di Ramses Iannucci*
Mi sono sempre chiesto quale intensità potesse avere l’emozione di vivere un giorno storico, sentire il suo peso e gioire o piangere per l’avvenimento in corso. In realtà era già successo, in quella mattina maledetta dell’11 settembre quando tutto il mondo rimase esterrefatto dinanzi alle immagini da fantascienza che le televisioni trasmettevano. Nessuno potrà mai cancellarle. Rimarranno nella nostra memoria così come, allo stesso modo ma con le dovute proporzioni, il 5 marzo 2013 rappresenterà per tutti noi venezuelani un giorno difficile da dimenticare.
Sempre meno uniti e sempre più polarizzati in chavisti e anti-chavisti, negli ultimi 14 anni gli abitanti di questo meraviglioso paradiso terrestre hanno vissuto una pagina di storia che ognuno ha indossato a seconda delle proprie necessità, nella speranza di un futuro migliore al caro prezzo di un presente pieno di insicurezza, incertezze e instabilità in ogni campo e in ogni “rincòn” (angolo) ci si volesse fermare a respirare un po’ d’aria venezuelana.
A volte penso al numero 58 e a ciò che rappresenta per tre uomini diversi e distanti tra loro: mio padre, Marco Simoncelli e Hugo Chavez Frias. Papà, dopo tanti anni di sacrifici all’estero, decide di tornare in Italia e poco dopo muore all’età di 58 anni avendo vissuto una esistenza piena di sacrifici, decorosa, onesta e proiettata ad una bella e completa educazione dei propri figli. Marco, con la sua moto 58, non ha avuto neanche il tempo di assaporarla la vita; ne è rimasto vittima troppo presto ma è riuscito anche lui a lasciarci qualcosa. Il suo bel sorriso, la passione per uno sport e la sua contagiosa voglia di vivere. Infine Hugo Chavez, anche lui morto all’età di 58 anni ma così poco decoroso, così poco onesto, così poco proiettato all’educazione di se stesso, figuriamoci dei propri figli, con la passione per lo sport della teatralità politica e del populismo autoritario. Con quel suo brutto sorriso e con le sue idee che hanno contagiato milioni di persone permeandole di odio verso la globalizzazione e verso tutte le cose targate USA, esportando il socialismo “del siglo XXI” nel mondo e stringendo legami con personaggi bizzarri e pericolosi quali Ahmadinejad (Iràn), Fidel Castro (Cuba), Gheddafi (Libia), Noriega (Nicaragua), Morales (Bolivia), Humala (Perù), Kim Jong-un (Corea del Nord), Bashar Al Assad (Siria). E aggiungiamo anche le organizzazioni estremiste Hamas (Palestina) ed Hezbollah (Libano)
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Dopo aver tentato un golpe nel 1992 riesce a diventare presidente nel 1998 e mediante un referendum popolare cambia la Costituzione e prolunga il mandato presidenziale da 5 a 6 anni aggiungendo una piccola postilla: chiunque può essere rieletto all’infinito e non più per due soli mandati come recitava la precedente e più democratica carta magna. Decide, dopo queste variazioni, di far ripartire dal 2000 il suo secondo mandato per poi essere ancora eletto nel 2006 e nel 2012.
Nel 1998, quando fu eletto la prima volta, aveva in mano un’occasione unica per essere ricordato quale il miglior Presidente che il Venezuela avesse mai avuto. Aveva la fiducia della stragrande maggioranza dei venezuelani, aveva potere illimitato, petrodollari in grande quantità e una nazione da portare tra le prime del pianeta. E invece, dopo 15 anni, ci ritroviamo più poveri, e con delle città come Caracas che detengono il primato mondiale in classifiche poco invidiabili quali ad esempio “città più violenta del mondo” con un tasso di omicidi ogni 100000 abitanti pari a 122, con una quantità di morti da arma da fuoco che in tutto il territorio nazionale è pari a 18000 all’anno, con investimenti “a goccia” nel sociale che servono solo quale palliativo nei confronti delle richieste di giustizia ed equità sociale che ancora oggi i venezuelani sperano di ottenere.
Nel frattempo aumentano i sequestri, anche di poche ore e per poche migliaia di dollari di riscatto, nei confronti sia di cittadini benestanti locali che soprattutto di persone straniere, anche italiane.
Si perde la vita se si sbaglia quartiere in Venezuela, se si sbaglia strada.
C’è tanta, troppa tensione sociale e la gente è esasperata.
Oggi però abbiamo assistito al Festival delle dichiarazioni buffe e irritanti. Roussef, la presidente del Brasile, commenta “perdita irreparabile” mentre il suo predecessore Lula dichiara che “il suo esempio di amore per la patria continuerà”. Cuba dice che da parte loro “ci sarà una eterna lealtà alla memoria del presidente” e Morales (Bolivia) è convinto che “milioni rimarranno ispirati a lui”. Infine Ahmadinejad ricorda che “il mondo ha perso un martire che ha servito il suo popolo, proteggendo i valori umani e rivoluzionari”. Ban Ki-Moon è rattristato poiché secondo lui Chavez “si è battuto per le aspirazioni delle persone più vulnerabili dando impulso ai nuovi movimenti di integrazione regionale”. L’ONU, dove Chavez ha espresso una ineguagliabile ignoranza, osserva un minuto di silenzio e perfino quel pagliaccio del primo ministro indiano Singh, che governa un paese dove lo stupro sociale è lo sport nazionale, parla di Chavez come uomo votato al “grande impegno per la giustizia sociale”.
Chavez è riuscito a instillare dubbi, veleni, maleducazione, cattivi costumi, insicurezza, debolezza. E’ lui che ha inoculato il virus al mio paese e non certo gli Stati Uniti a lui.
Umanamente sono rattristato caro Presidente, ti ho visto sofferente negli ultimi tempi e mi sono tornate alla mente le immagini di mio padre nei suoi ultimi giorni e ho provato tenerezza nei tuoi confronti. Al contrario però sono contento che tu sia scomparso dalla scena politica del Venezuela alla quale auguro di riprendere il sereno cammino verso quella democrazia messa da parte 14 anni fa e che ora scalpita per tornare da protagonista.
Hai cambiato la bandiera aggiungendo una stella, hai modificato lo scudo nazionale girando il cavallo bianco poiché correva verso destra, hai spento un canale televisivo tra i più seguiti del sudamerica, hai fatto chiudere anche molte radio portando il Venezuela nella top-ten delle nazioni con minore libertà di stampa. Hai portato dappertutto assieme a te la “bicha” (la carta magna) vantandoti di averla creata tu e proprio tu non l’hai rispettata il 10 gennaio di quest’anno. Mentre moribondo cercavi di curarti a La Habana rischiando vuoti di potere poco raccomandabili nella nostra terra, hai calpestato la figura del personaggio storico più amato, rispettato e venerato dell’America Latina. Solo per un tuo non giustificato dubbio sulle cause della sua morte, hai voluto la riesumazione di Simòn Bolivar e l’analisi dei medici forensi, per poi renderti conto che era morto come tutti sapevamo e non come le pagine dei libri di storia che volevi modificare avrebbero dovuto, secondo te, riportare. Ti sei paragonato troppe volte al Libertador facendolo rivoltare nella tomba e ora che sei li vicino a lui non perdere l’occasione per chiedergli scusa.
Sono convinto che lo farai poiché quando ti spogliano dei poteri e torni ad essere nudo, anche il Presidente si comporta da persona normale, con le normali paure (come quando pregavi il tuo carceriere a La Orchila nei giorni in cui c’era Carmona), con le normali perplessità e addirittura con qualche rimorso per tutti quei comportamenti sconvenienti che nel recente passato ti hanno caratterizzato.
Que descanses en paz…
* Ingegnere aquilano nato e vissuto a Caracas per gran parte della sua vita.
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