Risveglio arabo, due anni dopo: anniversario di un tradimento

Due anni dopo l'inizio del risveglio arabo i segni del tradimento occidentale sono evidenti. Nella convergenza destra-sinistra.

Risveglio arabo, due anni dopo: anniversario di un tradimento
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27 Gennaio 2013 - 17.12


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di Riccardo Cristiano

La storia di questo biennio arabo può essere raccontanta in tanti modi: cercando di ricostruire i fatti e gli sviluppi determinatisi in Tunisia, Egitto, Yemen, Libia, Bahrain, Siria (senza dimenticare Qatar e Arabia Saudita, protagonisti della controrivoluzione a livello governativo ma anche di moti “primaverili” e idee innovative a livello popolare), oppure cercando il senso di quanto non è accaduto, e cioè il varo di uno straccio di piano occidentale, una sorta di piano Marshall per la costruzione di una vera prospettiva euromediterranea.

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Non v’è dubbio infatti che in gran parte delle capitali interessate dalla Primavere i giovani ed i sopravvissuti dei ceti medi arabi abbiano voluto buttare giù i tiranni a mani nude, aspettando che qualcuno li aiutasse a trasformare quelle macerie in un nuovo ordine, islamicamente colorato visto che sono tutti paesi islamici, ma democratico e riconciliato con l’altro, soprattuto l’altro mediterraneo. Quel qualcuno però non si è presentato all’appuntamento. Perchè?

Rischiando una semplificazione forse eccessiva tutto può essere riassunto così: l’Occidente ha scelto di seguitare ad avere un nemico.

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La storia comincia nel 1978, quando Khomeini prende il potere a Tehran e soprattutto quando trrasforma la rivoluzione in un golpe con la cattura degli ostaggi americani. Che si fa? Si combatte il mostro. Solo in Occidente? No, anche a Mosca. E infatti nel 1979 Mosca invade l’Afghanistan. Per raggiungere i mari caldi? Queste sono le solite favole: Mosca ha invaso l’Afghanistan per paura del khomeinismo, non voleva che quel vento arrivasse anche nelle terre islamo-sovietiche.

il 1989 con l’impero sovietico finisce anche l’invasione afghana e i precursori di al-Qaida, finanziati dalla destra americana, conquistano Kabul. Ma i nuovi sono litigiosi, divisi, serve qualcuno più solido e affidabile: nascono così i Taliban, costruiti in vitro, anzi in Pakistan, dai servizi segreti più amici che gli Usa abbiano avuto.

Nel frattempo nei pensatoi atlantici si ragiona: le nostre politiche impresentabili come possiamo giustificarle ora che non c’è più l’orso sovietico? E’ chiaro, serve un nuovo nemico! L’Islam radicale è lì, a portata di mano, ci sono rapporti eccellenti, costruiti proprio in Afghanistan e dintorni,è possibile anche spiegarglielo a voce. Lì dove era finito “Il Grande Gioco” ottocentesco nasce il nuovo “Grande Gioco”, quello del Terzo Millennio.
A corredo ecco la teoria dello “scontro di civiltà”, cornice artistica per interesse politici.

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Tra le impenetrabili colline afghane e i lussuosi ospedali del Golfo (dove il capo delle operazioni in loco della Cia visitò il buon Bin Laden ricoverato per dialisi) si concepisce l’inauditi, l’11 settembre, mossa agghiacciante. Il prodotto?

I politici dello scontro di civiltà, guidati da Giorgino Bush, intervengono in Iraq, la bufala ispiratrice dell’intervento è nota, e producono la consegna agli iraniani delle stanze del potere di Baghdad. Un errore?

Di sicuro non un bel lavoro. Ma di qui a dire che sia stato un “errore” oltre che un “orrore” ce ne passa. L’impressione infatti potrebbe essere anche altra: al netto del petrolio (la questione è complessa, c’entrano i curdi iracheni e le compagnie americane hanno buon accesso ai loro pozzi) il rafforzamento “geografico” di Khammenei e dei suoi non rafforza quel nemico di cui si aveva disperato bisogno? Le scellerate politiche di questo e di quello non trovano così una giustificazione nel nome del “siamo costretti dal fatto che l’Islam, nella sua variante sciita, è Khamanei e in quella sunnita è Bin Laden?”

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Chi non accetta più il giochino però? Gli arabi. Le donne, i giovani, i RIVOLUZIONARI DELLA SOCIETA’ CIVILE ARABA. Comincia la storia di questo biennio, rischia di cadere persino Assad. Bisogna salvarlo, è chiaro! Se cade lui cade il blocco khameinista, quello che giustifica tutto. Ecco così che i petromonarchi, quelli che odiano Assad ma temono di fare la sua stessa fine, si impegnano in un gioco sottile: tenere il nemico sotto scacco, ma tenendoci anche i rivoluzionari. Mandano i loro “qaedisti” per consentire agli strateghi occidentali di dire “attenti, se cade Assad arrivano i binladenisti”.

Così l’ Occidente ha difeso i suoi interessi, tradito i suoi valori, e puntato a sabotare la Primavera.
Questa ricostruzione ha purtroppo un corollario: come sovente accade, la sinistra “radicale” è stata culturalmente complice della destra. Abituata per atavica storia a credere che chi sta contro il nemico è un amico, non ha capito che sostenendo gli “anti imperialisti” aiutva l’imperialismo medesimo. Pazienza….

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