi stazioni sciistiche che possono ospitare fino a 35 mila persone contemporaneamente ed attirano turisti da tutta l’area caucasica e non solo. Sono il frutto di progetti cui hanno partecipato società austriache, tedesche, italiane, e sono servite da uno dei nostri sei aeroporti internazionali.
Sarebbe utile, per meglio capire questa realtà, conoscere la storia di questo territorio. Il Nagorno Karabach non ha mai avuto confini con l’Armenia, e per la sua morfologia si affaccia naturalmente verso le pianure dell’Azerbaigian e non viceversa. Dal 1923 è stata resa regione autonoma in un referendum popolare dove la popolazione, per tre quarti armena, ha confermato la scelta di rimanere territorio azero. La convivenza pacifica dei due gruppi ha avuto termine con il conflitto del 1988, quando 250 mila azeri sono stati deportati dall’Armenia, dove abitavano; nella seconda fase altri 50 mila sono stati cacciati dal Nagorno Karabakhh. L’avanzata delle truppe armene è arrivata ad oggi ad occupare un quinto del territorio azero, con 7 distretti occupati, abbiamo circa 1 milione di rifugiati e sfollati. Oggi non ci sono più azeri in Armenia, mentre solo a Baku abitano pacificamente 35 mila armeni. L’Italia è un paese cattolico e deve sapere che alla base di questo problema non c’è nessuna questione religiosa, come la propaganda armena vuole far credere, ma un conflitto aperto, con il 20% del territorio azero occupato. L’ Armenia incoraggia i suoi a venirvi ad abitare, magari richiamando coloro che sono dispersi in altri paesi, e si vorrebbe trasformarlo in un attrazione turistica. Si sappia che è del tutto illegale entrare nel Nagorno Karabakh senza il permesso e il visto del governo azero, si viola la legge e si compie offesa criminale, anche la Farnesina può confermarlo. Voglio sottolineare che ci sono state ben quattro risoluzioni delle Nazioni Unite che hanno chiesto il ritiro delle truppe armene, ma non sono mai state implementate, credo che la comunità internazionale dovrebbe prendere una posizione forte in proposito. Non si tratta affatto di un problema di natura religiosa, l’Armenia non è un paese minacciato, d’altronde l’Azerbaigian ha ottimi rapporti con tutti gli altri vicini, anche cristiani.
Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario del massacro di Khojaly (nel Nagorno Karabakh) del 1992, nella città assalita dalle truppe armene in una sola notte furono uccisi più di 600 azeri, tra cui numerosi civili, donne e bambini. Il Comitato per i Diritti Umani di Helsinki e la Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo hanno promosso il 12 febbraio scorso una conferenza internazionale sulla protezione della popolazione civile nei conflitti armati, riferendosi a questo tragico episodio.Il 1992 massacro di Khojaly è stato ben descritto dall’autore e storico inglese Thomas De Waal. Un fatto rimasto sconosciuto all’Europa per diversi anni, e tuttora non sufficientemente noto. Possiamo definirlo un atto di genocidio, per noi rimane una ferita insanabile.
L’Europa vi è sempre più vicina, prevalentemente per lo scambio commerciale ma si vanno man mano rafforzando, come menzionato poc’anzi, anche gli scambi culturali e del flusso informativo. Sui diritti umani l’Europa ha una sensibilità molto sviluppata: vi sentite pienamente allineati a questo atteggiamento?
L’Azerbaigian ha riconquistato l’indipendenza nel 1992: da allora è iniziato il ritorno alla democrazia e al pieno rispetto dei diritti umani. Ma dopo 70 anni di repressione sovietica non ci si trasforma istantaneamente; le leggi possono essere cambiate velocemente, ma il processo che prende più tempo è quello che deve avvenire nella mentalità della gente.
Nel 1995 abbiamo adottato la prima costituzione post sovietica, completamente compatibile con i
paesi europei, che ci hanno dato suggerimenti nel redigerla. Nel 2003 è stata abolita la pena di morte. Abbiamo aderito a tutte le più rilevanti risoluzioni delle Nazioni Unite e del Parlamento Europeo, nella nostra costituzione è scritto che in tema di diritti umani e di democrazia prevale il diritto internazionale. La competenza del sistema penitenziario, dietro raccomandazione dell’Europa, è stata trasferita dal Ministero degli Interni a quello della Giustizia, quindi ad un ambito completamente civile. Lavoriamo fianco a fianco con la Comunità Europea e alcuni suoi membri individuali, tra cui l’Italia, ad una completa ristrutturazione del sistema penitenziario.
Il nostro Parlamento è unicamerale, con 125 membri, e 12 partiti politici. Ci sono stati momenti di scontro tra i rappresentanti parlamentari, ma il pieno sviluppo della democrazia è un processo che ha bisogno di tempo, sappiamo di avere ancora punti di debolezza e zone da rafforzare, ancora alcuni problemi con la corruzione, ma è importante non la presenza di problemi quanto la determinazione e la capacità di affrontarli e superarli. Insomma il passato lo abbiamo messo alle spalle, anche se ancora c’è strada da compiere. So che nella semplificazione comunicativa alcuni casi giudiziari del nostro paese sono stati fatti passare come legati a forme di censura o repressione delle idee, ma chiedo un’attenta analisi di ogni episodio prima di esprimere giudizi. Vorrei anche fare presente che sul nostro territorio i diritti umani di 1 milione di persone, i nostri sfollati e rifugiati, sono stati violati, e ancora non ho sentito vivaci proteste o prese di posizione della comunità internazionale per risolvere questo enorme problema.
Quindi sì, ci sono cose da migliorare, ma sicuramente ci sentiamo allineati all’atteggiamento europeo sui diritti umani, e prendendo molto seriamente il nostro impegno proseguiamo la nostra strada verso una compiuta maturità.
Capisco che la maggior parte dei giornalisti che scrivono sull’Azerbaigian non lo hanno mai visitato, ne parlano quindi senza conoscerlo. Siamo un paese musulmano, ricco di petrolio e gas (qualcuno ci crede arabi), facilmente si passa all’assioma: musulmani, regime repressivo, totalitario, gas e petrolio uguale corruzione, donne velate, arretratezza culturale, etc. A dire la verità ci sono molte più donne velate a Parigi, Londra o Vienna che a Baku, per non parlare del fatto che il nostro paese ha dato il voto alle donne nel 1918, molto prima di tante nazioni europee, sebbene pochi lo sappiano. Abbiamo donne rettori universitari, in Parlamento siede il 30% di donne. La costituzione azera è secolare, la religione è del tutto separata dallo Stato, l’Azerbaigian è un paese multi confessionale, dove la maggioranza è musulmana, il 93% circa, ma ci sono cristiani, ebrei, buddisti. Nonostante la maggioranza sia musulmana non abbiamo una nozione di religione di Stato, né menzioniamo nella costituzione una religione come preminente. Per lo Stato tutte le religioni sono uguali, il nostro essere multi etnici e multi confessionali è per noi un grande risultato di civiltà. Abbiamo avuto sempre buone relazioni con paesi e popolazioni straniere, oltretutto la nostra posizione geografica, in un crocevia di continenti, ci ha da sempre esposti a passaggi di uomini e traffici di merci che ci hanno reso ricettivi verso l’esterno. La famosa via della Seta, sul cui percorso si trovava l’Azerbaigian, non trasportava solo preziosi carichi, il traffico più importante è stato quello delle idee. Anche l’industria del petrolio è stata per noi motivo di esposizione all’influsso culturale straniero, dalla seconda metà dell’800 sono venuti da molti paesi, l’Azerbaigian è stato influenzato da queste esposizioni. Per questo motivo abbiamo un atteggiamento aperto, tollerante, curioso, rispettoso.
Può controbattere a chi afferma che l’Azerbaigian trova in occidente una favorevole attenzione soprattutto grazie alla sua forza economica?
La forza economica non è di per sé un valore negativo, non deve ostacolare i rapporti tra stati. Posso affermare da diplomatico che le buone relazioni politiche tra nazioni non sono l’obiettivo in sé, ma una necessaria premessa ed una cornice dove inserire i contenuti. L’Azerbaigian ha spontaneamente aperto le porte al mondo, siamo stati la prima nazione nell’era post sovietica ad aprirci alle industrie straniere, ovviamente l’energia è il nostro assett primario ed è in questo settore ci siamo maggiormente sviluppati. Voglio ricordare che l’Azerbaigian ha sempre avuto forti legami con l’Occidente e l’Europa, in tutto il percorso della propria storia. Basta guardare la mappa per intuirlo. Non siamo legati solo da fattori economici ma condividiamo da sempre i valori europei ed occidentali. Il primo culto religioso e monoteista praticato da noi risale al zoroastrismo, fondato in Atropene, l’odierno Azerbaigian, dove l’energia del creatore è rappresentata dal fuoco, tuttora nostro simbolo nazionale. La religione ufficiale azera dal IV secolo è stata il cristianesimo nella sua forma di albanesimo caucasico; l’Islam è giunto solo nel VII secolo.
Abbiamo sempre guardato in direzione dell’Europa, dopo il crollo dell’Unione Sovietica ci siamo chiesti quale fosse la direzione da prendere, si è dibattuto sulle opzioni possibili, abbiamo ricevuto pressioni, ma nella pubblica opinione non c’è mai stato dubbio sulla scelta del modello di sviluppo europeo, il consenso è stato di tutte le espressioni civili e politiche del paese.
I nostri rapporti con l’Europa sono economici, ma non solo: cooperiamo per la sicurezza internazionale, partecipiamo con le nazioni della Nato a tutte le maggiori operazioni di peace keeping; ad esempio in Afghanistan dove rimarremo anche dopo il 2014 per dare supporto nell’addestramento e formazione di insegnanti, medici, diplomatici e altre figure di alta professionalità. Collaboriamo con l’occidente nella lotta al terrorismo e ne appoggiamo le iniziative, non intendiamo affatto diventarne vittime. Partecipiamo a tutti i più importanti programmi europei su giustizia, affari interni, diritti umani; partecipiamo a progetti di sviluppo nei collegamenti e nei trasporti, in Azerbaigian passano percorsi che dalla Cina vanno verso l’Europa, collegano la Russia con Iran e paesi arabi. Siamo un paese piccolo, ma diamo il nostro contributo.
Lei è in Italia già da qualche anno e spero abbia trovato gradevole questa esperienza, conosce ormai bene le nostre peculiarità.
La mia esperienza nel vostro paese risale al 1993, ben prima di questo mio incarico. L’Italia ha la ricchezza di un retaggio culturale molto conosciuto e apprezzato in Azerbaigian, nella mia mente l’Italia è associata da sempre al contributo che ha dato alla civilizzazione e allo sviluppo dell’umanità. Ho viaggiato in tutte le vostre regioni, sono ammirato dal meraviglioso apporto unico di ogni suo territorio, dal calore delle persone, dalla bellezza dei paesaggi e della natura, tutte caratteristiche che rendono le persone aperte ed ospitali. Come straniero ho fiducia nell’Italia, anche se sta attraversando un periodo difficile per chi può guardare le cose con un po’ di distacco la visione di insieme è sicuramente positiva. Sappiamo benissimo che avete tutte le capacità necessarie e potrete, come sempre è avvenuto nel passato, tornare ad una piena crescita e benessere. Auspichiamo e prevediamo tra di noi cooperazione, nuove opportunità di scambi di informazioni e di persone.
[GotoHome_Torna alla Home]