Kenyatta si insedia a Nairobi e sfida L'Aja

Il presidente e il suo vice danno il via al loro mandato in veste di imputati al processo che si terrà nei prossimi mesi alla Corte Penale Internazionale

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13 Aprile 2013 - 07.20


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da Cape Town
Rita Plantera

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Cerimonia d’insediamento l’altro giorno allo stadio di Nairobi davanti a circa 60,000 persone per Uhuru Kenyatta e William Ruto. Hanno prestato giuramento, rispettivamente come quarto presidente e vice presidente della Repubblica del Kenya, dopo che la scorsa settimana la Corte Suprema ha confermato la validità delle elezioni del 4 marzo.

Accusati entrambi dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) di aver orchestrato i disordini post-elettorali del 2007-2008 (oltre 1200 le vittime), danno il via al loro mandato in veste di imputati al processo che si terrà nei prossimi mesi al Tribunale dell’Aja. In abito scuro e cravatta rossa, Kenyatta ha giurato fedeltà alla Repubblica tra i canti e le danze della folla impegnandosi a «proteggere e sostenere la sovranità, l’integrità e la dignità del popolo del Kenya».

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Vestiti di rosso, il colore del partito, il Jubilee Coalition, i fedelissimi hanno accolto al suono della parata militare il neopresidente e salutato il capo di stato uscente, Mwai Kibaki, al potere per più di un decennio, il quale, accompagnato da una guardia d’onore, ha fatto il giro dello stadio su una macchina scoperta per salutare la gente prima di consegnare il potere nelle mani di Kenyatta.

Ad assistere alla cerimonia ambasciatori occidentali e i capi di stato dei paesi confinanti tra cui i leader dell’Etiopia, Hailemariam Desalegn, della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud, del Sud Sudan, Salva Kiir, della Tanzania, Jakaya Kikwete e dell’Uganda, Yoweri Museveni. Proprio quest’ultimo, tra gli applausi di decine di migliaia di persone, ha elogiato i keniani per aver respinto quello che ha definito un tentativo della Cpi di influenzare le elezioni con il ricatto. Accuse simili a quelle rivolte da alcuni collaboratori di Kenyatta durante la campagna elettorale a Usa ed Europa per l’annunciata linea politica di soli «contatti necessari» con il Kenya se a vincere fossero stati i due imputati all’Aja.

In realtà, l’Occidente si trova nell’impasse di non sapere ancora come gestire solide relazioni diplomatiche con le più alte cariche statali sotto processo per crimini contro l’umanità di un patner commerciale importante come il Kenya e alleato strategico nella lotta ad Al Qaeda. Difficile giustificare alle società civili ogni scelta di continuità e molto facile perdere terreno di fronte ai nuovi mercati emergenti cinese e asiatici. Nena News

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